I bambini, ogni tre per due, mi chiedono: “Va bene? Sto facendo giusto?”. Vogliono essere rassicurati di continuo. Che, a volte, ci fa comodo non renderli indipendenti. Loro hanno bisogno di noi e noi ci sentiamo importanti. Come un potere facile facile!

Comunque, alle loro richieste, sarebbe semplice rispondere con un Sì o un No e correggere, con una penna rossa, magari; o con un voto. Intervenire e farlo subito.

Io rispondo così: “Esiste una parola magica, si chiama fiducia. Dovete credere in quello che fate. Finite il lavoro fidandovi di voi”. E non guardo il loro quaderno. Come una piccola spinta.

Le prime volte sono rimasti interdetti, per loro era una “non risposta”, rimanevano con il dubbio di aver sbagliato, ma, allo stesso tempo, dovevano scegliere di procedere, e farlo da soli. Ora si fidano di più e, se sbagliano, sanno che poi si corregge.

I bambini e le bambine hanno bisogno di adulti che si fidino di loro per diventare uomini e donne capaci. Hanno bisogno di occasioni in cui sperimentare l’errore e capire che non succede nulla, se non che s’impara.

Ci ho messo una vita a fidarmi di me, di quello che sento, a dare un nome a ciò che provo e sapere che farne. E questo ha condizionato la mia esistenza, più dei voti che ho preso, del risultato degli esami, del superamento dei concorsi.

Tutte le volte che ho incontrato un adulto, un insegnante, o un educatore, che mi ha incoraggiato, sono andata avanti, mi sono fatta delle domande. Ho messo me stessa nella condizione di migliorare.

Al contrario, non c’è stata una sola volta in cui una mortificazione, una punizione, un brutto voto, in qualche modo, mi sia stato da stimolo, anzi, spesso mi ha bloccato.

Se i bambini e i ragazzi non fanno le cose bene, bisogna renderli consapevoli, far capire loro dove sbagliano. Ma il nostro primo compito, come insegnanti e come genitori, è quello di dare fiducia.

Un professore di mia figlia, durante un colloquio, mi ha detto:” Sa signora, io non chiedo niente ai ragazzi” e con questa frase intendeva che non sa niente di loro.

Lo capisco: ha otto classi composte ciascuna da trenta studenti, non può interrogare ogni ragazzo, e se lo trova impreparato, chiedergli: “C’è qualcosa che non va?”. Però, a volte, è così, c’è qualcosa che non va.

Diciamoci la verità, ci fa comodo ripetere sempre la stessa litania: i ragazzi di oggi sono indolenti, poco interessati, degli ‘sdraiati’.

Forse ha ragione il professore di mia figlia, poche risorse, troppi studenti. Eppure, quella frase mi è sembrata così triste. E uscendo di lì, mi sono chiesta cosa ci aspettiamo dai nostri ragazzi.

Sopravvive che non ha intoppi nella vita. Purtroppo mia figlia qualche intoppo lo ha avuto e non credo sia l’unica, però possiamo far finta che non sia così.

Quante volte vedo genitori gongolanti mentre parlano del ruolo selettivo della scuola. Premiare chi va bene, portarlo avanti. Come una sicurezza. Stare fuori o dentro. Essere buoni o cattivi. Tagliare l’anima in due con un coltello.

Ma qual è l’obiettivo? Perché se l’obiettivo è quello di avvicinare i nostri figli al sapere, di interessarli, incuriosirli, e favorire lo spirito critico, allora ci stiamo perdendo qualcosa. Se lo scopo è quello di punire, manlevandosi da ogni responsabilità. Siamo a cavallo.

Peccato che in mezzo a questo pensiero ci siano loro: i nostri figli, gli adulti di domani. E non è tanto quello che faranno, ma ciò che saranno, a preoccuparmi.

Possiamo però continuare a far finta di niente. A credere che se sbagliano sia colpa loro, a mettere una cattedra di mezzo, usare bastone e carota.

Per quanto mi riguarda continuo a parlare di fiducia ai miei alunni e anche alle mie figlie. Fidati di te, dico, quando le loro incertezze sono montagne invalicabili.

Non basterà a prendere un otto a scuola, ma aiuterà nella vita. Credo valga di più.

E il tempo mi darà ragione.

Ci vedremo tra vent’anni. Vedremo se i quattro, i due meno, i tre più, saranno serviti a qualcosa. O se, invece, i nostri figli ricorderanno le parole buone che sono state riversate su di loro, le attenzioni intelligenti, e cosa li avrà, a conti fatti, spinti in avanti.

E non parlo del successo, quello non dovrebbe interessarci, parlo dell’esistenza, della possibilità di essere uomini e donne buoni, attenti al mondo, partecipi, pensanti.

Uomini e donne che stanno bene.

Penny

Sosdonne.com

6 comments on “Fidati di te.”

  1. Somministro a mia figlia – che in ambito scolastico ha qualche “intoppo” sia a causa della separazione che per la scelta di una scuola molto impegnativa per la quale non la vedevo così pronta – “dosi” giornaliere di fiducia, le dico che il voto che prende non è una misura del suo valore, che se dovesse essere rimandata non sarà la fine del mondo.
    Dall’altra parte, suo padre che scientemente demolisce, riversando su di lei le SUE frustrazioni scolastiche.
    Ma non mi stancherò.
    E sono d’accordo che tra vent’anni raccoglieremo i frutti. Sono sicura.
    Silvia

    • Io credo che cambiando piano le parole, gli atteggiamenti, possiamo cambiare le cose. Certo ci vuole tempo e pazienza. Bisogna perseverare insomma…ce la faremo. Credo. Spero. Sono fiduciosa. Ti abbraccio.

  2. Come sempre…arrivi al centro della mia anima!!!! E pensare che ancora, adesso, ho paura a fidarmi di me stessa. Grazie Penny?

    • Per questo dobbiamo fidarci. Di noi. Di loro. Del sentire. Che se è nostro, ha valore, al di là degli altri. Penny tua.

Rispondi