Davvero abbiamo bisogno di un uomo per tacitare preoccupazioni di madri, padri e parenti? Abbiamo bisogno di una collocazione sociale per definirci? Di un matrimonio, di un figlio, per essere riconosciute?

E chi non è sposata? Chi non ha figli? Cos’è? Che posizione ha nel mondo.

Spiego a mia mamma che è preoccupata per me. Spiego e cerco di farlo con il cuore. Lei, che a quattordici anni ha conosciuto mio padre, che è una donna intelligente, e soprattutto mi vuole bene, mi ascolta.

Sono separata. Ho un mutuo. Due ragazze di cui dovermi occupare. Non mi sposerò per avere una pensione di reversibilità o una tutela di fronte allo Stato. O per essere riconosciuta dagli altri. Ti ama allora ti sposa. Eppure, anch’ io, che scrivo di autodeterminazione, se seguo i retaggi culturali: ho paura.

E questi retaggi sono così radicati in noi, nel linguaggio, in qualsiasi comunicazione verbale e non, che noi donne pensiamo sempre di dover essere tutelate. Di doverci appoggiare. Di dover essere riconosciute.

E questo passa attraverso un uomo e attraverso il matrimonio.

Provo a spiegare, a mia mamma, che sono io a dover tutelare me stessa. Che devo cercare quella forza di autonomia che mi permetta di amare davvero come non sono stata capace nel mio matrimonio. Perché quel matrimonio era pieno di potere, non di certo il mio.

Potere che ho dato io. E la colpa è anche nostra che appoggiamo la nostra vita su un altro. Che diamo tutto.

Non si deve dare tutto, cazzo! Dare tutto è come non riuscire a dare.

Una parte deve rimanere per noi. Sempre. L’amore confuso, simbiotico, di dipendenza totale, è bisogno.

Lei prova a capirmi, ma sono parole nuove e si fanno strada con lentezza. Mia madre non sa che questa forza viene anche da lei, dal suo contorcersi, dire no, litigare per ottenere spazi e tempi. Dall’insistenza, quando ero piccola e non capivo una fava, verso lo studio.

È una forza strana la mia, a cui cerco di dare dignità. Come una spinta che mi parla all’orecchio e mi dice: ce la farai.

Posso farcela da sola? Posso. Me l’ha insegnato anche lei, mia madre, attraverso la sua vita.

Voglio che si dica di me: che insegno, che scrivo, che cerco di essere una persona buona, che amo, che ho desideri, urgenze, casini, e vivo.

Essere sposati non è un merito, nemmeno avere dei figli lo è.

Voglio che si sappia di me quello che sono.

Il tempo che si passa insieme e la cura, sono elementi di un amore.

La mia sicurezza non può essere riposta in un uomo. Perché se l’amore risponde a un bisogno di richiesta sociale, e ha l’illusione di soppiantare la solitudine, poi succede che le cose non funzionino per niente.

E che un giorno ci si svegli, come la Bella Addormentata, e si scopra che forse le cose potevano andare diversamente.

Abbiamo delle responsabilità verso i nostri figli. Da me stessa mi aspetto coraggio. La forza di bastarmi. L’uso di pensieri che diventino parole nuove per le mie girls.

Dagli uomini non mi aspetto tutela o sistemazione. Perché la sistemazione me la sono fatta da me. Una sistemazione alquanto traballante, incerta, in cambiamento, ma esiste ed è appoggiata su di me.  Mi aspetto amore che non prevede prepotenza, potenza o un rapporto di forza. Rispetto per la mia indipendenza. Gentilezza.

Forse gli uomini che si stupiscono della perdita di potere non sanno che le cose stanno cambiando e parlarne, scriverne, ricordarcelo, ci serve.

E lo facciamo ancora troppo poco. E dobbiamo passarci la voce tra di noi.

Continuare a farlo.

Che dagli uomini pretendiamo amore. Ed è quello che vorremmo dare. E basta.

Le cose cambiano appunto. E noi ora lo sappiamo.

Che possiamo farcela.

Siate pronti, vuoi uomini. Padri e madri. E iniziate a dirlo in giro.

Penny

 

 

4 comments on “Ma davvero un uomo ci tutela?”

  1. Vorrei trovare questa forza di cui parli e bastare a me stessa. Ma sono scivolata in un baratro da cui non riesco a venire fuori. Riesco solo a stringermi nella solitudine e a piangere. Sono circondata di persone ma mi sento tremendamente sola perché non ho con me l’uomo che credo di amare. Forse come dici tu si tratta di dipendenza e il mio non è un vero amore. O forse ho dato troppo e non ho tenuto niente per me. Non lo so. Non ci capisco più niente. Ma adesso lui non è con me e io mi sento svuotata di tutto. Sopravvivo incastrata nei retaggi culturali e fingo che tutto vada bene ma sento di aver messo la mia vita in parcheggio. Tutto in sospeso. Dovrei bastare a me stessa ma non riesco a trovare niente in me da potermi donare per risalire. Vorrei quella sistemazione di cui parli. Ritornare a godere di una passeggiata, di una serata tra amici o semplicemente di un pomeriggio passato sul divano a guardare qualche programma demenziale alla televisione. Vorrei un pò di pace, un pò di serenità perché mi sento tremendamente stanca. Ecco come può farti sentire un uomo dicendoti che ti ama ma chiedendoti di stare lontana. No certo…un uomo non ci tutela ma ditemi…come faccio ora a tutelare me stessa senza un briciolo di energia?

    • Come si fa? Forse aspettando che passi. Forse accettando che le risposte trovino la strada per arrivare. Forse, perché quando stiamo male o siamo parcheggiati in attesa, abbiamo una sola possibilità: stare. Stare nel caos, accettandolo un po’, anche se è difficile. Stare nel dolore della perdita. Bastare a se stessi non vuol dire non dipendere, ogni relazione d’amore è in qualche modo di dipendenza, e se finisce, se l’altro, l’uomo che amiamo, soffriamo. E quando succede pensiamo che tutto abbia perso il suo senso. Ma non è così. Arriverà il momento in cui troverai la forza per uscire dal parcheggio, devi avere pazienza, succederà. Ora, forse, non è ancora arrivato il tempo. Ti sono vicina Penny

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