Solitamente arrivo alle cena arrancando e non so mai cosa aspettarmi.

Le girls o parlano tra di loro come se non ci fossi, e se domando mi dicono che non sono affari miei. Oppure mi mettono in mezzo, e quando lo fanno, per me, finisce sempre male.

A tavola ho la conferma che qualsiasi scelta faccio con le mie figlie non é mai quella giusta.

Si gioca lì il mio senso di autostima come madre. Tra un piatto di pasta e la frutta.

L’altra sera la girl piccola inizia a raccontare che una sua compagna ha preso cinque di geografia e come punizione la madre le ha sequestrato le sue scarpe preferite per ben due mesi.

“Che castigo è?”  interviene la girls bionda.

Mentre parla penso che se le sequestrassi le sue Vans si suiciderebbe. Taccio. Mi conviene. Ma il mio momento é arrivato, la girl piccola incalza: “Anche tu mamma dovresti fare come lei”.

“In che senso?  Dovrei sequestrarvi le scarpe? ” chiedo perplessa.

” risponde la piccola girl.

Ha ragione Matti, i tuoi castighi ma’ non hanno senso” solidarizza l’altra. E si guardano in quel modo tutto loro preludio di burrasca.

Eccole sono pronte all’attacco, penso. Ridono e io so perché.

Sanno che la stanchezza spesso ha la meglio, che razzolo malissimo, che i miei castighi durano un attimo, e soprattutto me li dimentico.

La smettete di ridere?”  sbotto un po’ seccata.

Ridiamo perché il tuo unico castigo è toglierci il cellulare” sghignazza la girl bionda.

“E per un massimo di due minuti!” aggiunge la piccola.

E giù risate.

Va bene allora la prossima volta vi sequestro le scarpe per un anno intero!”  esclamo alzandomi dal tavolo.

Continuano a ridere. E io le detesto.

Non ho più nessun potere su di loro penso mentre metto i piatti nel lavandino.

Sanno che non lo farò, troppa fatica litigare anche per le scarpe sequestrate. Non sono una madre tutta d’un pezzo, sono a cubetti e loro lo sanno.

Resisto sulle cose importanti, per il resto alzo bandiera bianca.

Sbaglio? Poco ma sicuro. Continuamente e, a volte, sono persino cocciuta nel farlo. Una furba!

Finisco di riordinare la cucina, le due sono in camera con la porta socchiusa, stanno ancora sghignazzando. Devo essere più dura, mi ripeto continuamente.

Ogni tanto vorrei qualcuno che facesse la voce grossa e dicesse: “Non trattate così vostra madre!” o dividesse con me la responsabilità delle scelte.

Passo davanti alla porta di camera loro, finalmente hanno smesso di ridere, sbircio, ogni tanto lo faccio. Me le guardo a distanza. Mi piacciono.

 

“Dovremmo leccarci le dita di avere una mamma come lei” esclama la girl bionda infilandosi la maglia del pigiama.
“Sì, lo so, siamo fortunate” le risponde la piccola.

Si guardano, prendeno le loro scarpe preferite e le nascondono sull’armadio.

Non si sa mai, potrebbe rinsavire!”  esclamano quasi in coro.

Potrei piangere. 

É per momenti come questo che respiro, e mi dico che in fondo le cose vanno bene. E che in tre può funzionare lo stesso.

 

18 comments on “In fondo noi tre ce la caviamo.”

    • Ero brava nel senso un gran casino…ti voglio bene amica mia anche se sei così vicina e così lontana. Ma ci siamo una per l’altra. Lo so. Penny

  1. Penny…facciamo tutti cosí!! Noi soli ancora piú dei genitori in due, stanchi morti dalle giornate e pieni di difetti. Figurati loro boys and girls ancora belli pimpanti appena possono stuzzicano, provocano, misurano le loro capacitá negoziali. Ma poi, lo so, sanno apprezzare l’amor proprio, l’apertura la comprensione anche la fatica, quella gliela dobbiamp mostrare e chiedere forte aiuto in più. Per farli crescere. Ti abbraccio ancora e ancora ♡

    • Sì, anche se poi la vita è così rapida che le parole hanno il tempo di un soffio. MA ALCUNE RIMANGONO, CREDO PER SEMPRE. Un abbraccio VIOLA.

  2. Ah! Che ridere…. È bene a volte non prendersi troppo sul serio. Loro, le nostre ragazze, sono troppo avanti… addirittura ci suggeriscono i castighi da dare loro… scusa, ma la mia è una risata affettuosa. Quando ci si prende in giro e si ride, vuol dire che va tutto bene. Mi ricordo con malinconia le risa mie e di mia mamma quando la prendevo in giro perché capiva fischi per fiaschi o perché confondeva i nomi miei e dei miei fratelli con quelli dei nipoti…. Un bel modo, ridersi addosso, per rendere lieve l’invecchiare. Abbiamo riso alle lacrime a volte io e mia madre, entrambe, insieme, per i nostri punti deboli o per le figuracce fatte… Ora sta succedendo a me con mia figlia. Ci prendiamo in giro, tra un litigio e l’altro, e ridiamo…

    • I casi sono due: o si ride o si piange. Io preferisco prenderla sul ridere. Loro sono buffe anche adesso. L’adolescenza è un caos, ma è meravigliosa. Ti bacio Penny.

  3. Mamma che bello. Il ritratto di loro, di voi, tu. Come l’hai scritto e anche la fiducia che mi dai, in noi come donne e come madri, nei figli che crescono ma che li trovi anche se ridono, poi smettono e li scovi tutti nella fessura di una porta. Ché in fondo nessuna porta si chiude mai. Meraviglioso. Ciao Penny

    • Hai ragione, nessuna porta si chiude mai. Almeno per me. Le spiavo da piccole e le spio ancora in un modo diverso. Guardo i loro corpi di giovani donne e mi sembra impossibile che siano uscite da me. Eppure…Grazie pensiero rotondo come quel pancione che ci segna per sempre.

  4. Che bello leggere i tuoi racconti, così dettagliati da vedermi la scena davanti agli occhi… e come ti capisco, perchè anche io “Non sono una madre tutta d’un pezzo, sono a cubetti” !!! Come rende bene l’idea questa espressione !!! Grazie delle condivisioni, è sempre utile e attutisce il senso di solitudine :-))

    • Grazie Elena per il ritorno. Tra madri a cubetti ci si capisce e hai ragione tu: ci si sente meno soli. Un abbraccio grande Penny

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