La verità è che bisogna sempre permettere alle persone di sorprenderci e quando non ci sorprendiamo più così, quando non ci indigniamo più è un problema. Nostro, direi.

Ieri sera sono andata a una cena condivisa in una piazzetta del centro storico.

L’occasione per festeggiare era la finale di una partita di pallavolo dopo settimane che squadre più o meno improvvisate di cittadini qualunque si gareggiavano all’interno della piazza.

Non ci sono soldi dietro ‘sta roba, solo l’iniziativa di alcuni cittadini sensibili di tenere in piedi un quartiere, far rivivere una piazza e mettere insieme le persone.

Io ci sono andata con la mia girl piccola, lei ha trovato subito dei suoi amici, nel nostro centro storico si trova sempre qualcuno che si conosce.

Si è giocata la partita, non mi ricordo che squadra abbia vinto, so che a un certo punto, come al solito, ero nel posto sbagliato al momento sbagliato, mi sono messa tra la palla e il muro e ho fatto perdere un punto a una delle due squadre??‍♀️.

Poi si è tolta la rete, si è materializzata una tavolata nel centro della piazza ed è comparso il cibo, come per magia.

Ognuno ha fatto qualcosa, io ho portato solo una bottiglia di vino ?, e mentre assaggiavo del cibo meraviglioso, tipo una panissa da urlo, un po’ mi sono vergognata per la mia pigrizia nel cucinare, ma solo un attimo, invece, mi sono commossa della generosità delle persone.

Faccio qualcosa per qualcuno, non so se piacerà, ma condivido, metto insieme. E so che magari passerà di lì gente che non c’entra niente, magari che vive in strada, come effettivamente è stato, e si abbuffa, ma non mi importa. Ed è bellissimo. C’è cibo in abbondanza. Posto per tutti.

Così, mentre io e la girl piccola stavamo camminando in via Garibaldi per tornare a casa, pensavo alle persone, a chi ha organizzato tutta questa cosa, ed è proprio vero che gli altri sanno sorprenderci, la vita lo sa fare se glielo permettiamo.

Lei, la piccola, ha iniziato a parlare, ha raccontato di sé. C’era caldo e lei parlava, è un periodo che sente di stare meglio con i maschi e mi dice:” Ma’ le femmine sono noiose”, così le ho solo risposto che deve stare con chi la fa sentire bene, questo è l’unico criterio importante sia nell’amicizia che nell’amore.

A me non importa se esce con tutti maschi ed è l’unica femmina, mi fido di lei e della sua capacità di scegliere.

Camminavamo, c’era un cantante di strada, una luce che a me sembrava soffusa, ma forse è solo nel ricordo, lei era così bella. E non perché lo sia sul serio, o meglio, io non lo so, sono sua madre! Era bella per quelle parole che le uscivano leggere su se stessa.

A un certo punto ho ricevuto una telefonata, era il mio compagno che mi chiedeva dove fossi, anche lui aveva passato la serata con sua figlia, mare e pizza, voleva farmi una sorpresa, credo, perché me lo sono visto lì, mentre parlavamo al telefono, che ci veniva incontro. E un po’ il cuore batteva, che sembra stupido dirlo a 47 anni.

“Continuo dopo” mi ha detto la piccola appena l’ha visto, gli ha sorriso e io ho proposto un gelato.

Abbiamo finito di fare la strada insieme e quando io e lei siamo salite in moto la piccola ha preso a parlare. E c’era l’aria che mi colpiva il viso e la sua voce. E mi teneva stretta.

Mentre lei parlava fitta, ho pensato che i figli hanno solo bisogno di essere ascoltati. Che non hanno necessità di risposte ma di un cuore in ascolto. Come noi d’altronde.
Lei non voleva niente da me, era come un parlare ad alta voce, io non avevo necessità di darle niente.

Tutto quello di cui aveva bisogno era già dentro di sé. E non mi sentivo inutile, non avevo grandi consigli da dare, mi sentivo una madre e basta.

Ha smesso di parlare quando siamo arrivati a Spianata, si è fatta pagare un gelato e ha cercato subito ai suoi amici.
Non aveva più credito e la strada per tornare a casa è buia, quindi, a malincuore, ho chiesto a due suoi amici se l’accompagnavano sotto al portone.

Ecco, questo mi dispiace, doverla affidare a qualcuno perché è femmina, se fosse stato maschio non l’avrei fatto. Invece, la paura che qualcuno le faccia del male è sempre lì, in agguato. E lo so che è assurdo e solo il fatto di scriverlo fa male, ma la possibilità dello stupro nella mia testa esiste e non perché sia matta, ma perché accade.

Mi sono mangiata il gelato con il mio compagno e poi siamo andati a casa, ognuno nella sua.

Mi sono sdraiata nel mio super divano letto, ma solo quando entrambe sono tornate, quando ho sentito le chiavi nella toppa e un semplice ciao, ho chiuso gli occhi e ho iniziato a prendere sonno.

È allora che ho ricordato.

Io e lei camminavamo leggere in una via della nostra città, eravamo femmine e libere. E non c’erano lezioni da dare o da ascoltare. Bastava esserci.

Ed è stato bello, pensare che lei mi supererà, sarà migliore di me, è questo che fanno i genitori, lasciano lo spazio ai figli, indietreggiano se è il caso, affinché ciò accada.

Penny ❤️

4 comments on “Una sera qualunque. Una madre, una figlia. Femmine e libere.”

    • Siete generosi e bravi. Volevo metterci una foto ma non l’avevo. L’anno prossimo ci organizziamo in anticipo, perché, avete avuto un’ idea meravigliosa che mette insieme e dovrebbe essere di esempio. Un abbraccio ♥️

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