Ai figli dobbiamo dire che il fallimento è una grande possibilità. Che si cade e ci si rialza. Una frase piena di senso, almeno per me che l’ho scritta.

Forse prima di insegnarla ai nostri figli dovremmo farla nostra.

Siamo una società che non sa fallire. Incapaci di accettare la perdita, di cedere il passo, di non possedere l’altro. In una corsa al successo che ci vuole spesso uomini forti e donne accondiscendenti. Incastrati in un tipo d’amore che, a volte, amore non è.

Ho cercato il nome dell’insegnante morta oggi. Ma non l’ho trovato. C’erano indicati solo la professione di lui, dirigente di banca, e quella di lei.

In questa ennesima tragica storia c’è il cuore di una città, Roma. Qui non c’è povertà né disagio culturale. Ci siamo noi, quelli normali.

A noi non potrebbe capitare, e forse è così. Ma forse anche loro lo pensavano, fino a stanotte. Loro che avevano dei figli, a cui un tempo sarà stata raccontata una favola, una delle tante. Di principi coraggiosi e principesse da salvare. Loro che sono stati figli di altri come noi.

Ci sono un uomo e una donna che avevano una buona posizione sociale. Lui le ha fracassato il cranio mentre dormiva. Voleva lasciarlo.

La  verità è che non sappiamo lasciarci. Invece dovremmo impararlo come si impara ad amare. Dovrebbero insegnarcelo a scuola. Insegnarci che l’amore finisce e si può ricominciare. Finisce lui, non noi.

Ricordo, alcuni mesi fa, la storia di quel broker di Trento. Bella casa, bella macchina, bella famiglia. Ha ucciso se stesso dopo aver ucciso i suoi bambini a martellate. Morti insieme alla sua incapacità di reggere lo sbaglio, l’errore e l’ammissione di colpa.

Dovremmo imparare a perdere, e farlo da piccoli. Insegnarlo ai nostri figli. Prendere un brutto voto e non essere giustificati subito. Reggersi la frustrazione di un No a quindici anni dalla fidanzatina senza farne tragedie, di un No per la richiesta di un motorino o del cellulare nuovo, un No se non si studia.

E dovremmo essere un nome. Proprio nel fallimento. Un ritorno indietro, un chiedere scusa, non ci sono riuscito, non ce l’ho fatta. Imparare la resa.

Imparare ad essere uomini e donne e genitori fallibili. E mostrarla questa fallibilità. Come si mostra la tenerezza e l’amore.

É proprio così, è da questo che s’impara, non da altro. Dalle cadute. E per farlo dobbiamo cadere tanto. Per insegnare ai nostri figli come si fa a rialzarsi.

E loro sapranno che qualunque cosa succeda saranno capaci di ricominciare. Perché hanno imparato a cadere. E lo hanno imparato da noi.

Penny

 

 

 

 

9 comments on “Si cade e ci si rialza. Questo è.”

  1. Quanto è difficile Penny. Oggi è la mia giornata no, forse perché sono stata senza la mia leonessa e il dolore, il vuoto, il fallimento l’ho sentito e mi ha travolta pur stando in compagnia. E oggi mi sta schiacciando. Perché è duro, durissimo far vedere e capire questo lato a tua figlia….tempo abbiamo bisogno di tempo per far chiudere le ferite e poi rialzarsi..

    • Cara Elisa, mi dispiace di leggerti solo adesso. Abbiamo due responsabilità nei confronti dei nostri figli: essere in grado di guardare i vuoti non facendoceli riempire da loro, e quando stiamo male possiamo dirlo. I figli ci ameranno di più. Sapranno a loro volta che esistono giornate no e giornate più buone e sapranno farci i conti.
      Abbiamo tempo sai, per curare le ferite e rialzarci. Alcune volte possiamo stare un po’ coricate e riposarci…Anche questo vuol dire prendersi cura. Ti abbraccio Elisa e non ti dico tieni duro, ma ogni tanto, impara a d arrenderti. A presto amica mia. Penny

  2. Bellissima……. Sono appena uscito da uno spettacolo che trattava delle violenze alle donne. Quanta verità nelle tue parole. Grazie grazie grazie

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