Spesso siamo i loro occhi.

Uno specchio un cui imparare a volersi bene.

Una mano che afferra quando non riescono a farlo da soli.

Braccia che stringono quando si sentono persi.

Matasse da sbrogliare.

Siamo silenzio quando i loro pensieri strabordano.

O voce piena quando non si fermano in tempo.

Un luogo di riparo quando piove.

Una porta aperta per lasciarli andare.

Un’asse instabile in cui fare prove di equilibrio.

Un orario per tornare.

Un contenitore di altalenanti emozioni.

Muri solidi.

Radici.

Un corpo in cui sostare senza tentacoli.

Siamo un ponte verso gli altri.

Spinta verso ciò che non conoscono.

Verità quando si raccontano balle.

Impronte.

Siamo il primo incontro con il mondo, fotografia delle sue meraviglie e delle sue pene. 

Luogo di solitudine quando si confondono con l’altro.

Siamo il loro coraggio dentro alla paura.

Una lucina accesa.

Una voce nella stanza accanto.

Una telefonata la sera.

Quello che non vogliono diventare.

Dobbiamo essere tutto e un po’ il suo contrario.

Direzionare e lasciar andare.

Essere presenti e saper abbandonare il campo.

Tenere e mollare la presa.

Mostrarci forti, capaci di debolezza.

Rischiare di perderli, a volte. Per ritrovarli.

Siamo confusi. Spesso.

Loro non sanno mai quanto.

Siamo origine e fine.

Colpa e assoluzione.

Amore e disamore.

Punti fermi. E di sospensione.

Bene e male.

Siamo il passato a cui appartengono.

Siamo un luogo che profuma di volontà.

Non sappiamo mai quale sia la cosa giusta da fare.

Camminiamo a tentoni.

Ogni strada intrapresa né lascia un’altra e non sapremo mai come sarebbe andata.

Ma siamo quello che siamo.

Tentativi perpetui d’amore. 

Che durano una vita. E di più.

Oltre l’orizzonte.

Penny

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