Alle ragazze insegniamo, innanzitutto, a sforzarsi di piacere, poca è la possibilità di esprimere rabbia e di dissentire con forza.

Se succede, se hanno una dose giusta di aggressività, quella che permette di emergere, si dice subito che “hanno le palle” e le si colloca dentro alla mascolinità.

Le spingiamo a stare un passo indietro, possono avere successo, ma non troppo. Posso essere seducenti, ma non troppo.

Brillare, ma non oscurare la virilità dei loro compagni maschi.

Alle ragazze insegniamo ad aspirare al matrimonio, a fare dei figli, avere una famiglia.

Se a una certa età una donna non è ancora spostata la società la considera “una fallita”.

Se un uomo non è ancora sposato è perché non ha ancora trovato la donna giusta, non ha ancora fatto la sua scelta o ha dedicato tempo alla realizzazione personale.

“Se continui così non ti sposerai mai“! è un avvertimento che usiamo solo per le donne, non per i ragazzi.

Insegniamo a trattenere. A coprirsi, chiudere le gambe, a stare composte. Installiamo il senso di colpa. In poche parole sono legittimate a non desiderare, se lo fanno, sono additate come “zoccole” o poco di buono.

Se un ragazzo sta a torno nudo, mostra i muscoli e se ne vanta è virile. Punto.

Insegniamo a simulare. Esprimi il tuo pensiero ma con prudenza. Pensa bene a quello che dici. Nessuno scatto d’ira. Così, a volte, le nostre ragazze non sanno dare un nome a ciò che provano davvero.

Imparano a fingere e a mentire, soprattutto, a loro stesse.
Poi si stancano e i compagni, mariti o fidanzati dicono: “Non ti riconosco più, sei cambiata”.

Non hanno capito che non sono cambiate, hanno solo smesso di fingere e farsi andare bene tutto.

Alle ragazze insegniamo ad accettare i compromessi. “Succede in tutte le coppie, cerca di capirlo è stanco, lavora tanto”.

E ancora…un dirigente, un capo-ufficio… deve essere autorevole (tranne aspettarci da un capo-donna un’attenzione agli aspetti emotivi).

Insegniamo che devono essere controllate. Torna con qualcuno. Non passare di lì. Non provocare.

Insegniamo che non possono fare o parlare di sesso come i ragazzi, le consideriamo facili, osannando “la verginità”, per quanto riguarda i ragazzu diciamo “che ci sanno fare”. Gomitate e occhiolino sono all’ordine del giorno.

Alle ragazze insegniamo a conciliare. Cercati un lavoro in cui non devi rinunciare alla famiglia. Che importa se rinunci alle ambizioni, quelle spettano agli uomini.

Insegniamo che l’amore supera ogni cosa, se sapremo farci amare, cambieremo il compagno che abbiamo davanti, anche quando non ci rispetta o peggio, siamo noi che dobbiamo prenderci cura del suo ego e farlo sentire importante.

Insegniamo alle ragazze a immaginare di aver bisogno, a immaginarsi fragili, bisognose di protezione.

Una ragazza deve scontare il fatto di essere ragazza. Nella ricerca della sua felicità, delle sue aspirazioni, delle sue attitudini, il genere conta. Annulla o quasi le capacità individuali, e se una donna riesce a realizzarsi, comunque la paga. In termini di solitudine, a volte. Spesso di giudizio.

Il problema rimane: qualcuno ci dice come dobbiamo essere e come dobbiamo comportarci invece di permetterci di scegliere in base a ciò che siamo.

Dovremmo tenerlo a mente quando educhiamo le nostre ragazze e ancora di più quando educhiamo i nostri ragazzi.

Perché l’esistenza sia un “gioco” alla pari e non uno squilibrio di genere, in cui la vittoria non sia solo una grande ingiustizia.

Penny

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