I bambini non sono voti che ci rassicurano, sono universi a sè stanti. Sono le parole che sentono, la musica che ascoltano, la vita che vivono.

Non la paginetta che imparano, il corsivo che esercitano, la lezione che recitano. Ma la curiosità verso la conoscenza, e il senso critico che sviluppano.

Ognuno ha il suo percorso, la sua storia. Da quella storia dobbiamo partire per insegnargli chi sono. Non possiamo far finta di niente.

I bambini imparano, se li mettiamo nelle condizioni di farlo. Se non lo fanno, non è perché sono svogliati. Quello è un alibi che ci serve per chiamarci tutti fuori.

Hanno bisogno di istruzioni per l’uso. Che non si anticipino le loro mosse, né si giustifichino i loro insuccessi.

Hanno bisogno di collegare i saperi, di relazioni buone per apprendere, di luoghi piacevoli in cui imparare. Di frustrazioni da reggere.

Di classi senza cattedra, di madri e padri che non li espongano come trofei, e si frantumino se non ce la fanno. Di appartenenza ai loro fratelli e di erranza verso la conoscenza.

Hanno bisogno che i compiti non siano un problema dei genitori, ma loro. Di andare a scuola senza averli svolti, e vedersela con la maestra. A tu per tu.

Hanno bisogno di regole, e compagni con cui confrontarsi. Di ore piane e tempo lungo. Di piedi nell’esperienza, testa nel cuore, e viceversa.

Di comunità di cui prendersi cura. Di noi e voi insieme.

Devono imparare chi sono, e non possono farlo se il sapere diventa mera nozione, le verifiche ciò che sanno fare, la scuola luogo di fuga a cui è chiesto tutto.

I bambini avranno ricordi. Di giorni spensierati, di storie raccontate, libri letti all’ombra di un albero. Parole impresse che si faranno identità.

Dimenticheranno date e pappardelle sbrodolate dall’insegnante e ripetute ai genitori, non è lì la soluzione.

Ricorderanno volti, incoraggiamenti, relazioni di cui si sono saziati. Un sapere costruito e manipolato, non “dettato”, che li ha resi liberi.

Dipende cosa vogliamo da loro.

Se ci basta un numero per definirli, una verifica per conoscerli, un esercizio per rassicurarci. O per noi sono qualcosa di più; è quel qualcosa a cui dobbiamo protendere.

Dipende cosa cerchiamo per loro.

Una famiglia che sia radici, una scuola che sia spinta. Bambini che stiano bene, e continuino a domandare. A cui interessi conoscere, e sapere come farlo. E che sia per sempre.

Penny

14 comments on “La pagella tra le mani.”

  1. I figli non devono essere a “nostra immagine e somiglianza”, così come non dobbiamo avere progetti su di loro e poi nel caso sentirci delusi.. dobbiamo lasciarli liberi di diventare loro stessi, e noi genitori siamo in una posizione privilegiata in quanto li vediamo crescere.. solo che a volte ce ne dimentichiamo e diventiamo egoisti. E questo è il più grande delitto che possiamo commettere.

    • Succede che i figli siano una nostra seconda possibilità. Succede che se lo pensiamo sia un grande errore. I figli sono appartenenza ed erranza. Grazie per le tue parole. Penny

  2. Hai un po’ descritto scuola e genitori ideali…che non esistono “per forza” ovunque!
    Penso che succede assai spesso che, anche senza accorgercene, noi, in quanto genitori, non siamo abbastanza consapevoli, cioè non abbastanza maturi e che dunque le nostre aspettative ci appaiano come “legitime”, quando invece loro imparerebbero molto meglio e di più se semplicemente i genitori e la scuola avesse capito che a forza di riempire per riempire ( di sapere), arriva la nausea; quando invece si accompagna la curiosità si scatena la loro voglia di scoprire e capire, semcplicemente, naturalmente!
    Penso che a 40 anni, sarei stata una mamma ben diversa di quella che sono stata a 23:)
    Non dico “migliore”, ma solamente più consapevole, ecco!

    • Credo che i genitori maturino solo facendo i genitori….a qualsiasi età.
      La fortuna di oggi è il concetto di insegnamento che è cambiato, evoluto.
      E la sensibilità verso la diversità, la competenza per metterla a frutto.
      Mamma Monica ultracinquantenne

      • E’ come quando si ama, ci sono cose relative. Molto relative. Altre importanti che tendiamo a perdere di vista.
        Un abbraccio Penny

    • Hai ragione, anche per me è stato così, per questo cerco di essere un’insegnante diversa. Ci provo. Ogni giorno quando entro in classe penso a quello che sono i bambini. Penso a quali uomini diventeranno. Penso a quello che si ricorderanno. E allora so ciò che devo fare. Aiutarli a cercare il sapere non fornendoglielo su un piatto d’argento. E come madre devo sempre tenermi a mente i desideri, e l’unico obiettivo a cui devo protendere, che le mie figlie sappiano ricercare la felicità.
      Buona giornata Penny

  3. otla consapevolezza di essere genitori bravi, purtroppo in passato non erano i ns.genitori e non lo siamo stati noi da genitori consapevoli sempre del ns.comportamento pensando secondo una scala di valori che allora si ritenevano importanti.

  4. Quanta verità Penny❤
    Mi consola tanto leggerti

    Proprio oggi che invece mio figlio è la media della sua pagella, e quella media decreterà se il posto a scuola sarà suo oppure no.
    Che tristezza,,, abbiamo sfornato più bambini che posti al liceo?

    Non importano i pomeriggi a studiare al posto dei giochi con gli amici, alle serate in camera mentre in sala alla tele c’è la sua squadra del cuore. Ai cinema saltati perché: mamma voglio ripassare ancora questa sera.
    Non importa quante cose stupende insegna al fratellino che lo guarda con ammirazione.
    Non importa la tenerezza quando pranza con la nonna per farle compagnia o quando con il suo sorriso illumina le mie mattine grigie.

    Lui oggi è una media fatta di numeri, più di 7 meno di 8.
    Ottimo in comportamento.

    Se non sarà preso nella scuola che gli piace e che gli permetterà di inseguire i suoi sogni, può indicare insomma una seconda scelta, come per una matita, quella nera è finita, accontentati della blue.

    Bene, oggi mi è toccato il compito, con il magone amaro di spiegare ad un piccolo uomo che non sempre otteniamo quello che desideriamo, che anche se ci impegnamo del tutto, che anche se lavoriamo sodo, anche se ce la mettiamo tutta, non sempre le cose ci capiteranno, non sempre basta tutto questo, a volte le cose non vanno, a volte tutto il bene non è ripagato.
    Possiamo essere sconfitti, possiamo fallire e perdere ma dobbiamo sentirci comunque soddisfatti, con noi stessi, per aver creduto in noi, per non aver mollato e perché continueremo ad andare avanti.

    Buona notte ❤
    PS. Incrocio le dita per il suo futuro.

    • Il suo futuro saranno le tue parole. Non la scuola che forse non farà. Le cose accadono e, a volte, non è detto che siano peggiori.
      Ha tempo, tanto tempo, diglielo. Gli interessi e i desideri per fortuna non si esauriscono con la scuola. Abbraccio te e lui, la persona che è già, di cui racconti. Penny
      ps grazie per il tuo contributo saggio.

  5. Credo che a molti farebbe bene (ri)leggere la “Lettera ad una professoressa” dei ragazzi di Barbiana, la scuola di don Milani.
    E una figura profetica come la sua manca tantissimo al nostro mondo.
    Lui aveva compreso, insegnando ai figli dei contadini poveri, che la scuola col suo sistema dei voti non serve a formare delle persone, ma solo a dividere, a escludere chi non riesce a seguire il sacro verbo del programma scolastico. Una scuola che esclude, non che include, una scuola che fa nozionismo e non cultura.
    Si beatificano tanto le scuole che “fanno selezione”. Non sono insegnante, ma se lo fossi sapere che un mio alunno debba essere bocciato lo vivrei come una mia sconfitta, perchè non sono stato in grado di permettergli di arrivare ad una certa cultura.
    Poi ovviamente ci sono i casi particolari…
    Ma d’altro canto non ha nemmeno senso una scuola dove “promuoviamo tutti” perchè alla fine ci si accontenta di poche cose. Penso che sia una questione di cambiare decisamente l’obiettivo finale che non deve essere il titolo di studio, il pezzo di carta, ma ben altro. Perchè ne va della vita di ogni singolo.

    • Concordo su ognuna delle tue parole. “Lettera a una professoressa” dovrebbe essere attuale oggi più che mai. Grazie per lo spunto di riflessione Penny

  6. Avevo 12 anni. Interrogazione di scienze. Ripeto tutto quello che avevo studiato perfettamente, copia delle pagine lette. Il professore mi disse “e io ti metto 5. Hai studiato si. Ma a memoria, lo ripeti come una cantilena e non hai capito veramente la lezione”. Fu una grande lezione di vita, unica nel suo genere.

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