Per Natale il mio compagno mi ha regalato un tatuaggio. Sapeva che non avrei mai avuto il coraggio di usare dei soldi per farmene uno, così, ci ha pensato lui.

Essendo una fifona e avendo una soglia del dolore molto bassa, ho fatto passare qualche mese, inoltre, per me non era una banalità.

Ho passato l’adolescenza chiusa in una teca, certa che solo alcuni comportamenti prevedessero il paradiso e la relativa felicità come premio. Farsi un tatuaggio non rientrava in quei comportamenti buoni.

La voglia, il desiderio di un tatuaggio mi è venuta alcuni anni fa, proprio come Agnese, la protagonista del mio romanzo.

L’ho detto tante volte, per me la vita dovrebbe iniziare ai 40 anni, dopo i fallimenti, dopo le certezze, dopo il castello di sabbia che crolla.

Intorno alla metà della mia esistenza ho iniziato a pensare a cosa potermi concedere, a cosa potermi permettere senza sentirmi giudicata. Il tatuaggio fa parte di questo percorso.

Io, che non ho mai amato il mio corpo, che faccio fatica a guardarmi allo specchio, ci incido un simbolo. Anzi due.

Mi è sembrato un bel modo per iniziare a giocare con me.

Comunque, venerdì sono passata per prendere un appuntamento e ho messo subito in chiaro che non lo volevo troppo grande, che, appunto, avevo una soglia del dolore bassa, che non sapevo bene che cosa fare e né dove. Mi sarebbe piaciuto nelle braccia ma sono troppo molle?

Ma, soprattutto, non mi interessava che lo vedessero gli altri, volevo vederlo io.Il tatuatore mi ha ascoltato e serio mi ha risposto: “Forse dovresti andare da uno psicologo!”.?

Avrei preso la porta e me ne sarei andata, ma non l’ho fatto, invece ho preso appuntamento per il giorno dopo e per tutta la strada mi sono lamentata con il mio compagno per la sfacciataggine di quell’uomo.

Comunque, il giorno dopo, non proprio rilassata e con le idee per niente chiare sono andata a farmi ‘sto tatuaggio. Pronta alla guerriglia.

In realtà il posto era davvero suggestivo, almeno per me. Le luci erano soffuse, lui non era terribile come l’avevo immaginato, anzi.

Mi ha ascoltato ma ha cercato di farmi decidere in autonomia perché in tutte le cose, quello che tendo a fare è affidarmi agli altri più che a me stessa.

Sono andata lì con alcune idee e come spesso mi accade, ho fatto tutt’altro.

Ho scelto una rosa e non so perché, gli ho chiesto di tatuare anche le spine. Avevo immaginato per me un ramo con un fiore più romantico, invece, ho scoperto che non mi dispiace riuscire a difendermi. Le spine mi servono.

Per tanto tempo non ho messo confini tra me e l’altro. Nessuna difesa. Non sapevo contenermi.Ora so che è necessario trovare un limite, definire il proprio contorno. Sapere chi siamo e difendere un po’ quel territorio, che magari è imperfetto, ma nostro.

A volte invece crediamo che l’amore, così come il resto, sia il luogo dove concediamo tutto ed è così che ci perdiamo.

Comunque, sono stata bravissima, non ho nemmeno urlato ?, anche se ero terrorizzata.

Poi, gli ho chiesto se me ne faceva un altro piccolino sul polso. Su quello non avevo incertezze. Mi ha tatuato un cuore. Non è chiuso ma aperto a ciò che deve ancora venire.

Ovviamente le girls quando gli ho detto che mi sarei fatta un tatuaggio hanno strabuzzato gli occhi. Per loro sono decrepita, andata, finita. Una vecchia.

Quando sono tornata a casa, però, erano curiose e anche un po’ emozionate e hanno subito voluto che mi togliessi la fasciatura.

“Ci sta” mi ha detto la piccola.
“Sì, poi il cuore ha un senso” mi ha detto la grande.

Vorrei che non ci mettessero 47 anni a decidere che uso fare del proprio corpo, a giocarci un po’, a sperimentare, potrebbe essere un tatuaggio, un ritratto, un vestito, qualsiasi piccolo desiderio. Che non c’è un modo giusto di essere, proprio non c’è.

Vorrei che sapessero solo sentirsi. Senza giudicarsi. A legittimarsi insomma. Sia nelle scelte più futili che in quelle più importanti.

Per molta parte della mia vita ho giudicato tanto, in primo luogo me stessa e ho scelto, a volte, senza chiedermi se, quelle scelte, avessero davvero un valore per me.

Da quando nasciamo ci insegnano ad essere belle e noi ci preoccupiamo di esserlo. Come un’ossessione.

A 47 anni faccio le cose per me. Solo per me. E da quando succede mi sento così bene che non so descrivervelo.

Se potessi fare una fotografia, una di quelle sincere, il fermo immagine racconterebbe una storia.

Quella di una donna che impara a volersi bene e anche se fa una fatica matta, ci prova ogni giorno un po’ di più.

Si permette concessioni. Si perdona. Insomma, prova a sentirsi. Più che a piacere.
PennyPS: della serie un coraggio!?

12 comments on “Dopo i quarant’anni. Provo a comprendermi più che a piacere.”

  1. Bellissima la foto! Mi fa morir dal ridere, in senso buono, non che rida di te, sia chiaro. É che esprime benissimo quel mix di incertezza, paura del dolore e che cavolo sto facendo! Cmq io vorrei vedere una bella foto di entrambi i tatuagi, il cuore soprattutto!!! Un abbraccio ?

    • Ho provato a fare le foto ma la mia pelle da vicino è terribile. ??‍♀️. Comunque ero terrorizzata. Bacetti Penny

  2. Brava! Hai fatto bene. Io il tatuaggio l’ ho fatto a 30 anni…ormai ero lontana dai miei. Qd mia madre l’ ha visto mi ha detto ” Fattelo cancellare!!”???

  3. A 40 anni pieni ho deciso di recuperare la mia passione per la bici. Sono entrata in un mondo quasi tutto al maschlle. Almeno dalle mie parti. Che fatica far accettare la mia scelta. Ma non sarei mai tornata sui miei passi. Ho finalmente il mio spazio di libertà
    Comunque, sei grande. Non avrei mai avuto il tuo coraggio! ❤

  4. E’ incredibile come, ogni volta, tu riesca a dare voce ai miei pensieri. Poi mi dico che non è incredibile proprio perché succede ogni volta. La vita vissuta alla ricerca di una perfezione mai raggiunta e poi la ricerca di una consapevolezza che mi concedesse di sbagliare. Io il tatuaggio l’ho fatto molti anni fa inseguendo un desiderio e una motivazione anche a me ignota, per poi riconoscerne il significato, a distanza di tempo, racchiuso in una frase…..”Tatuarsi significa regalare qualcosa a se stessi, qualcosa che nessuno può portarti via. Per sempre”. Grazie Penny

  5. ci sta! Ci sta una rosa con le spine, ci sta un cuore
    Ci sta tutto quello che hai sentito l’ attimo prima di imprimere e che avrai bisogno di riguardare per farti coraggio e ricordarti chi sei. i tatuaggi sono per sè, mica necessariamente un marchio da esibire. che poi che ne sa la gente di cosa sono per te una rosa e le spine?
    grande coraggio Cinzia!

    • Faccio così fatica a volermi bene, a volte. Sto imparando, passo dopo passo. Recupero il tempo perduto che, in fondo, perduto non è mai. Grazie Penny

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