Mettere al mondo un figlio vuol dire essere disponibili ad arretrare, a diminuire, a fare spazio, a decentrarsi.

A donare anche quello che non si ha.

A stancarsi. Non averne voglia.

Morire di noia, a volte. Diciamoci la veritá.

Comporta un taglio, una discontinuità nella nostra vita e in noi stessi.

Fermare il lavoro. Stopparsi e quasi chiedere scusa per non essere efficienti come una volta.

Avere gli occhi gonfi dalla stanchezza. Le smagliature e la voglia di fare sesso sotto i piedi.

Fare un figlio richiede una responsabilità illimitata che  irrompe e modifica per sempre la nostra percezione delle cose.

Mai piú solo donne. Quella madre é sempre con noi.

Attimi e spazi in attesa di un giorno senza coliche. Senza febbre. Senza quella partita che proprio non si puó perdere. Senza il compleanno con i nonni, gli amici. I parenti tutti. L’esame di terza media. Lo studio per la verifica di latino.

Nel frattempo la vita. Quella interrotta. Quella da riprendere in corsa. Nostra.

Mettere al mondo un figlio richiede disponibilitá a perdere spazi di sé. Rincorrere treni che forse non torneranno piú.

Disponibilitá ai dubbi, alle incertezze, al rimanere indietro.

Al corpo che non é piú lo stesso. Una, due, tante volte.

Fare un figlio richiede accettare l’incedere delle stagioni.

Diciamoci la veritá, non sempre tutto é una meraviglia.

Invece. Chissá perché. Raccontiamo sempre solo una parte. Quella del mondo ovattato. Della bellezza, anche quando non sempre c’é.

Fare un figlio richiede la disponibilitá ad essere sincere con noi stesse.

A raccontarci che la fatica é grande per rientrare in campo. Ritornare a noi. Riprenderci un piccolo posto.

Che nei momenti bui ci si chiede se ne sia valsa la pena. Sapendo che quella domanda nemmeno dovrebbe esistere.

Eppure, a volte, le preoccupazioni sovrastano il resto. E noi, a conti fatti, ci sentiamo in bilico.

Essere madri richiede coraggio. Quel coraggio di voler anche essere altro, e dirlo. Nonostante la colpa. Le parole degli altri. I ruoli assegnati. Le gabbie.

Essere madri é desiderare altro. Perché ogni cosa esiste nel suo contrario.

 E quando non abbiamo voglia di rinunciare dovremmo dirlo. E dovremmo dire che sentimenti estranei si accavallano dentro di noi. E non dovremmo mai scegliere. Se essere una o l’altra.

 Madri o donne.

Invece accade. E non dovrebbe.

Essere madri non basta. Quella è solo una parte. Per quanto ami le mie figlie, a me non basta. Ho imparato a dirlo. E spero non basti a loro. Mai.

Spero che da me si aspettino qualcosa di più.

Penny

8 comments on “Essere madri richiede il coraggio di essere donne.”

  1. Anche a me essere madre non basta. Infatti mi manda in bestia chi mi chiama “mammina” da quando ho avuto i miei bimbi, tanto che a chi ancora lo fa dico subito: “Karin, io sono sempre e comunque prima di tutto la Karin quindi per piacere chiamami con il mio nome!” Non mi soffermo sulle occhiataccie che ricevo e di cui francamente non me ne puo’ fregare di meno, per dirla papale papale! 🙂

  2. Mai, essere genitori non ci deve bastare mai. Né nella coppia, né nel rapporto con i figli. I figli (ma anche il partner) hanno bisogno di una persone “intera” che non abbia tagliato via da sé alcuna parte, una persona senza rimpianti che abbia un suo ruolo nel mondo indipendentemente dall’essere genitore. Per essere un buon genitore bisogna essere una persona completa.

    • Per lo meno risolta. In crescita. In ricerca. Chi demanda la propria felicitá ai figli dá loro un carico enorme di futura infelicitá. Grazie Carlo.
      Penny

  3. Ciao Condivido il pensiero di sopra.Se mi chiedono com’è fare la mamma di solito rispondo che è impegnativo tanto impegnativo.Bisogna ridimensionare, modificare anche rischiando di perdere occasioni che poi non ricapitano.E’ faticosissimo ritagliare tempo e pensieri per noi stesse.

  4. Mi trovo un po’ in disaccordo. Stando a ciò che si legge, si parte dal sentimento di “buio” che per forza dovrebbe accompagnare la maternità ed il maternage, come unica sfumatura possibile da cui si vuole riemergere. Ma non è così. Perché ci sono padri collaborativi che fanno la loro parte e la noia è breve. Ci sono coppie che si condividono le responsabilità con entusiasmo e naturalezza, nonostante la stanchezza fisica, e la vita procede serena, in modo appagante.
    Dobbiamo uscire dalla mentalità che maternità è sacrificio. E soprattutto che il sacrificio è sinonimo di sofferenza. In questo modo non smetti mai di essere donna.

    • Ovviamente sono d’accordo con te. Esistono tutte le situazioni di cui hai parlato, coppie che stanno bene, padri che fanno la loro parte ( e già sottolinearlo fa capire che è lo straordinario non l’ordinario) ecc… Credo, invece, che la maternità, spesso, preveda il sacrificio e, in quel caso, dobbiamo dirlo e raccontarlo. Per me il sacrificio è quasi sempre sinonimo di sofferenza. Il mio post è per tutte quelle donne che si annullano in nome della maternità, non di certo per chi è in equilibrio. Grazie per il tuo contributo.
      Penny ❤️

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