“Sono una mamma”.

Io quelle che si presentano cosi non le reggo. Lo so che non è sensato. Ma proprio non mi va giù.

Sono una mamma. È un brand? Un timbro di autenticità?
Avete mai sentito dire ad uomo, quando si presenta, sono un papà?
Solitamente è il lavoro che determina gli uomini, mi sbaglio?

Dovremmo pensarci a cosa siamo. Al di là della maternità.

E, comunque, lasciatemelo dire: esistono anche le madri stronze, quindi…

Trovare le parole per definirsi al di là dei figli che tanto amiamo, è importante, fondamentale, direi.

Ci aiuta a non disperdere la nostra vita dentro la loro. Anche se non lavoriamo e stiamo a casa, ad occuparci dei figli, anche se il lavoro che facciamo non ci piace, c’è ci deve essere qualcosa di solo nostro che ci tuteli e non ci risucchi.

Noi siamo sempre qualcosa d’altro. Qualcosa che non è necessariamente il nostro stare solo dentro alla maternità. Dentro al dentro in cui la società ci riconosce.

Trovare le parole per definirci, vuol dire ampliare il linguaggio, cercare proprio quelle giuste che non sono di altri, ma nostre. Provate. Mettetevi davanti allo specchio e trovare ciò che vi appartiene.

Non sarà facile, perché, a volte, i ruoli imposti, auto-imposti sono ciò che ci definiscono, ma non dovrebbe essere così.

Dovremmo trovare lemmi che parlano di noi, in modo che le parole possano diventare atti potenti per salvaguardare il nostro tempo, quello oltre la cura.

In fondo siamo tante cose. In fondo basta cercare ciò che siamo. Ci vuole tempo e determinazione.

Per quanto mi riguarda la maternità è un aspetto di me, non è la prima cosa di cui parlo.

Ci sono donne che non si sanno più trovare se non dentro ai figli, ai successi dei figli, alle loro attività. Una vita organizzata. E mentre lo dico, non credo di togliere niente alle mie figlie, anzi tutt’altro.

È quell’egoismo sano di cui ho cercato di parlare, lo stesso che ci porta a lasciare un uomo se non lo amiamo più.

E, mentre mi leggerete, magari, qualcuna di voi penserà che le mie sono banalità. Ma non lo sono. La maternità spesso è una sedia da cui è difficile alzarsi. È gratificante e ci riempie e, agli occhi della società, semplicemente ci colloca.

Ma, spesso, esiste il rovescio della medaglia: ovvero la mancanza di altri spazi in cui poterci collocare e la colpa. Quella maledetta colpa se vogliamo sederci altrove, cercare un posto senza un bambino in braccio e l’altro sulla schiena.
Qualcuno leggendo penserà che non amo abbastanza le mie figlie, che sono una madre egoista.

Ma è proprio perché le amo tanto che so di dover amare, soprattutto, me stessa e fare in modo che lo spazio che sceglieranno nel loro futuro non sia solo il trono della maternità.

Vorrei con tutta me stessa che si guardassero in giro, che valutassero tutte le opzioni concesse, che allungassero lo sguardo verso le poltrone occupate da decenni dagli uomini.

Vorrei che quella di diventare madri non fosse l’unica declinazione possibile.

Abbiamo bisogno di donne in grado di essere orizzonte politico ed economico.

Non abbiamo bisogno di essere madri glamour o giù di lì.

Abbiamo bisogno di amare i nostri figli, se ne abbiamo e poi occuparci di noi. Della nostra vita e del nostro essere.

Alzarci da quella poltrona e occuparne altre, quelle in cui, da secoli, sta seduto qualcun altro.

Sono una madre egoista? Sì. Se per egoismo s’intende non essere tutta madre. Solo madre.

Che fa comodo così.

Penny

6 comments on “Sono una madre “egoista”.”

    • Cara Sabrina l’avevo visto. La maternità per me non è un lavoro né una missione. Una scelta consapevole, per alcune, per altri meno.
      Le madri si fanno un mazzo enorme, su questo siamo d’accordo, ma il mio articolo andava in un’altra direzione, di rispetto e parità tra uomini e donne. E riconoscimento dei bisogni di entrambi.
      PS la maternità, per quanto mi riguarda, non ha niente a che fare con la rinuncia e il sacrificio. È un onore essere madre delle mie figlie ma nel contempo ciò non deve escludere alla realizzazione della mia persona. Sarebbe stato bello se in quel post ogni tanto compariva un uomo, non dietro una scrivania ma accanto alla madre. L’ho trovato sessista.
      Penny
      Grazie della riflessione.

      • Grazie Penny per avermi risposto.
        Ho letto tutto il tuo articolo, ne ho capito benissimo il senso e chi lo legge e pensa che tu sia una madre egoista o che non ami abbastanza le tue figlie è solo una persona molto superficiale.
        Ho imparato da sola e in maturità che esistono due tipi di donne e due tipi di uomini.
        Ci sono donne che già da bambine, senza nessuna imposizione culturale, hanno per indole, per inclinazione naturale, il desiderio di realizzarsi, prima di tutto, creando una famiglia con il proprio compagno di vita e come madri e solo in seguito in una professione lavorativa.
        E ci sono donne che già da bambine, senza nessuna imposizione culturale, hanno sempre per indole, per inclinazione naturale, il desiderio di realizzarsi prima di tutto facendo una professione lavorativa, e solo in seguito a creare una famiglia.
        Lo stesso vale per gli uomini.
        Ci sono uomini che danno la priorità al realizzarsi in una professione lavorativa, e ci sono uomini che danno la priorità al crearsi una famiglia e a diventare padri.
        Ecco, è proprio di priorità, di bisogni, di inclinazioni naturali, che bisogna parlare.
        Ne ho conosciute diverse di donne, di diversa estrazione sociale e culturale e anche affermate nella sfera lavorativa che si presentano dicendo: “prima di tutto io sono mamma e poi sono anche commercialista (per esempio)”.
        E altre: “io sono avvocato, medico, ragioniera ecc., e ho anche due figli”.
        Da giovane non capivo che ognuno di noi ha nella propria scaletta, delle aspirazioni primarie, dei desideri da realizzare nella vita diversi, e magari ci facevo qualche commento.
        Ma ora capisco.
        E sulle inclinazioni naturali non si discute, ma si rispettano.
        Nessuno è meglio di un’altra o di un altro.
        Quello che ha fatto scattare la mia risposta è la tua frase: “Sono una mamma”.
        “Io quelle che si presentano così non le reggo.”
        E quindi ho sentito il bisogno di fare solo una precisazione sul fatto che i bisogni sono diversi da donna a donna e da uomo a uomo. Generalizzare è sempre sbagliato secondo me proprio perché abbiamo teste diverse.
        Per quanto riguarda la famosa parità tra uomini e donne, penso che anche lì non si può generalizzare, ma bisognerebbe essere un po’ più profondi.
        Io sono per il rispetto dei bisogni, e dei diritti di tutti sia di sesso femminile che maschile.
        E dire: “esistono anche le madri stronze”, non è molto carino soprattutto detto da una donna, in un mondo dove è essenziale la sorellanza, la complicità, la collaborazione e soprattutto la comprensione fra donne.
        Condivido pienamente che ognuno di noi debba avere un hobby una passione un qualcosa di solo nostro che ci tuteli e non ci faccia risucchiare dalla famiglia dal lavoro, ma che invece ci fa distinguere dagli altri.
        Un’ultima cosa.
        Per quanto riguarda il link che ti ho condiviso, penso che sia meraviglioso. Mette a fuoco e denuncia il problema delle donne che hanno voluto per prima cosa creare una famiglia, che debbano essere penalizzate poi nella ricerca di una posizione lavorativa. Ma sottolinea anche il fatto di quanto una donna che si è occupata della crescita dei propri figli, possa essere un valore aggiunto nel campo lavorativo, o solo per le sue innate capacità di madre o solo perché le abbia sviluppate.
        Il sessismo non centra niente.
        Un uomo che ha dei figli, un padre, non viene penalizzato nella ricerca di un’occupazione e la sua figura nel video sarebbe stata fuori luogo.
        Grazie di nuovo per la tua risposta ed è stato un piacere leggerti.

Rispondi