All’uscita da scuola una mamma di un mio alunno mi avvicina e mi dice: “Volevo dirti che faccio io la torta per la piccola”.

So a cosa si riferisce. Ha letto il mio post, quello della bambina che vuole la torta per il suo compleanno.

Le sorrido, lei non sa che le sono grata. Per il gesto, innanzitutto, e perché la mia torta sarebbe stata pessima… In realtà vorrei abbracciarla, ma non lo faccio e non so perché.

Che abbracciarci aiuta. Ci fa sentire vicine.

“Chiedile come la vuole” aggiunge, “pensavo anche di farle un regalo da parte della classe!”.

“Ok, allora io penso alle candeline. Potremmo farle un libro” propongo, “sai, non credo che in casa ne abbia molti”.

Così, lei un sabato mattina le compra “Storie della Buonanotte per bambine ribelli”.

Lo spero, spero sia una di quelle bambine capaci di sovvertire le regole. Che abbia delle possibilità nella sua vita e che qualcuno gliele dia. Come questa madre che si è offerta di farle la torta, che sa essere madre sul serio, perché non lo è solo di suo figlio.

 

Una settimana fa si è laureato un mio ex alunno, laurea con lode in storia. Lui è autistico. Non parla. Ma ha trovato altri modi per raccontare quello che ha dentro.

Più di vent’anni fa le maestre dell’asilo ci dissero: “Lui sfoglia i libri e lo fa continuamente, come una stereotipia. Non parla, non regge lo sguardo, preferisce stare da solo”.

Un giorno, alcuni mesi dopo l’inizio della prima, sua madre mi disse: “Sai, esiste una tecnica, ma siamo solo all’inizio, si chiama Comunicazione Facilitata, sembra che sostenendo leggermente il braccio, i bambini come lui, riescano a scrivere”.

Ricordo bene quel giorno, ricordo gli occhi di quella madre, che con il tempo ho imparato ad amare profondamente, che quasi chiedevano scusa per la sua ardua pretesa.

Così, un giorno qualsiasi, io e suo figlio, che all’epoca aveva sei anni, ce ne siamo andati in aula computer, gli ho sostenuto appena il braccio e lui ha iniziato a scrivere.

Non sfogliava i libri, li leggeva. A sei anni sapeva farlo alla perfezione. Ha imparato a stare con gli altri, ha partecipato a tutte le attività, si è fatto amare dai suoi compagni e soprattutto ha avuto la possibilità di comunicare.

Un’altra madre, un’altra storia, il desiderio di non mollare, e non accettare sentenze. Questa la madre di un figlio imperfetto ( che poi chi ci dà la misura della perfezione?) Il desiderio di capire, comprendere e amare un figlio per quello che è.

 

Ieri una mamma di un mio alunno mi ha detto piangendo: “Perché il mio bambino non è come gli altri?”. L’ho abbracciata e siamo state lì, io a consolarla senza avere nessuna risposta decente da darle. Se non che ogni bambino porta con sé una speranza, alcuni iniziano in salita, e lo fanno da subito, e i doni che portano non sono sempre visibili. Ma bisogna cercare e farsi domande “altre” sulla vita. Bisogna amarli, e Dio solo sa quanto sia difficile dentro a una società che guarda e valorizza il successo.

Sono tornata a casa con il cuore piccolo e dolorante. Pensando che la vita ci mette davanti delle storie, sta a noi farne buon uso. Che ci sono madri che sono madri di più, come quelle che scelgono di amare un figlio che non nasce dentro alla pancia o quelle che hanno strade ardue e complicate, e poi ci sono altre madri che riescono a stare accanto.

Io voglio stare accanto. Come madre, come donna e come maestra. E non ditemi che perdo la mia autorevolezza. Non me ne frega un fico secco. Quello che ricevo è molto, molto di più.

Stiamoci  accanto, che insieme è più semplice.

Penny

5 comments on “Ci sono madri e madri.”

  1. ciao Penny,
    già una volta ti scrissi che la forza più grande del mondo è l’amore di una madre. Non è perchè ho una visione antica e idilliaca dell’angelo del focolare, ma perchè è così, la speranza dell’umanità viene dalle madri. Essere madre non è solo un fatto “fisico”, Ho avuto il privilegio di conoscere delle madri che non avevano portato in grembo il loro figlio, ma erano madri. Io sono contro il sessismo, lo considero una malattia, ma questa è la differenza delle donne, la loro possibilità di essere madri…che forse un pò invidio, anche se può essere un peso enorme.
    Un abbraccio

    • Credo che sia così. Partorire un figlio e il legame che si crea è qualcosa di inspiegabile…ma non potendo essere nei panni dell’altro…

  2. Se fossi vicina a te ti abbraccerei e non mi staccherei mai da te
    Grazie per questo post bellissimo
    E auguri di buona Pasqua,a te e a tutti coloro che vogliono stare accanto

  3. …eccomi, Penny.
    Questo post lo volevo commentare subito ma lo posso fare solo ora.

    Quando è nato il mio primogenito, ho sentito potentemente dentro di me che insieme a lui sono nata anch’io: io ho dato vita a un Figlio, lui ha dato vita a una Madre. Mi sono sentita, di colpo, come una Madre del mondo.

    Per esempio, ricordo distintamente il dispiacere di non aver potuto parlare con mia nonna del suo essere madre (di nove figli, in piena seconda guerra mondiale). Lei era nata nel 1911 e l’ho persa nel 2000, ma fino a quel tempo non ero nata come madre. Ancora non ero in quel “livello di coscienza”…
    Ricordo distintamente il dolore “materno” quando, nel Natale 2003, ci fu un terremoto fortissimo in Iran che fece migliaia di vittime: pensavo a quanta vita che se ne andava, quanta fatica materna e quanto amore materno se ne andavano in quelle vittime.
    E mi sento spesso, in molte circostanze, “mamma a prescindere” dal figlio in oggetto. Mamma come livello di coscienza. Ecco.
    Un abbraccio, come sempre molto stretto, da Cuore a Cuore :-*

    • Questa cosa del mamma a prescindere mi ha commosso. Sai, crescendo ho capito che voglio vicino persone come te. Madri a prescindere. Madri dei figli del mondo. Tua Penny

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