Oggi ho notato due cicatrici sulla mano sinistra. Quasi all’altezza del polso. Una è più grande, l’altra piccola ma visibile. La pelle in quel punto è più chiara. Rosa direi. 

Non ricordo con precisione come me le sono procurate, probabilmente mi sono bruciata. Ho questo brutto vizio di mettere le teglie nel forno a mani nude. In realtà il brutto vizio è quello di fare le cose di corsa, ottocento nello stesso momento.

L’altra sera, tanto per farvi capire come sono messa, la girl bionda, prima di andare a dormire, è venuta in sala e mi ha detto:“Buonanotte mamma”. Io ero sovrappensiero o meglio dentro alla sovrapposizione di pensieri, e le ho risposto: Salve.

La piccola, che era accanto a me sul divano, mi ha guardato esterrefatta, non che avesse tutti i torti. Inizio a preoccuparmi anch’io delle parole che non arrivano e di questo essere sempre affaccendata.

Ogni tanto dovrei fermarmi. Un grande STOP appiccicato ovunque come promemoria, ma non lo faccio. Solo la febbre mi ferma. Il mal di testa. Il corpo che si ribella. Io ne abuso fino a quando non si consuma. Il bello è che ne sono consapevole e sbaglio.

Comunque, ritornando alle mie cicatrici, non so perché, ma mi piacciono. Le guardo e penso: sono mie. E questo mi tranquillizza.

Non è normale. D’altronde nemmeno osservarsi allo specchio, notare le rughe e pensare: non mi dispiace questa faccia piena di reticolati. Non mi dispiace pensare alla storia che sono stata, al tempo che c’è. Ai miei quarantasei anni. Al sono qui. Rugosa. Ma qui. E non mi sembra scontato. Non ora. Dopo che ho messo sottosopra la mia vita. Dopo che ho cercato con determinazione ciò che mi piace.

Passo il dito su quelle rughe, come fossero un unico disegno, e penso al tempo che sarà. Al desiderio di pause più lunghe. Di camminate musica nelle orecchie. Sperando che il futuro mi aiuti a rallentare, ad accelerare si perde sempre qualcosa.

Chissà perché quando si è giovani si pensa di dover bruciare le tappe per conquistare il mondo. Quando tutto ciò che ci serve, spesso, è dentro di noi. Non credo sia una questione di vitalità, credo si tratti di mancanza di esperienza.

Nonostante il tempo passi inesorabile, oggi sono più vitale di ieri. Più consapevole. Più certa dell’incertezza. E sinceramente non ho voglia di spaccare il mondo, né di vincere, sia che si tratti del mio ex marito, dell’amica che mi ha tradito, della collega che fa la stronza; non mi interessa più.

E non si tratta di rassegnazione ma di aver cambiato la prospettiva. Vorrei essere banalmente felice. E per farlo ho un bisogno costante di verificare che i miei reticolati siano lì, in quella faccia che è la mia. Non di eliminarli.

Noi siamo tante cose. Ora lo so. Il dentro e il fuori. La debolezza e forza. La bravura e la cattiveria. Il maschile e femminile. Luce e ombra.

Una professoressa illuminata, l’altro giorno, mi ha ricordato che è  proprio quando gli opposti si incontrano che nasce l’incanto. Nella zona di confine. Come l’alba o il tramonto. E perderli è un attimo. Spesso, succede quando non sappiamo fermarci.

Non siamo indispensabili, lo sapete vero? Devo ripetermelo continuamente. Che, a volte, il senso di onnipotenza mi fa perdere quell’incontro di opposti. E chiedo a me stessa di essere brava o forte o felice e dimentico quell’altra parte, più oscura, che esiste e c’è, anche se vorrei annullarla.

Le rughe sono un po’ questi opposti, mi piace pensare. Strade e percorsi in cui ci incamminiamo. Una fatica, un lutto, ma anche una gioia, un’emozione. Il primo innamoramento. La nascita dei nostri figli. Quella grossa delusione. L’amore. Quell’uomo. Una lite furiosa. Quel figlio che ci siamo andati a prendere laggiù. La scelta o la consapevolezza di essere soli. La separazione. Le notti in bianco. Il circumnavigare intorno a noi stessi. Quel libro letto in un soffio. Quel viaggio io e te. Quella deviazione. Quella telefonata tanto aspettata. La paura di non farcela. La soddisfazione di avercela fatta.

Ogni attimo è un segno. Ogni ruga tante strade che si intersecano. Ogni cicatrice un dolore curato.

Se stringo gli occhi le rughe aumentano e la pelle si incartapecorisce. Eppure non ho paura di questo tempo che passa. Ora la misura del tempo voglio darla io. Solo occhi buoni su di me. Quelli della vita che esiste. Domani troverò qualcosa d’altro che non va. Ad esempio il naso. Qualcuno mi dice che è grande. E forse è così. Chi se ne frega!

Oggi ammiro le strade e sono anche un po’ grata. Un reticolato appunto. I miei opposti che si incontrano. Le zone di confine. Io sono anche lì. Attendo un’alba o un tramonto. C’è sempre un’alba o un tramonto per ciascuno di noi. 

Oggi, a differenza di ieri, a differenza del desiderio di conquista della mia gioventù, dell’attesa del matrimonio, o del desiderio di un figlio, di qualcosa che verrà, so che a renderci felici è la somma di tutto ciò che siamo stati. E che cerchiamo di essere.

I nostri giorni, come le nostre rughe, la pancetta, i fianchi larghi o il corpo che non ci piace. Ogni pezzo di pelle, ogni cicatrice, ogni difetto, ci dice chi siamo e la storia che ci portiamo dietro. E non so, mi rassicura. Sapere che siamo tante cose. Sapere quello che siamo.

D’altronde la bellezza bisogna saperla portare. Come la felicità. 

E, spesso, calza a pennello dentro a una ruga.

Penny

Sosdonne.

11 comments on “Ci sono rughe che calzano a pennello.”

  1. “Sperando che il futuro mi aiuti a rallentare”….. Vana illusione Amica mia…. Solo noi possiamo decideci di rallentare. È un gesto volo volontà. Una persona che mi vuole bene quando sono troppo accelerato mi dice:”Nel dubbio meno…..” il consiglio lo girg anche a te…. Ti assicuro che funziona

    • “Nel dubbio meno” sarà il mio mantra. Tu, però, continua a correre, con la bici, nelle foto sorridi sempre, immagino ti faccia stare tanto bene. Ed è bello. Penny

      • E chi smette, anzi…. mi sto allenando e prendendo cura del mio fisico acciaccato…..La prima gara dell’anno è la gran fondo Laigueglia il 25 febbraio – 113 km per 1883 metri di dislivello.
        Ho scoperto che mi piace la fatica, ci ho messo tanto ma adesso più fatico e più sorrido…

      • Lo dice anche il mio strizza….. dal 12 riprendo ad utilizzare Penny, che si è riposata nei mesi invernali. Mi ha scorrazzato Gaia, la mia prima bicicletta, un cancello secondo tutti ma io ci sono affezionato. Un abbraccio e aspetto news sulla data della presentazione del tuo libro.

  2. Cara Penny,
    proprio alcuni giorni fa mia moglie (proprio non riesco a chiamarla ex) ha compiuto 46 anni. Sapevo che la sera sarebbe uscita a bere qualcosa con le amiche, ma le ho chiesto se potevo passare giusto pochi minuti dopo il lavoro. Le ho fatto gli auguri e le ho consegnato il mio regalo. In quei minuti ho visto che le sono spuntate due piccolissime rughe intorno alla bocca. Ho notato che è sempre più bella. le rughe sono le firme della vita e forse in quelle firme c’è anche un po di me.
    Un abbraccio

  3. Non rinnego una ruga delle mie e non un capello bianco (tutti orgogliosamente mostrati per scelta da qualche anno ormai). Sono tutti parte della mia vita. Come le esperienze accumulate e quelle che faccio ogni giorno e quelle che farò. Sono una quasi cinquantenne felice di esserlo. E ricordo con un sorriso benevolo la ragazzina insicura che ero, che non aveva idea di come affacciarsi al mondo. Incapace di indossare un abito rosso per paura di essere visibile. Oggi posso indossare un abito giallo o bianco o un cappotto rosso e scegliere di fare ciò che mi rende felice senza dar peso al giudizio di altri. Vado perlopiù di corsa, in accelerazione. Ma è così che voglio vivere per riempire la mia vita con tutto ciò con cui desidero arricchirla e, nello stesso tempo, badare ai figli alla casa al lavoro. Poi ci pensa il corpo a fermarmi. Chiede riposo. E posso concedermi un sabato pomeriggio di assoluto riposo. Ogni tanto posso.

    • Cara Marigon (il nome?) potrei sottoscrivere ogni tua parola. Come un ritratto. Il mio. Io ho ancora paura di espormi troppo, se mi vesto carina (per quanto sia possibile) mi vergogno, mi cambio e ricambio…retaggio della bambina che sono stata. Oso con le parole, però, il che non è male e dico quello penso, senza la paura di non piacere. Questo sì. Ovviamente non tornerei indietro neanche per un minuto. Mi voglio bene. Almeno un po’.
      Grazie per esserci. Sempre. Penny

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