Non pretendere di essere sempre al meglio. Madri e padri. Quando non ce la facciamo dovremmo dirglielo.

Allontanarci ogni tanto. Solo attraverso l’assenza i nostri figli possono riconoscere la presenza.

Non è necessario che comprendano ciò che facciamo, e lo condividano. A volte dobbiamo farlo e basta.

Non dovremmo sforzarci di essere quello che non siamo: ottimi cuochi, giocolieri perfetti, genitori sedati da finta felicità.

Meglio un padre e una madre con alti e bassi sinceri. Impareranno a essere autentici con loro stessi.

Esprimere dei desideri. Un viaggio, un lavoro migliore, un po’ di riposo, una passione. Non importa a che età. Sapranno che desiderare e fare progetti è necessario per essere felici.

Parlare dele proprie vittorie, ma anche delle sconfitte. Una bocciatura, una promozione lavorativa che non è arrivata, un concorso non superato, un amore finito. Sono quelle le parti con cui i nostri figli devono venire in contatto.

Salvaguardare i nostri segreti profondi. Ad alcune cose i figli non devono avere accesso.

Lasciare andare le cose. Il controllo conduce alla fuga.

Mediare: orari, permessi, uscite. Trovare il compromesso faciliterà le loro relazioni nella vita.

Esplicitare il conflitto. Non insegnare a celare il dolore e la sofferenza. Solo tirandoli fuori s’impara ad affrontarli.

Stare un passo indietro.

Sarebbe bello seguire questi esercizi, ogni giorno (come gli addominali che dovrei fare, e non faccio). Ma scriverli mi aiuta a ricordare ciò che mi piacerebbe essere.

Magari, prima o poi ci riesco. Prima o poi! D’altronde, lo sapete, sono una madre a cubetti. Ci vuol tutto che stia a galla.

Ma sono qui. Basterà?

Penny

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