Per me questo è tempo di clausura. Tempo di scrittura, romanzo e silenzi.

E questa solitudine ogni tanto fa male. Spaventa un po’. È come se, in alcuni momenti, riuscissi a guardare le cose solo da un punto di vista, quello della solitudine.

Mi rendo conto, che mi basta voltare lo sguardo, per capire che quel senso di vuoto esiste sempre. E che non ci posso fare niente. Anzi, alla fine sapere che c’è, esserne consapevole, aiuta.

Comunque, mentre la piccola era in campagna da mia mamma, chè si è trovata la compagnia e chi la riprende più, l’altra stava tornando dalla route.

Era una settimana che non la sentivo, per lei era veramente un’esperienza nuova. Zaino, montagna, cammino.

Mi ha chiamato, che era sull’autobus di ritorno e e mi ha detto: “Mi sono fatto un mazzo, mamma! Mi sono massacrata, ho camminato e camminato, un giorno cinque ore di salita. Mi mi si è rotta la tenda, ci siamo riparati sotto una tettoia di un rifugio, ed ero fradicia”.

Parlava e parlava, poi ha aggiunto: “Non so mamma, ho visto dei posti così belli. Mi sono fatta un sacco di domande sulla vita, sull’essenzialità, su quello che conta” e io mi sono commossa per le cose che diceva, perché penso sempre a chi una casa non ce l’ha, un posto in cui stare non ce l’ha; e perché non ha aspettato di arrivare a casa per dirmelo, ma, appena le hanno ridato il telefono, mi ha cercato.

E allora, ho pensato, che è proprio così,  con i figli e nelle storie d’amore, c’è solo una possibilità per volersi veramente bene, ed è quella di lasciarsi liberi di essere.

Di non trattenere, di non pensare che l’altro può essere felice solo se gli siamo accanto. Se fa le cose con noi, fino ad amalgamarci, ché non si capisce più niente.

Poi, prima di chiudere la conversazione, mi ha chiesto:” Ti sono mancata?”.
Diciassette anni e mi chiede se mi è mancata.

Ha bisogno di sapere che l’abbraccio dato a sua sorella, una settimana prima, sarà lo stesso. E lo sarà. Avrà la stessa intensità.

“Certo” le ho risposto “mi sei mancata tantissimo e non vedo l’ora di rivederti”.

Quando ci siamo riviste era una giovane donna. Io non ci sono stata per una settimana e lei è cresciuta. Lo ha fatto lontano da me.

E io penso al fatto che avevo così paura di non essere famiglia per lei e per sua sorella, fuori dal matrimonio.

Avevo paura e ho una paura fottuta di non essere una madre adeguata, un giorno sì e l’altro pure, quando, mi è sempre più chiaro, che c’è famiglia dove c’è amore.

Che c’è famiglia, per quanto ne dica qualcuno, non dove ci sono dei ruoli prestabiliti, madre e padre, ma dove ci sono le persone “prima” dei ruoli.

Persone che cercano di essere felici e che si amano. E lo fanno lasciandosi liberi. Perché non c’è niente come la felicità e l’amore che vadano guardati. È così che si apprendono. Attraverso la pratica.

Guardano i figli e provano ad occuparsi della loro felicità, se noi ci occupiamo della nostra.

E poi succede che una domenica d’agosto tu pensi di non essere poi così male, nonostante la sofferenza causata, nonostante i nonostante.
E trovi delle risposte. Quelle che cercavi.

E pensi alle scelte, a quelle di tempo prima e sai che va bene così.

Finalmente puoi andare al mare, magari quello del sud, fare un tuffo dal trampolino. Il bicchiere è mezzo pieno.

E loro sono lì. E non importa se nuoteranno nel tuo stesso mare oppure no, ma un giorno torneranno e ti chiederanno se ti sono mancate e faranno un tuffo con te.

E le cose, solo per un attimo, sono dove devono essere. E domani avrai di nuovo paura, ma che importa! Perché ti ricorderai che c’è stato un giorno, un attimo, in cui hai sentito che non sei poi così male, e te lo ricorderai.

Come si ricordano le cose che creano memoria. E nella somma dei giorni, mi sa che contino.

Penny
#ilmatrinoniodimiasorella

4 comments on “Il tempo in cui non siamo poi così male.”

  1. Sono felice per te , per la consapevolezza che solo il tempo ti poteva dare, di avere fatto le scelte giuste. E sono felice per me che la penso come te sulla famiglia. Un abbraccio.

  2. E così dopo alcuni confronti sul concetto di famiglia, devo dirlo “colpito e affondato”.
    La frase c’è famiglia dove c’é amore è fondamentale. Non ero d’accordo con te su vari commenti che legavano l’idea di famiglia che sopravvive alla coppia. Non riesco ancora ad ammettere che sia così, il dolore della perdita e il fallimento di un progetto mi portano a vedere queste situazioni non come la famiglia ideale nata dall’idea di fare un cammino insieme, al quale poi si possono aggiungere altri partecipanti.
    Ma allo stesso tempo mi rendo conto che non esiste la famiglia perfetta ed allora sì, aldilà della coppia, è l’amore che tiene in piedi tutto, anche la famiglia.
    Ciao, Giuseppe

    • Caro Giuseppe, io avrei voluto che la nostra famiglia sopravvivesse alla coppia. Così non è stato. Per me questo è il grande dolore, perché abbiamo provato le nostre figlie dell’essenziale. Detto ciò mi chiedo cosa sia cambiato nella tua vita…perché qualcosa credo sia cambiato. Comunque grazie di avermi scritto, non sai quanto lo apprezzo. Grazie Penny

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