Nella mia vita non ho mai pensato che avrei avuto successo. Non sono mai stata competitiva nemmeno da bambina. Lo sapete, a vent’anni sono stata sovrastata dagli attacchi di panico, sono dimagrita in un attimo di diciassette chili. A vent’anni avevo una fottuta paura del mondo.

Non mi sono mai piaciuta, e anche questo lo sapete. Sono stata così male che per me avere successo non è mai stata una priorità. Stare bene mi sembrava un obiettivo più che degno.

In realtà in quel periodo pensavo ancora che l’amore potesse salvarmi, che l’altro potesse salvarmi. Ho dovuto attraversare un matrimonio, due figli e una separazione, per capire che riusciamo a malapena a salvare noi stessi. Ho attraversato il fallimento per capire che la solitudine fa parte della vita e non è compito dell’amore farci sentire meno soli.

Mi sono cercata un marito che metteva in discussione ogni mia decisione, mi faceva vacillare, non mi sentivo amata. Nessuno mi ha costretto a farlo, e oggi, non guardo indietro con incredulità alle mie scelte, penso che ogni passo sia stato legato alla ricerca di “quel stare bene”.

Di certo in una cosa non mi sono persa: ho cercato da subito la mia autonomia economica. Un’istruzione, un concorso, un lavoro che mi piacesse. Credo che questa sia stata una delle scelte più importanti della mia vita: poter contare su di me.

Poi, ho fatto un gran casino con conti in comune, con quell’idea che il matrimonio fosse un traguardo e non una partenza, con un amalgamarmi fino a confondermi. Come se l’amore potesse proteggermi dalle difficoltà o dal dolore.

Diciamo che, a dieci anni dal mio matrimonio, avevo fallito clamorosamente. Il dolore non si era arrestato, l’amore non mi aveva salvato, né io avevo salvato lui. La separazione è stata un periodo buio e difficile della mia vita, non avevo idea di quanto fosse profondo il pozzo, e nemmeno se fossi riuscita in qualche modo ad uscirne.

Questo fallimento però, mi ha costretto a pulire tutta la mia vita, eliminare ciò che era superfluo e capire di cosa non avrei potuto fare a meno. Ho capito che nulla poteva alleviare il senso di solitudine che  ci appartiene e che avrei dovuto pensarci da me.

Ho smesso di illudermi di essere qualcosa che non ero, mi sono guardata e ho iniziato a scrivere.

Avevo due figlie e un lavoro che mi piaceva, era già abbastanza, potevo partire da lì.

E così, quel pozzo in cui ero finita è diventata la base solida su cui ricostruirmi l’esistenza.

Non conosciamo mai noi stessi e la forza delle nostre relazioni finché le avversità non ci hanno messo davvero alla prova.

Insomma, fallire mi ha dato sicurezza, mi ha fatto conoscere delle cose di me che non avrei potuto scoprire in altro modo, ho capito di avere una grande forza di volontà, più di quanto immaginassi. Ho avuto la certezza della mia capacità di sopravvivere.

Quindi, sappiate che la misura del successo per me è questa. Sapere di poter fallire e di poter ricominciare. Ancora e di nuovo, casomai ci fosse un pozzo dietro all’angolo.

Penny

Sosdonne. Com

ps: Spero tanto che anche per voi sia stato o sia così, qualsiasi tunnel stiate attraversando o abbiate attraversato.

7 comments on “La misura del successo.”

  1. Specchio, specchio, specchio delle mie brame chi è la più brava del reame ??
    Solo guardandosi alla specchio possiamo sapere chi siamo. Avere il coraggio di guardarsi è il primo passo. Sapendo che nella maggior papar dei casi non siamo noi i piu bravi del reame, anzi.
    Io mi rivedo, con modalità tutte mie, nelle tue parole. Condividere . . Stupendo modo di vivere
    Never give up ?…. ?

  2. ciao Penny,
    io ho inseguito il successo professionale non perchè amassi il lavoro che facevo (e faccio) o per il denaro in sè, ma perchè pensavo che dare tante cose materiali ai miei figli e a mia moglie in particolare mi avrebbe dato “l’assicurazione per l’amore”. Per il lavoro sono caduto in depressione e ho perso tutto quello che mi interessava veramente. Strana la vita…ora, solo ora, so cosa sarebbe stato importante. Qual’è allora la misura del successo?
    un abbraccio

    • Beh, hai avuto tre figli ( mi sembra) e un grande amore. Una vita che ti manca…a me sembra tanto.
      Ps pensavo a lei. Lascia che si prenda i suoi spazi, che sperimenti la sua “nuova” vita, magari mi sbaglio, ma se il vostro amore era così importante, tornerà. Magari non subito, magari si farà le sue esperienze…ma se davvero è come dici, tornerà.
      Tu stalle accanto come te lo permette, come sei capace. Ti abbraccio.

  3. Cara Penny, io le sono discretamente sempre vicino. Le scrivo e la chiamo, ma cerco di non soffocarla. lei deve fare le sue scelte, ora esce e la vedo più serena e di ciò mi rallegro. Ti confesso però che sfrutto ogni raro momento per starle vicino anche fisicamente. Il sabato vado a prendere mia figlia piccola, ma cerco di arrivare la mattina presto e andare al forno per prendere il cornetto integrale appena fatto che a lei piace tanto. Lo lascio sul tavolo della cucina e poi sparisco….. so che lo mangia. Certo non le posso più portare il caffè a letto come ho fatto per anni, ma sai io vivo di queste piccole cose

  4. Quante piccole cose amorevoli ….eppure ???? Non bastano…perché ??? Ho atteso quei piccoli gesti che reputo fondamentali in una relazione. Semplicemente per ricordare all altro:”Ehi !!! Non ti do per scontata…mai!! Sappilo!!!” Eppure…non basta ahimè non basta. Starsi accanto , anche nel silenzio, non credo sia tempo perso . Lo spero . Ci spero. ?

    • Starsi accanto, non è mai tempo perso. Ma questi gesti, quelli che non ti danno per scontata, sono arrivati? Insomma, ti tratta bene?
      Penny

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