Mia madre, qualche tempo fa, mi ha chiesto come mai non parlo mai di lei sul blog. Ma parlare di lei é complicato.

Sinceramente spero che non legga quello che scrivo. So già che mi terrà i musi. Difficilmente la faccio contenta. E non é che abbia tutti i torti.

Credo che avrebbe voluto una figlia diversa. Più presente. Una presenza che io non so darle. Lo sapete che scappo spesso. E poi torno, a mio modo. Io sfuggente, lei a doppio nodo.

Ha un animo crepuscolare, mia madre. È sempre stata molto esigente, perché lo è soprattutto con se stessa. É a se stessa che non concede, prima che a me.

Parlare di mia madre, vuol dire parlare di mio padre.

Lui è morto un anno fa. Una serata di maggio se n’è andato a 68 anni. In un attimo.

Sono stati insieme una vita, litigando ogni giorno. Nonostante ciò credo si siano amati. Da quando lui é mancato, comunque, ho smesso di chiedermelo. Tante domande hanno perso di senso.

La verità é che ho dovuto allontanarmi da mia madre per imparare ad amarla. Separarmi da lei per nascere come donna e morire come figlia.

Ma ho capito che si rimane figli per sempre. E per sempre cerchiamo di riconciliarci con quella parte di noi rimasta nella casa dell’infanzia.

Non voglio fare un elogio di mia madre né di mio padre, anche se è questo che fanno i figli. Io non ne sono capace. E non mi interessa.

Però ho imparato ad amare entrambi, e ci ho messo tempo.

Li avrei voluti diversi? Sì. Ma ho capito che una madre e un padre sanno volerti bene come riescono, come sono capaci.

Con alcune parti di loro ho imparato a riconciliarmi. Con altre non so se lo farò mai.

Ma la persona che sono oggi é anche il risultato di quello che siamo stati insieme. Quindi sono grata. E lo sarò sempre.

Siamo fatti di tracce, noi figli. Quelle tracce che ci hanno dato origine, da cui non possiamo trascendere.

Siamo un po’ le nostre madri e i nostri padri e non smetteremo mai di esserlo. E, nello stesso tempo, siamo altro da loro.

Credo che, prima o poi, quando si cresce dobbiamo farlo: accettare il padre e la madre che abbiamo avuto. E amarli.

Il che significa imparare ad amare noi stessi per ciò che siamo; uomini e donne che fanno quello che possono.

Io vorrei questo dalle mie figlie. Onestá emotiva. Non vorrei una verità edulcorata.

L’amore non è un dato di fatto. S’impara.

Ecco, vorrei essere amata per quello che sono, per gli errori che ho commesso, per gli sbagli che faccio.

Se le mie figlie ci riusciranno, vorrà dire che mi hanno perdonata e sanno come perdonare loro stesse. In un’eredità generazionale che ha senso.

E quando la vita mi curverà la schiena vorrei che fossero clementi.

Perché le madri e i padri sbagliano. Ma sono le nostre madri e i nostri padri e questo nessuno lo può cambiare.

Dar loro una possibilità, ci permette di darla a noi stessi.

In poche parole ci permette di essere più felici. E di non stare lí, ancorati a quella casa dell’infanzia, ma nell’altrove che é la nostra vita.

Spero che mia madre consideri questa come una simil dichiarazione d’amore. Conoscendola, so già che non sarà così. Ma non importa, troveremo il modo di riconciliarci, prima o poi.

Io sono sua figlia, lei è mia madre.

Sappiamo come fare per volerci un po’ di bene.

 

 

 

 

 

 

 

6 comments on “Siamo le nostre madri. E i nostri padri.”

  1. Non amo i copia incolla, ma voglio riannotarmi questa tua frase: “L’amore non è un dato di fatto. S’impara.” Il punto è che anche se ci provo, e ci riprovo, e credo di essere arrivata a riuscirci, poi uno dei miei genitori fa quella cosa, sputa quella sentenza, quell’assenza, che per anni ha lasciato i solchi nel mio campo, fatto marcire sementi. E ogni volta mi sembra da capo. E’ come dici, l’amore s’impara. Forse, è anche il contrario: nonostante non s’impari mai del tutto c’è un’aderire carnale a chi ci ha generati.

  2. Carissima, anche qui, quanto ritrovo di me e del mio percorso di figlia. Un percorso fatto di tantissimi bracci di ferro, che mi hanno resa quello che sono oggi. Talvolta “per differenza”. Proprio perché loro sono “così” e allora io son diventata “colà”. Comunque è costato tanta sofferenza, arrivare fino a qui.
    Per me stessa come madre, vorrei solo che i miei figli si sentissero accolti e aiutati per i loro veri bisogni, e non per i bisogni che appartengono a me. Vorrei riuscire a proteggerli, non dal mondo, ma dalle mie aspettative, perché possano trovare la loro strada da sé, senza che si possa dire né “grazie alla mamma” né “nonostante la mamma” [e in fondo, dico questo perché questa è stata la mia esperienza di figlia] Contorto, ma forse mi hai capito…

    • Ho capito benissimo, e ti dirò che mia madre da quando ho scritto il post non mi parla. Lo legge cerca da me un’accettazione totale che dovrebbe trovare in se stessa. Io non ci riesco. Non riesco a non essere sincera emotivamente. MI sembra che questo sia il modo per volerle bene.
      Capita così tra noi. Io dico una cosa lei ne capisce un’altra. Hai ragione tu “né grazie alla mamma né nonostante la mamma…”esisterà una via di mezzo. Io la devo ancora trovare. Perché se una madre desidera essere accettata dalla figlia, è pur vero il contrario. E allora dove sta la giusta direzione?
      Credo nell’accogliere l’altro per ciò che è. Un bacino Cinzia. Penny

  3. “La verità é che ho dovuto allontanarmi da mia madre per imparare ad amarla. Separarmi da lei per nascere come donna e morire come figlia” ….. questa frase ha fatto centro… è quello che ho dovuto fare per ritrovare la vera me, per farla venire fuori per la prima volta, ho dovuto tagliare quel cordone che mi teneva legata a lei in modo “malato” , è stato un percorso duro e difficile ma ce l’ho fatta!!! grazie Penny per le tue parole speciali!

    • Grazie Nico, anche mia mamma ha letto il post e si è arrabbiata soprattutto su quella frase. Lo sapevo, ma chi scrive e condivide la sua scrittura non può che essere sincero con se stesso. Io vado avanti. Forse capirà che le voglio bene, crescere vuol dire imparare a vivere, come dici tu, senza l’approvazione dei genitori; è stato così per noi e lo sarà per i nostri figli.
      Ti abbraccio Penny

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