Le donne che si ribellano sono socialmente più sole.

Ho alzato la testa e ora mi sento sola, mi ha scritto una di voi in un commento sotto al post sui sensi di colpa.

E io l’ho compresa in pieno, perché quel sentimento di solitudine, da quando sono più consapevole di me stessa e della nostra condizione di donne in questo Paese, pesa su di me.

Lo avverto nelle conversazioni e non solo con gli uomini, ma anche con alcune donne che ti guardano con gli occhi sgranati, quasi compassionevoli, mentre parli e ti devi difendere pure da loro.

Le stesse che pensano sia tutta un’esagerazione ‘sta storia della libertà femminile, perché sono così asservite al potere che non si rendono conto di niente. Così dentro ai ruoli di madre e di moglie che proprio non vedono.

Ecco, la sensazione delle donne che si riscattano è questa: continua difesa del proprio pensare.

Nel momento in cui una donna si smarca la paga cara, anche in termini di solitudine.

Non sei più la stessa. La moglie che mi aspettavo, la figlia, la nuora, l’amica. La madre.
Non ti agitare, non ti sembra di esagerare? Stai calma.

In poche parole, ritorna alla condizione di silenzio. Abbassa lo sguardo, fai come tutte.

“Io non so cosa ti passi nella testa. I tuoi sono solo capricci“. Chi non se lo è sentito dire nel momento in cui ha provato a puntare i piedi.

Una donna che si ribella a un sistema viene considerata una pasionaria, invece, sta solo provando a rivendicare i suoi diritti. Gli stessi degli uomini.

Si Istagram una ragazza di 17 anni mi ha scritto. Abita in un paese e fa il liceo. Ha lasciato il suo ragazzo con cui stata da un paio d’anni, lui ha messo in giro la voce che l’ha tradito. Così, adesso, tutti l’additano come poco di buono. E non solo i maschi che fanno commenti terribili quando passa, ma anche amiche, con le rispettive mamme.
“Scusa se ti scrivo”, mi fa detto, “ma non so con chi parlarne, a volte, vorrei morire” e cercava di convincere anche me che non aveva tradito nessuno. Con sua madre non ne può parlare, la pensa come le altre donne, con suo padre si vergogna.

Lei è già sola. Deve convincere il suo microcosmo sociale che non ha fatto nulla, la sua unica colpa è aver lasciato il fidanzato.

Ed è terribile. Inizia a pensare di essere sbagliata. Il mondo glielo dice.

Ecco, cosa succede, quando proviamo a smarcarci, veniamo sminuite, ci fanno sentire in colpa, per depotenziarci.

Torna al tuo posto.

Mi ricordo quando mi sono separata. Tutto, ogni singola particella del mio corpo mi diceva: stai facendo la cosa giusta, eppure, ricordo bene gli occhi degli altri e quella continua domanda: ma sei sicura? Guarda che tutte le coppie vanno in crisi, anche noi non ti credere…e giù un elenco di non facciamo più l’amore, non lo sopporto, è un bambino, è una rompicoglioni, però c’è il bene, come se quel bene fosse un’ astrazione, un’aureola, una croce di spine. Pieno di sofferenza e martirio.

Ma che senso ha?

Provavo a spiegare come mi sentivo, provavo a spiegare che stavo male, che sapevo di non poter fare altro, che ci avevo provato e cose così. Allora, l’amica, il vicino, la collega, piegava leggermente il capo e sospirava. E io tornano a casa e rimettevo in discussione me stessa. Mi sentivo sola come mai prima di allora.

È partito tutto da lì. Dall’alzata di testa. Allora ho letto e tanto. Mi sono informata. Ho capito, tardi, che non sono io la matta. E poi ho aperto il blog. Un’infinità di lettere da parte di donne che pur non conoscendosi usano le stesse parole per descriversi. Le stesse identiche parole. Non sarà un caso.

Il maschilismo esiste, la nostra sottomissione pure. E non parlo solo delle grandi schiavitù che finiscono in femminicidi (parola che se non sbaglio nel nostro sistema giuridico non esiste ?) parlo di quell’opera continua di convincimento che dobbiamo fare per conquistare un posto che non sia accanto a un uomo, perché solo così veniamo legittimate.

Parlo del controllo sulla spesa, quando ci sgridano perché a loro dire abbiamo speso troppo, del non essere libere nelle scelte, del sentirsi in colpa quando sottraiamo tempo alla famiglia, del fare sesso cercando per lo più di soddisfare il maschio che abbiamo accanto per farlo stare tranquillo. Oppure di accettare l’assenza di sesso perché lui non riesce e non fa niente per cambiare quella condizione. Di storie ne ascolto parecchie.

Parlo di piccole cose dentro alle mura delle nostre casa, di quel fiato che ingoiamo perché noi siamo quelle la cui funzione è far sentire importante il proprio uomo. Quelle che vengono anestetizzarsi con il sogno dell’amore.

Siamo sole, questa è la verità, ogni volta che proviamo ad affermare un pensiero e dobbiamo pure farlo con forza, altrimenti, non veniamo prese in considerazione. Sole, se decidiamo di riprenderci la nostra vita. E riscattarci con coraggio. Sole, quando non abbassiamo lo sguardo o ci ribelliamo a un sopruso.

Ma lo eravamo anche prima, molto di più, solo che non lo sapevamo.

E se si può fare un confronto tra solitudini. Io non ho dubbi, preferisco quella della consapevolezza.

Penny

2 comments on “Le donne che si riscattano. La solitudine sociale a cui vanno incontro.”

  1. Wow, è esattamente così….. Tanti anni di progresso, per cosa? È così difficile, per noi donne, essere veramente libere!

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