Parlo spesso con mia figlia di quello che succede nel mondo. Ci sono fatti che mi colpiscono nel profondo. Non so, forse è il mio modo per proteggerla. Per abbattere i muri delle sue certezze. Sono brava se. Sono tutta d’un pezzo se.

Così le racconto della ragazza di Bologna, dello stupro, del fatto che quella giovane donna fosse nel luogo sbagliato, delle parole di Don Guidotti e di altri uomini.

Parlo con lei che frequenta un gruppo scout, che con loro, non con me, va in chiesa. Ascolta un prete che per fortuna dice altre cose. Non usa epiteti (come buco di culo o cazzo ) per esprimersi!

Voglio che sappia che si può perdere, sbagliare strada, che succede, che la vita non è facile per alcuni ragazzi e che spesso i genitori cercano di fare il meglio ma, a volte, non basta, e non per questo nessuno è motivato a praticarle violenza.

A offenderla.

Umiliarla.

Che non ci sono parole che possa dire.

Una gonna corta.

Una serata con le amiche.

Un autobus preso per tornare a casa.

Gesti che possa fare che giustifichino la prepotenza.

Un pugno.

Parole brutte.

Uno stupro.

Vorrei proteggerla. Ma come faccio se a una ragazza come lei, dopo una violenza terribile, viene praticata altra violenza?

Quella delle parole che oltraggiano. Feriscono. Violentano ancora?

Lei mi ascolta. E poi disegna. È il nostro modo di costruire. Che dia voce a un sentire comune. Forse. Oppure è l’unico modo che abbiamo per allontanare la paura. Esorcizzarla

La girls disegna quella ragazza piegata dallo stupro e poi dalle parole. Quelle parole che escono da un megafono con violenza su di lei. E le dicono che è lei quella sbagliata. E non l’aiutano a rialzarsi.

Sono inferocita per questa cultura per cui la vittima è anche carnefice. Per cui le donne in qualche modo se la cercano. O hanno atteggiamenti disdicevoli e c’è sempre un motivo per cui vengono violate. Mortificate. Abusate. 

In questa storia c’è un carnefice, uno solo, ed è lui che ha la colpa.

Il giusto sta da una parte. Ed è quello della ragazza. Diciasette anni, una vita già in difficoltà, perchè diciamolo, ogni ragazzo che di perde, che non ce la fa, che cerca una strada “cattiva”, è solo responsabilità nostra. Di questa società e scuola che accoglie chi è vincente e chi arriva.

E lo spazio per gli altri? Per quelli che stanno male? Che non sono dentro alle righe del meritevole?

Per questo penso che dobbiamo continuare a parlare della fragilità, della possibilità di essere mancanti, perché i nostri ragazzi sappiano che ci si può perdere ma si può e si deve chiedere aiuto. E lo sapete, lo faccio di continuo nei miei articoli, a costo di diventare ripetitiva, fino a farmi mancare il fiato.

Noi genitori siamo soli. Ci barcameniamo. Siamo una società di solitudine. Che non sostiene e ci dà responsabilità continue.

Ma siamo noi. Soprattutto noi donne a dover dire basta. 

Alzare la testa. Dare dignità alle nostre vite.

Non accettare piccoli abusi quotidiani. Al lavoro. In casa. In famiglia.

Dobbiamo farci carico di altre donne come noi. Stare dalla loro parte. Che è la nostra.

Dobbiamo sfondare il muro della solitudine. Prendere le parti. Gridare e urlare che non ne possiamo più di uomini che sono cavernicoli e ci prendono per i capelli.

Quel prete dovrebbe essere allontanato. Per il linguaggio che usa e la violenza che alimenta. Per il ruolo che ricopre.

Non bastano le scuse. Non devono essere sufficienti. Perché lui è un uomo che predica. Predica quelle parole. Predica ai ragazzi. Quelli come i nostri.

Lei ha solo 17 anni.

Lei è la vittima.

Io e mia figlia lo abbiamo chiaro. 

Conto su di voi.

Penny

Ps:  #le scuse non bastano.

2 comments on “Lo stupro e le parole violente di un prete spiegati a mia figlia.”

  1. Noi donne dobbiamo pretendere di essere rispettate, in ogni luogo, in ogni situazione, che sia per strada, in una discoteca, sul lavoro. Grazie per quello che scrivi e per non stancarti di ripeterlo. Ci sono violenze fisiche, psicologiche, verbali e tutte pesano tantissimo. Per molto tempo le donne hanno subito in silenzio pensando di avere colpe, pensando che non ci fossero alternativa, ma oggi le donne si stanno risollevando , lo so, è un cambiamento sociale duro, ci vorrà del tempo. I maschi devono imparare a rispettarci, indipendentemente dal luogo, dal ruolo, dall’abbigliamento.
    Sono sempre stata scettica nei confronti dei preti, della chiesa, perchè anche se a parole la figura femminile della madonna, della madre viene messa al centro di tutto, in realtà le donne vengono relegate a ruoli gregari, secondari, di ‘domestiche: perpetue, suore, al massimo catechiste, al limite amanti segrete, ma mai con un ruolo attivo. E in altre religioni anche peggio…..
    Ogni volta che ad un prete o ad un catechista ho posto la questione della discriminazione nei confronti del femminile, o , peggio, della pedofilia, mi è stato risposto ‘la chiesa è fatta di uomini e, in quanto uomini, imperfetti’. Bella scusa.
    Ecco, allora forse sarebbe ora di fare entrare anche le donne ……

    • Concordo in tutto e per tutto. Io credo che sia un nostro dovere parlarne soprattutto ai ragazzi perché sappiano che cosa succede. Noi dobbiamo stare insieme e domandare il perché. Non accontentarci di risposte scontate. Disturbare. Pretendere. E farlo insieme è meno faticoso. Un bacino Penny

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