Lunedì. Sono le 16,00. Questo è il primo pomeriggio da quando è iniziata la scuola che sono tornata a casa abbastanza presto.

Saluto le girls. Una dorme, l’altra è testa sui libri.

Mi faccio una doccia calda, visto che mi sono scolata; ombrello io mai, e preparo un tè per le due ragazze. Sono contenta di farlo, esserci per loro. Oggi che fuori piove.

Questa è la nostra casa, c’è odore di tenerezza, perché certi sentimenti hanno un odore e si sentono. Anche se non c’è un uomo qui.

Confesso che arrivo a casa stremata, i bimbi a scuola mi sembrano sempre più piccoli e io mi sento sempre più vecchia, ma sono fortunata a fare questo mestiere. Lo amo da morire.

E mentre sono lì con questi alunni nuovi di zecca cercando di capire se stanno bene, mi accorgo che molti sanno scrivere e leggere, ma non sanno allacciarsi le scarpe, o non rispettano il turno per parlare, o chiacchierano e non stanno fermi un attimo; così penso ai loro genitori.

E a me stessa, ovviamente.

Penso ai loro sguardi che aspettano un sorriso, all’uscita della scuola, come a chiedere: è andato tutto bene.

E io desidero dirglielo con tutto il cuore perché è lo stesso che cerco per le mie girls e ho cercato negli anni, dalle maestre prima ai professori dopo, e ogni parola di accusa sulla mia capacità genitoriale è stata solo dolore. Non mi è servita a nulla.

Mi sono serviti invece gli incoraggiamenti, quegli occhi che guardavano le mie figlie dove io non riuscivo a guardare. Dentro alle loro difficoltà ma anche dentro alle loro risorse.

Dentro alle mie fatiche.

Penso a quanto sia difficile esserci nel modo giusto. Fare ciò che si deve e non sentirsi in colpa per il tempo risicato e la stanchezza intorno.

Penso ai mille consigli che vengono dati, ai libri, ai social. Cosa deve fare un genitore percome si comporta un bravo genitorecome farli addormentarequali cibi per farli crescere sanicome affrontare figli adolescenti…mille consigli che ci servono per dirci se stiamo facendo la cosa giusta.

E poi: è così agitato, qualcosa in casa non va? Chiede la maestra di turno.

E noi iniziamo a a farci mille domande e cercare la falla. Così, a volte, domandiamo pure ai bambini. Perchè abbiamo bisogno di sapere che stiano bene.

La verità semplice è che loro crescono con le nostre incertezze, e lì dentro si perdono un po’. Che se noi genitori facessimo da soli senza cercare la ricetta probabilmente sbaglieremmo meno.

Che prima o poi si addormenteranno da soli, e si allacceranno le scarpe, o impareranno a stare fermi.

Non dobbiamo mai dimenticare che è della nostra vita che dovremmo occuparci affinchè loro siano sereni, e rimettere le cose sul piano giusto.

Se non siamo prima uomini e donne non può funzionare.

I nostri figli non saranno più felici se siamo ossessionati da loro, se ci sentiamo in colpa, se presenziamo a tutto. Se rinunciamo a un lavoro che ci piace.

Saranno sereni se al centro della nostra vita riponiamo la nostra felicità.

Una vita di coppia buona, un lavoro che ci soddisfa, una passione. Senza preoccuparci troppo di quanto saranno capaci, di come saranno capaci, di come ci ameranno. Di quanto dobbiamo assentarci.

Una madre presente (misurato in quantità di tempo) non è garanzia di riuscita.

Riporci al centro per farli stare bene, che la colpa ha una funzione distruttiva e i figli sono tutto tranne che distruzione.

E dargli tempo. Che le cose si sistemano. Senza che che ci affanniamo. I bambini, alcuni più difficili di altri, cresceranno e impareranno. Nessuno escluso.

Che se c’è una cosa che dobbiamo ai nostri figli è la fiducia. Quella a loro serve come il pane, per imparare ad allacciarsi le scarpe, a infilarsi la giacca, a fare da soli. A capirsi. A dieci, venti, trent’anni.

A stare senza di noi. E non sarà il corso d’inglese o la palestra di quel tale sport, o quella nuova possibilità all’estero a farli stare bene. Ma noi con la nostra vita.

E mentre scrivo una girl è incavolata perché non le ho dettato tutta la mappa di scienze e l’altra si lamenta per quello che ci sarà a cena.

Mi faccio un bicchiere di rosso, che è meglio. Che genitori non si nasce e nemmeno lo si diventa.

Ci si ritrova all’improvviso carichi di preoccupazioni, senso e meraviglia.

E non è mai come l’abbiamo immaginato e nemmeno un mestiere, ma una faticaccia. E dura tutta una vita. La nostra.

Che non è la loro. Appunto.

Penny

 

 

 

1 comment on “Genitori non si nasce né lo si diventa. Lo si è.”

  1. Che bello, sei una maestra di scuola elementare (ops, primaria!)… Ma lo sai che non lo avevo ancora capito?
    La cosa importante per i figli è non metter loro fretta e fare confronti con gli altri bambini, che ognuno ha il suo di tempo per riuscire…
    E soprattutto non fare confronti tra fratelli, i miei ad esempio il primo è velocissimo in tutto, fin da neonato nel gattonare e camminare, negli anni dell’asilo ha imparato da solo a leggere e scrivere (io rispondevo solo a sue esplicite richieste), ogni nuovo argomento scolastico è subito assimilato, se non addirittura già conosciuto (a volte fa paura!!).
    Il fratellino invece è sempre stato più lento ad imparare, a parlare e camminare, a disegnare e colorare, all’inizio della primaria faceva molta molta fatica, ma anche adesso ogni nuovo argomento all’inizio è difficile da capire… ma ormai lo conosco, non ho mai dubitato di lui, sapevo che aveva solo bisogno di tempo, come per tutto il resto, e ce l’avrebbe fatta! Anche se qualche volta ho fatto fatica io, e mi è capitato di pensare di confrontare i suoi risultati con quelli degli altri, e dovevo ricordarmi e ripetere a me stessa di aspettare, osservarlo e casomai aiutarlo dove aveva difficoltà…
    Ho sempre saputo che essere genitori è fatica e pazienza, forse anche da prima di esserlo, per cui credo (o meglio spero!) di essere pronta anche per la fatica che farò quando arriveremo all’adolescenza, e non mi spaventerò di fronte a niente!
    Che alla fine essere genitore è questo: aspettare, avere pazienza, e sostenere.

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