Ieri, visto che c’era il sole, ho fatto il cambio armadi. Che per me vuol dire passare dal tetto portare i cappotti di là, dal mio compagno, e prendere i vestiti estivi ripassando dal tetto. Metterli dentro al mio armadio a mezza anta giallo facendo finta che siano nuovi, nella speranza di non essere ingrassata troppo.

Oggi le mie girls sono andate a pranzo con il papà. Il mio tempo è così legato al loro che, quando non ci sono, provo una sensazione di stranezza; non è più un vuoto, lo è stato, ma è qualcosa di diverso, un piacere (perché finalmente ho del tempo per me) macchiato di malinconia.

Non sono mai tranquilla quando sono lontane da me. Mai, fino in fondo. Ma abituarsi fa bene, aiuta a riprendere il contatto con la propria vita per non trovarsi impreparata un giorno e per capire di cosa ho bisogno per stare bene; accudire, a volte, è un alibi per non occuparsi di sé, che farlo è un mazzo.

Comunque ritornando ai vestiti, le due si preparano, una mi frega la maglietta, l’altra la giacca e in due secondi il mio armadio si è svuotato. Come non avere uno spazio intimo di inviolabilità. Tutto ciò che mi appartiene è loro, come fossero ancora nella pancia.

Prima di uscire abbiamo parlato della lettera che ho scritto sul blog, mia figlia grande l’ha letta alla piccola, con intonazione e faccette, ovviamente, per prendermi per il culo.

Le due mi chiamano la Penny…

La piccola, alla seconda frase, già annoiata, ha chiesto: “È finita?”.

La girl bionda, dopo la lettura, mi ha detto seria:“Sai mamma, ogni tanto vado a leggere quello che scrivi, e soprattutto, leggo i commenti”.

Ho pensato: ecco, ora attacca. Invece mi ha detto: “Mi sento come…orgogliosa di te, anche se non so se sia la parola giusta. È bello quello che succede…”.

Allora ne approfitto, perché, spesso mi chiedo se faccio bene a raccontare questi nostri dialoghi, a scrivere di noi, anche se la scrittura richiede verità e io non so fare diverso. Comunque domando: “Vi dà fastidio quando scrivo di voi?”.

“No, io leggo soprattutto i commenti” dice la grande “mi piace sapere cosa ne pensano gli altri”.

“Io non leggo niente”, risponde la piccola;  però mette mi piace su Instagram.

Ho tirato un sospiro di sollievo.

Una sta leggendo il libro e mi ha detto: “Mi prende”.

L’altra è stata chiara: “Io non lo leggo!”.

“Va bene” le ho risposto.

Sono sorelle, così diverse, che mi sembra possibile siano nate dallo stesso padre e dalla stessa madre. Così diverse che le strade per accedere a loro non possono essere le stesse.

Con la grande le parole sono il nostro collante. Ogni tanto si avvicina e si accoccola, ma per lo più sono i discorsi quelli che ci avvicinano e ci aiutano.

Per la piccola, silente e più chiusa, è il corpo ciò che ci avvicina quando ci perdiamo. Lei è quella che la sera si corica su di me. Io quella che una mattina della scorsa settimana è entrata nel suo letto, lei si è fatta piccola, io concava. E siamo state lì, abbracciate, per cercare quello che parole non riescono a dire. Come un incontro necessario per ricordarci chi siamo.

Ci sono tante strade per accedere ai figli. Non importa quali siano. Ogni figlio è un’isola a se stante. L’importante è trovare un modo. Uno solo, per acchiapparli quando sfuggono, per dirgli che gli vogliamo bene. Per ricordargli che ci siamo.

Penny

Sosdonne.com

2 comments on “Pennypensiero: ricordare ai figli che ci siamo.”

  1. Hanno una cosa in comune le tue figlie….hanno una gran mamma, ma credo che questo lo sappiani
    Un abbraccio forte

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