Se c’è una cosa che ho sempre odiato fin da bambina è il capodanno. Devi tuffarti in quella mentalità goliardica anche se ti butteresti in mare. La domanda di rito è: “Cosa fai a Capodanno?” Allora  devi sforzarsi di fare qualcosa altrimenti sei la sfigata degli sfigati. Suggerisco di inventare: lo passo tra gli scimpanzé sordi allo zoo, al circolo polare artico in una riserva per gli orsi bianchi, da mia zia a Nantes, in un ricovero per anziani…più esagerate e più staranno zitti. Poi spegnete il telefono prendete una coperta, un buon libro, una grande bottiglia di vino, vi coricate sul divano e fate come sempre. Festeggiate al nuovo anno con le cose semplici, quelle di tutti i giorni. Se avete qualcuno vicino, buon per voi. Perché alla fine sono quelle le cose che ci fanno stare bene. E non c’è bisogno del Capodanno per dirci che siamo felici. Perché è questo che ci viene chiesto: essere felici agli occhi degli altri. Possiamo anche non esserlo. Felici intendo. Come dice qualcuno è una ricerca che dura tutta la vita. E non ci è dato vederla se non nelle crepe, nelle intercapedini,  nelle cadute. É  lì che la dobbiamo cercare. Agli altri augurate un felice capodanno, e che postino foto o tuitter in cui si vedrà quanto se la godono, voi continuate a cercare la felicità e cercatela nei posti più impensati. Perché è lì che si trova.

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