Di spingersi verso l’alto. E toccare il cielo.
Dove ci sono i sogni. E le speranze.
Al di là della nostra ombra.
I figli hanno bisogno di spazi intimi. Di carezze e silenzi sottili.
Hanno bisogno di fare da soli. Di soli da fare.
Di inciamparsi e sbucciarsi le ginocchia. Che poi gli diamo i bacini.
Di abbracci quando saranno uomini. Che quelli servono sempre.
Hanno bisogno della verità, quella che noi, a volte, non sappiamo raccontare.
Hanno bisogno di sapere cosa succede. Ma di non essere adulti in anticipo. E quando lo diventeranno di esserlo sul serio.
Di non vedere porte sbattute o discussioni omesse. Ma di sapere quando è amore.
Possiamo perderli più volte nell’arco dell’esistenza. E, ad alcuni, capita per sempre.
Perché non sono cosa nostra. Da noi arrivano. E da noi vanno.
Non si possono avere per sempre.
Come tutte le cose belle. Che sono vive.
E se per una parte della loro esistenza anticipiamo il passo, per l’altra il nostro posto è dietro.
A seguire il loro.
E arriva un giorno in cui non sarà più lo stesso.
In cui la casa sarà troppo grande, le stanze silenziose.
Le parole eco nell’aria.
E avremmo paura.
Ma finché percorreranno strade. Attraverseranno vite. Cammineranno da qualche parte.
Sapremo che nulla è andato perduto.
L’esistenza procede.
E noi con loro. Senza di loro.
In quel filo sottile che ci lega.
Penny