Oggi sono uscita di casa. Ho sentito l’odore della primavera. Un odore di asfalto bagnato, terra e fiori. 

Percorro più o meno la stessa strada tutti i giorni per andare a lavorare. Scendo dall’alto, guardo la mia città e vado a scuola. Una scuola che è quasi una casa.

Il lavoro per me è importante. Lo é stato da subito. Non ho mai pensato che sarei diventata tuttamadre o solomadre.

A vent’anni sono andata a vivere da sola e nonostante mia madre ne parli come un evento luttuoso, per me é stato importante.

Dedico tanto tempo ed energia al mio lavoro e credo di non poter fare diverso.

Le mie girls lo sanno. Sanno che lí ci sono persone a cui voglio bene, che sono fortunata a svegliarmi la mattina felice e che mi sono fatta il mazzo per arrivarci.

Ci sono stati momenti quando erano piccole in cui mi sentivo in colpa. Ora non piú, e se tornassi indietro non mi farei fregare.

Al mio ex marito non capitava di sentirsi in colpa. Nonostante stesse fuori casa piú di me. Gli ho sempre invidiato quella libertà. Non pratica, ma di testa. Era legittimato dal lavoro. Io no.

Andavo a lavorare ma dovevo pensare anche a tutto il resto: alla cena, alla spesa e all’organizzazione delle figlie.

Se mi fermavo ad una riunione, piú del previsto, tribolavo e quando rientravo (cercando di fare tutto alla velocità della luce), a volte, lui mi teneva i musi. E io glielo permettevo.

Crediamo di essere emancipate, ma non lo siamo. Io l’ho capito tardi.

Qualche collega che ha la borsetta sulle ginocchia allo scadere dell’ora, mentre siamo nel mezzo di una discussione e posticipiamo l’uscita capita che esclami: “Si vede che voi non ce l’avete una famiglia!”.

All’inizio, anche qui, mi sentivo una merda.

Invece io una famiglia ce l’ho, come tutte le persone che si impegnano nel proprio lavoro, ci credono e si sentono realizzate.

E, soprattutto, non voglio permettere piú a nessuno di farmi sentire in colpa e di contrapporre il mio amore per le ragazze con la voglia di sentirmi nobilitata.

Non voglio. E non lo permetto piú. In primo luogo a me stessa.

Sono una madre e credo nell’ indipendenza economica. Credo che dovremmo smetterla di accondiscendere a retaggi culturali che ci vogliono lavoratrici,  solo se il resto non ne subisce. Potremmo anche non aver bisogno di lavorare, se ci piacesse farlo…non ci sarebbe nulla di male!

Le mie girls mi guardano quando mi impegno per un progetto. Quando arrivo stanca, ma felice. Quando le cose non vanno, e le affronto.

Sanno che non ci sono sempre,  ma ci sono. Che l’autonomia economica spesso aiuta quella affettiva. Che si può essere madri oppure no, oppure madri e lavoratrici instancabili.

Imparano che i sogni non si addomesticano, e nemmeno noi.

Se qualcuno lo desidera si compri un cane. E lo tratti pure bene.

Penny

 

 

 

 

2 comments on “Il lavoro nobilita la donna che é dentro di noi e non distrugge la madre. Caso mai il contrario.”

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