Venerdì è stata una giornata campale.

Mi sono svegliata alle sei per scrivere la prosecuzione del romanzo. Solo quando il silenzio occupa la casa e non ci sono pensieri, la scrittura è possibile. Poi, si sono svegliate le girls. La più grande, pur con la febbre, è voluta andare a scuola a tutti i costi, per non perdersi una verifica la prima ora. Una cosa da pazzi! Finita la verifica sono andata a prenderla, l’ho portata a casa e l’ho messa a letto. Come quando era piccina.

Ho scritto un articolo che dovevo consegnare per sabato, e alle 11,00 sono uscita per l’ultima udienza, rimandata non so quante volte, che riguardava gli alimenti delle girls.

I giorni precedenti ho cercato di non pensarci troppo. Tutte le volte, l’ansia, il dolore, la paura si mischiano in qualcosa che è davvero difficile da gestire.

L’ho già detto forse, ma non ci credo che le donne portano in tribunale gli uomini perché vogliono punirli. Andare in tribunale, reggere una causa, è soprattutto una “punizione” nei confronti di se stessi. Si sta così male a dover spiegare a qualcuno che non sa niente di te, qual è la tua verità, è impossibile che lo si faccia per uno scopo che non sia quello di ottenere giustizia.

Mi ero preparata un elenco delle cose che volevo dire, per non fare casini. Che io non ho memoria.  Lo preparavo da mesi e indovinate un po’? L’ ho lasciato sul tavolo della cucina.

E quando il giudice mi ha fatto parlare ero così emozionata che la voce tremava. Però ho detto quello che sentivo e pensavo, anche se tremavano pure le gambe. Cinque minuti in cui ho dovuto concentrare una vita.

Lui è arrivato a udienza già iniziata e io sono andata via prima che parlasse. Avevo il treno per Torino. E, in fondo, ne sono stata contenta, certe cose mi fanno male e basta. Ora lo so e ho imparato a salvarmi.

Sono salita al volo sulla moto, ho caricato una mia collega, comprato un gelato in stazione, e raggiunto il binario qualche minuto prima che il treno partisse.

Quando mi sono seduta nello scompartimento, ho pensato che ero contenta di non essere sola. Avere una persona cara vicino a me, come una consolazione.

Sarà stato il caldo ma mi sentivo davvero svuotata. Come se una parte fosse stata tagliata a pezzi.

Sapevo che nel giro di un’ora sarebbe arrivata la sentenza e ho giurato a me stessa che l’avrei chiusa qui. Comunque fosse andata. Otto anni sono troppi anche per me. Le cose accadono e non sempre sono giuste.

Intorno alle quattro mi ha chiamato il mio avvocato. Il cuore batteva, il giudice aveva compreso in pieno la situazione e aveva fatto quello che doveva, il massimo di ciò che poteva.

Non so se la situazione cambierà, ma a questo punto poco importa, io ho fatto quello che dovevo e non mi sono fermata davanti alla paura, all’ansia che mi faceva morire ogni volta un po’. L’ho fatto per me, per le mie ragazze, per le altre donne che non sono riuscite a farlo. A difendere se stesse e i propri figli.

E non c’è nessun biasimo nelle mie parole. Solo comprensione perché so quanto sia difficile.

Mentre ero sul treno, dopo aver chiuso la conversazione con l’avvocato, ho pensato che ne avrei pagato presto le conseguenze, nell’unico modo in cui ancora potevo pagarne le conseguenze, e così è stato. Nessuna sorpresa, se non altro dolore per ciò che resta.

Ora, però, sono più salda e so che posso cadere, farmi male, ma mi rialzerò. Ci rialzeremo. Io e le girls. Ogni volta.

Prima di scendere ho guardato sui sedili. C’era la mia pelle. L’ho lasciata lì e sono scesa. Non mi serviva più.

E alla stazione di Porta Nuova c’era Elsa e il suo sorriso, che aspettavano me. E poi sono venuta da voi. E i vostri occhi mi hanno parlato. E tutto mi è sembrato così semplice da riprendere fiato.

E non c’è niente che nella vita valga più della vita stessa e degli incontri. Niente. E niente ci frantuma per sempre. Tranne la morte.

Devo ricordarmelo, ora che ho cambiato pelle, farne memoria, per avere il coraggio della paura quando succederà di nuovo.

E succederà anche a voi. Di frantumarvi. Più e più volte e di cambiare pelle. Ma non morirete.

Non succederà. Succederà invece che vi vorrete più bene.

Penny

Sosodonne

#ilmatrimoniodimiasorella

11 comments on “Il coraggio della paura.”

  1. Cara Penny, stasera piango, piango tanto. Perché non c’è cosa più vera, una delle tante, dette da te. E che ho provato sulla mia pelle e a cui non mi abituerò mai. Tribunali, avvocati, e quei minuti in cui devi mettere tutta una vita. La tua anima. Una punizione. Quanto è vero. E solo chi tocca, magari sfiora solamente, una di queste, può capire. E ti frantumi. Ti sgretoli. Ma tu dici che saremo più forti. E ti credo. E so che sarà così. Ma per adesso solo…macerie. Macerie. Ma tu sei la mia spinta. Nonostante le tue fatiche. E quindi grazie?

    • Cara Fede, bisogna saper guardare le macerie per costruire. Io ho fiducia. In te. In noi. In questo movimento qui che ci dice: andiamo avanti. Ce la faremo. Tua Penny

  2. Mi ricorderò sempre quando fui convocato dall’ avvocato. Lei snocciolava numeri, aveva tutti i miei numeri davanti. Io ho sempre lavorato coi numeri , ma non riuscivo a seguire, chiusi gli occhi perché si stavano riempiendo il lacrime . Tutta la mia vita andava in pezzi. Volevo solo avere mia moglie vicina, dirle che avevo sbagliato, che ero sbagliato ma che la amavo e che amavo i nostri figli. Mai avrei permesso che mancasse loro qualcosa a causa mia.
    Chiesi all’ avvocato di smettere di lasciarmi andare a piangere, che la prossima volta avrei firmato tutto. Fornai poi tutto.
    Mia moglie poi non portò mai l’accordo in tribunale chissà perché e poi…ma questa è un’altra storia .
    Si Penny hai ragione quella volta non sono morto, anzi è stato l’inizio di una rinascita.

    • Crediamo di esserlo e proprio quando pensiamo di non farcela , di essere arrivati a un punto morto. Proprio nel dolore rinasciamo e di solito siamo persone migliori. A presto Cinzia

  3. Rinascere dalle proprie ceneri,mille e ancora mille volte. La nostra catarsi. La nostra forza. Rinascere ogni volta piu forti anche se più segnate dal dolore. Congratulazioni non per i tuoi traguardi ma per il cammino che ad essi ti ha portato. Perché ti ha fatto cambiare pelle e questa nuova pelle,fatta di coraggio , sono certa ti si addica come mai è stato. La vecchia pelle,quella fatta di paure, è stata abbandonata su quel sedile,ormai non è più tua e non dovrai vestirla più. Sei in gamba,e di aiuto grande,per tutte noi. Ti abbraccio

  4. “Sarà stato il caldo ma mi sentivo davvero svuotata” accogliamo a braccia aperte questa sensazione perché proprio a partire da quel “vuoto” ci sarà un nuovo inizio. Buona nuova vita, allora.
    Silvia

  5. Sono contenta per te e le figlie!!!E’ una nuova vita forse più difficile ma più tua più vissuta più intensa: Sappi cogliere tutti i lati positivi perchè ce ne sono sempre, piccoli,piccoli un pò nascosti ma ci sono.
    Convivi con ql che non ti piace che tanto col tempo cambierà..solo non si sa tra quanto tempo.
    Le difficoltà servono a rendirci individui migliori..dicono e allora vediamola così…ogni giorno anche se non sarà sempre così nitido.
    Abbraccione

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