Odio il capodanno, quasi quanto Halloween. Questo gridare alla felicità forzata. E tutti gli anni ci casco. Le mie figlie mi prendono in giro, la frase è questa: da domani le cose cambieranno, le regole pure. 

Ho un bisogno disperato di essere una madre contenitiva perché ho la sensazione costante di perdere i pezzi. Così ribadisco a loro e, soprattutto a me stessa, le regole necessarie per essere un genitore decente:

orari definiti per il telefono, si mettono a posto le proprie cose, non si rubano i maglioni degli altri (cioè i miei), non si lasciano i calzini nel letto, si butta le spazzatura, non si mangiano schifezze…

Come un nuovo inizio mi butto nell’anno che verrà e spero di essere quello che non sono. Ho dato una sbirciata al post dell’anno scorso, “i cattivi propositi”. Niente di nuovo. Quella ero io. Questa sono io.

Cerco invano di impilare uova. E lo faccio da una vita. Non so perché cerco disperatamente di essere quello che non sono, quando so benissimo che dovrei iniziare da qui.

Mia madre dice che predico bene e razzolo male. Ha ragione. Sono in contraddizione continua con me stessa. Vorrei essere quello che mi aspetto da me. Punto.

Vorrei riuscire a seguire una cazzo di dieta. Mi bastano due o tre chili, dico a me stessa, e ci credo. Credo che cambierà qualcosa.

Vorrei essere più regolativa, appunto. Le mie girls mi sfiancano, essere madre e padre è un gran casino. Sono confusa, concedo, ma poi loro si allargano e devo tornare indietro. Mi chiedono di esserci e di non esserci. Mi abbracciano e poi mi schifano. Ci sono e non ci sono. Mi trattano da vecchia e vogliono che sia una “madre giovane”; altro che impilare uova, a volte, mi sento un criceto che gira, rigira e gira ancora su una ruota del cazzo, messa lì per farlo diventare scemo.

Vorrei essere economicamente sopra la soglia del respiro, per non farmi torcere le budella quando il mio ex marito riesce a non “avere niente”, a parte un lavoro, un figlio, una casa…ma che ve lo dico a fare! La trovo una cosa profondamente ingiusta.

Vorrei far scivolare la rabbia e non farlo esistere nella mia testa. Non pensare che durante le sue ferie abbia visto le girls il 24 sera e un’ora dopo qualche giorno (solo una delle due), e si sia pulito la coscienza così. Vorrei dire: sei una merda, ma non riesco nemmeno a pensarlo. E mi chiedo perché non desideri passare più tempo con loro e, se lo desidera, non faccia in modo di farlo.

Ma ciò a cui aspiro di più è che lui non occupi spazio di pensiero nella mia vita. Mi ruba del tempo, tanto tempo e non voglio. Mi sono imposta di non parlarne più, almeno a casa, vediamo fino a quando ci riesco.

Vorrei, inutile negarlo, avere dei giorni per me. Programmare una vacanza senza preoccuparmi delle mie figlie, una cena o una serata senza sistemare, avere l’ansia dei soldi e dell’organizzare.

Ma cosa ci posso fare? A cosa serve tutto questo pensare? Che soluzioni porta con sé?

Tergiverso. Finché non torno al punto di partenza. Impilo uova, appunto e non saprei fare diverso.

Diciamoci la verità, noi donne siamo di certo più complicate rispetto agli uomini. Un uomo, ad esempio, di fronte alla sua solitudine è probabile che alzi le spalle, non si spaventa come succede a noi, a noi basta un accenno di sentimento per sentirci sole per sempre.

Tutto ciò ce che percepiamo assume proporzioni gigantesche e per far tornare i pensieri al loro posto ci vuole tempo. Per questo, spesso, gli uomini non ci capiscono, siamo contorte e parecchio. Diverse dal loro modo di procedere.

Così penso alla dieta. A quell’essere sempre dentro al controllo. Come esistesse un miraggio di me stessa. La verità è che quel miraggio devo tenerlo lì, aspirarci, perché stare qui, a volte, è parecchio difficile.

Mi è capitata quella foto tra le mani. Ho l’herpes, coperto malamente dall’unico rossetto che possiedo, rosso fuoco. Il mio viso è pieno di rughe.

Sono io, penso. E mi vorrei diversa. Vorrei cambiare molte cose di me, ma non le rughe. Quelle no. Qualcuno dice che sono le strade che abbiamo percorso: la nascita di un figlio. La separazione. Un concorso. Quel periodo difficile. Un amore perso. La morte di mio padre, quella è un solco.

La mappa di ciò che ci rappresenta e rappresenta la nostra storia. Per questo non capisco chi le fa sparire e crea l’inganno, soprattutto, a se stesso.

Intorno ai miei occhi si concentra il maggior numero di rughe. E so bene perché. Sono io tutte le volte che ho impilato le uova. Tutte le volte che ho cercato di controllare la vita, me stessa, e il relativo miraggio.

In fondo, sono una sicurezza, le rughe intendo. Ci riportano a ciò che siamo. E non importa se impiliamo uova di continuo nella speranza di riuscirci, non importa.

Ci ricordano che il Capodanno passa, i nostri deliri post Capodanno pure. Tutto passa.

Tranne le rughe. In fondo sono tracce, quelle che ci permettono di ricordarci chi siamo. Che ce lo dimentichiamo di continuo. E poi, tutte le volte, ci tocca ricominciare da capo.

Penny

 

5 comments on “Pennypensiero. Come impilare uova. E farlo da una vita.”

  1. Cara Penny, capisco profondamente tutto quello che scrivi. Io sono stata genitore unico di mio figlio da quando aveva 9 anni, perché suo padre, mio coetaneo, è morto a 42 anni. Ho passato anni facendo 3 lavori in contemporanea contando i centesimi ogni fine mese. Poi ho incontrato un altro uomo, molto molto benestante, che non ha ritenuto suo piacere aiutarci più di tanto. Da quasi 5 anni si è ammalato di tumore e la mia vita trascorre tra ospedali, visite, incontri con medici spietati, assistenza ai miei genitori novantenni. Sono invecchiata di altri 100 anni in questi 17 anni. E sono piena di rabbia. Ma non sono gli altri che ci fanno arrabbiare: siamo noi che permettiamo alla rabbia di invaderci.
    Una cosa non capisco: tu parli pubblicamente di te stessa così intimamente sapendo che le tue figlie adolescenti leggeranno il tuo sentimento. Io penso che dovresti proteggere te e loro, perché non è giusto coinvolgere i figli in tutta la tua vita. Quello che è o è stato tra te e il loro padre riguarda voi due, non loro. Scusa, ma mi sentivo di dirtelo con affetto. Nina

    • Cara Nina, grazie. Grazie davvero per la condivisione della tua storia, mi chiedo quanti anni tu abbia, e se nella tua vita sia possibile uno sguardo lungo su qualcosa che verrà. E quest’uomo verso cui traspare acredine…mi sorgono domande, ma, soprattutto, volevo ringraziarti per riportarmi a me, alle mie responsabilità. Loro non leggono, ne sono sicura, non sono su fb, dicono che quello che scrivo è di una noia mortale e non si avvicinano. Diciamo che hanno altro a cui pensare, però hai ragione, vorrei essere più brava: Il problema è che se non scrivo, se non tiro fuori, quella rabbia mi sovrasta e rischia di invadere la mia vita e non so cosa potrei farne. Dovrei essere migliore, lo so. Provo a contenere e lo faccio scrivendo. Sono d’accordo con te siamo noi che permettiamo le invasioni di campo.
      Grazie ancora. Penny

      • Penny, non è acredine per quest’uomo, ma per alcuni suoi comportamenti: è diverso. E un comportamento di qualcuno non è quello che lui agisce, ma quello che tu vivi, il vissuto. Non sto dicendo che abbia più valore uno o l’altro, ma solo che se riporti dentro te , al tuo vissuto puoi modificare, superare, agire. Se dipende solo dall’altro, non puoi farci niente. Io ho 59 anni, e ancora mi incazzo. Ti abbraccio Nina

  2. …e non dire più per favore che devi, dovresti, vorresti essere più brava. Più brava di chi? Perché? In tanti, sono certa, me compresa, ti hanno detto, pensano e ti diranno che sei brava. Ma non serve a nulla. Domandati perché devi essere brava agli occhi degli altri. A volte le cose succedono e basta. Anche se siamo bravissime ci sovrastano. Siamo come riusciamo ad essere, siamo già sufficientemente brave se ci poniamo la domanda.

    • Già!Ma lo penso, lo penso sul serio, dovrei trattenermi ogni tanto, essere più razionale…comunque quello che hai scritto mi è servito tanto. Penny

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