Ogni donna che passa da questo blog sa quanto struggimento ha provato per decidere di arrivare a una separazione.

Quante volte ne ha parlato prima con il proprio marito ed è stata sminuita.

Quante richieste di sos ha lanciato al partner.

Quanto ci ha messo a convincere se stessa che ascoltare il proprio sentire fosse la cosa giusta.

Quanto giudizio sociale l’ha sotterrata.
Quante parole di sdegno ha ricevuto.
Quanti sensi di colpa rispetto al procurare infelicità al partner, ma, soprattutto, ai figli.

Quanto sia diventata, all’improvviso, una madre incapace.

Una donna che si separa sa di essere stata, almeno una volta, considerata una testa di cazzo, una stronza, un’egoista, una che non ragiona con la propria testa.

Una donna che si separa subisce una violenza psicologica non solo da suo marito ma dal contesto sociale.

E non serve separarsi per sapere quanta fatica fa una donna qualunque ad esprimere il proprio pensiero, ad effettuare i propri desideri, a lavorare, a volte.
“Sei ancora lì?” le dice il marito se tarda in ufficio. Come se il lavoro fosse tempo per sé.

Una donna qualunque sa che, rispetto al partner, la sua situazione di inferiorità economica le condizionerà la vita.

Noi siamo quelle che lavoriamo un tempo quotidiano più breve, perché dobbiamo conciliare la famiglia, oppure il lavoro lo abbandoniamo proprio, siamo quelle che a parità di mansione guadagniamo il 23% in meno, così, solo perché siamo donne.

Questo per dire che se una donna va da un avvocato per avviare le pratiche di separazione ha già deciso, ed è stato un tormento durato anni ed anni e prima le ha provate tutte, proprio tutte.

A lei verrà data la colpa della chiusura della relazione. Lei sarà quella più debole, per tutti i motivi di cui ho parlato prima e la più povera.

Ecco, oggi ricomincia l’esame del ddl Pillon in commissione Giustizia a palazzo Madama. Molte associazioni femministe e movimenti sociali hanno indetto una conferenza stampa per chiederne il ritiro intorno alle 16,30.

Quel ddl incombe su di noi e se verrà approvato sarà una catastrofe.

Ora, non pensiamo alle donne a cui viene fatta violenza (tutte le volte in cui ne parliamo veniamo additate come esagerate), parliamo di noi, perché questo ddl ci riguarda da vicino.

Cosa succederebbe, con questi presupposti, se dovessimo affrontare una mediazione ( a pagamento tra l’altro), continuando a ripetere che non amiamo più l’uomo che abbiamo di fronte, che ci abbiamo provato e riprovato e stiamo male? Cosa succederebbe quando torniamo a casa dopo una seduta? Cosa ci direbbe il partner? Come ci farebbe sentire?

Staremmo sempre più male, alcune di noi rinuncerebbero, altre ne uscirebbero distrutte, quelle che subiscono violenza fisica non si smarcherebbero più.

Il risultato? Siamo noi con la mediazione proposta dal ddl a non avere più scampo. Niente separazioni.

Altro punto: tempi paritetici. È vero, adesso i giudici stabiliscono un tempo maggiore dei figli di permanenza dalla madre, ma mica perché sono dei coglioni o ce l’hanno con i padri, semplicemente, perché, tutelano i diritti del minore, ovvero, quasi in tutte le famiglie italiane chi si occupa della gestione del figlio ( visto che guadagnano di meno, visto che lavorano meno tempo) sono le madri.
Due più due fa quattro. Quindi, di cosa stiamo parlando?

Di un tentativo terribile di annullarci ancora, di tapparci la bocca, di non permettere di smarcarci da situazioni di sofferenza, in nome di quella famiglia che osannano, ma che, per alcune, è luogo di dolore. Per altre, addirittura di morte.

E non vogliono sentirselo dire, ma se una donna che prova a lasciare un uomo viene uccisa, picchiata, bruciata, vuol dire che questo Paese ha un problema con le donne.

Se un governo propone un ddl di questo tipo vuol dire che la nostra cultura è sessista e maschilista fino al midollo.

Quindi, vi prego, facciamo una chiamata “alle armi” del coraggio e facciamo in modo che la nostra voce si senta e tanto.

Facciamo in modo che nessuna donna in questo Paese debba morire, soffrire, stare male, convincere un uomo di non voler più stare con lui.

Difendiamo il nostro diritto alla scelta, alla separazione, alla libertà.

Penny

Per approfondire: https://sosdonne.com/2018/11/04/il-ddl-pillon-e-altre-repressioni-un-disegno-preciso-contro-le-donne/

2 comments on “Ddl Pillon. Come inventarsi un ddl per non permettere alle donne di separarsi. Di riscattarsi. Di salvarsi.”

  1. Partendo dal fatto che sono contro il Pillon, ovviamente contro gli abusi, violenze ecc… credo che la condizione di donna non é per forza così. Mi spiego meglio. Una donna non deve sentirsi emarginata perché sta divorziando e ci sono donne che “sacrificano” il tempo in famiglia per carriera o per altri interessi che ritengono assolutamente importanti. Non mi piace il fatto di “essere donna” come sinonimo di “poverina” nonostante le disuguaglianze sociali. Insomma i diritti sono di tutti. E anche se sono una stronza patentata (passami il termine) e sfondo nel mondo del lavoro devo avere il diritto di abortire, di separarmi, di stare con una donna ecc.
    ci sono donne in situazioni di sottomissione, che subiscono violenze domestiche e non. Paesi dove la donna non ha un ruolo ed é solo proprietà di qualcuno, ma le donne per fortuna non stanno tutte così e bisogna denunciare i soprusi, sempre da parte di tutti.

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