Ai figli. Dovremmo insegnare l’amore.

Dovremmo insegnargli che l’amore accade. E spesso non dá preavviso.

Che non é un vitalizio né una garanzia di felicitá.

Che l’amore é fatto di delicatezza e di occasioni. Di atti concreti.

Che non bisogna cercarlo. Si fa trovare lui quando siamo pronti.

Che non prevede sberle o parole grosse. Quella é violenza.

Che sa farsi carico del dolore. Che lascia liberi quando finisce.

Che sa fallire. E ricominciare lí, o altrove.

Che lascia spazi e non delimita confini.

Che aggiunge. Come quello di un fratello o una sorella in arrivo. Anche dall’altra parte del mondo.

Dovremmo dire ai figli che l’amore é un bambino che sa piangere e una bambina che sorregge. O viceversa.

Che é fatto di silenzi buoni, di abbracci e baci.

Che nel “non detto” lo perdiamo di vista.

E che prevede il perdono.

Che può essere un padre e una madre che non si amano più, ma vogliono il loro bene.

Che nessun anello può sigillare una vita. E si promette solo ciò che si può mantenere.

Che non si ipoteca e non ha scadenza.

Dovremmo insegnargli che potranno perderlo, ma non sará la fine del mondo.

Dovremmo insegnare ai nostri figli che cos’é l’amore. Perché lo sappiano riconoscere e non lo confondano con altro.

Dovremmo amare sul serio per sapere come si fa.

Farlo con dedizione e cura. In qualsiasi forma si manifesti.

Sapranno amare. Se noi amiamo. Fingeranno. Se noi fingiamo.

Ai nostri figli. Dovremmo insegnare l’amore. Prima di tutto.

Penny

 

12 comments on “Ai figli. Dovremmo insegnare l’amore.”

  1. Grazie. Grazie. Grazie. Per l’intelligenza, rara, per il cuore, puro, per lo spirito, che sorregge sempre il tuo sentito.

  2. Sì, sono d’accordo. Il tono poetico dei tuoi post sono sempre toccanti. Però io a fare quello che hai scritto, non sono (sempre) riuscito. E quindi l’uso del condizionale, come si dice, è d’obbligo. A volte (spesso), non sono stato in grado di fare quello che scrivi. O ora che le mie figlie sono grandi, e che una l’ho persa, dico: “Avrei dovuto insegnare l’amore…” ma poi penso che forse non sarebbe servito comunque. Non credo più nei decaloghi (o come dir si voglia). Non so più in cosa credere.

    • Ciao Felice, nemmeno io credo nei decaloghi. Spero che i miei scritti siano occasioni di riflessione. Sono umana e incoerente ma scrivere mi aiuta a ricordare quali sono le priorità. Si può perdere un figlio? Non credo, ma forse ogni storia è a sé. Penso che insegnare l’amore sia una delle cose più difficili che la vita ci dà come compito genitoriale. Per i nostri figli possiamo molto ma non tutto e non siamo onnipotenti. I figli possono allontanarsi e prendere strade diverse da quelle che abbiamo immaginato per loro. A questo dobbiamo essere pronti. Io credo nell’uomo, nelle sue possibilità di cambiamento. Credo in questo e ho fiducia. Ti mando un caro saluto Penny

  3. E’ da un po’ che non ti commento, ma ti leggo sempre. E oggi ho voglia di scriverti… che per esempio l’amore che insegniamo è quello che pratichiamo noi per primi.
    L’amore è un linguaggio, che “parliamo” tutti i giorni anche senza “dire”.
    E’ un po’ come per la lingua che parliamo ai nostri figli, forse già te lo scrivevo in altro commento: per esempio i miei genitori mi hanno cresciuta parlando(mi) in italiano, ma tra di loro sempre in dialetto. Io ho imparato l’italiano, certo, ma anche il dialetto. E perché con il linguaggio dell’amore dovrebbe essere diverso?
    I miei figli li amo in ogni momento, con abbracci, sguardi, parole, gentilezze, sincerità o fatiche. Ma se con mio marito si praticano i silenzi, le risposte brusche, le incazzature, se non c’è leggerezza tra noi, se “parliamo” un linguaggio fatto di codici “tesi”… non mi posso illudere che questo linguaggio passi inosservato… 🙁
    E ci si domanda sempre: qual è la scelta più giusta? Stare, o chiudere…

    • Cara Cinzia, esiste una scelta giusta? Finché stiamo abbiamo un motivo per farlo. Sul fatto che i nostri figli imparino il linguaggio dell’amore è un dato di fatto. Poi ognuno ha il proprio carattere e le scelte dipendono da tanti stimoli, da incontri e da occasioni, quindi, ci si augura che ci metteranno del loro. Credo che sia peggio non esplicitare i conflitti quando ci sono. Più che altro dobbiamo stare bene e chiederci cosa ci tiene lì. Anche se costa fatica e le risposte possono metterci in crisi. Insomma perché stai? A volte ci vuole coraggio anche per restare, ma soprattutto dobbiamo essere consapevoli della scelta. Qualunque essa sia. Ti abbraccio forte Penny

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