A volte devo respirare a lungo per non farmi imbruttire dalla rabbia. Per non dire cose cattive. Per riuscire a perdonare. Perché l’ho capito, devo proprio farlo. Per me. Solo per me. Come una prova di resistenza.

Sono andata al campo a prendere la piccola. Intorno a me tante coppie separate, alcune erano in sintonia perfetta, altre da ditate negli occhi, comunque, erano lì, entrambi: padri e madri.

La mia girl aspettava il mio abbraccio, i miei baci di dama bruciati e la mia torta con pasta pronta stracchino e formaggio, ormai è il nostro rito di fine campo.

Alcuni hanno la parmigiana, noi abbiamo questo?.

Da circa otto anni, a parte una o due volte, vado da sola.

Lei non dice nulla ma si guarda intorno. Una sera, ad esempio, tornata a casa mi ha detto: “Sai, il papà di Monica è venuto a prenderla con la moto e l’ha portata a casa della madre”.

So perché me lo diceva, i genitori di Monica sono separati ma ci sono entrambi sempre.

L’ho accarezzata e basta.

Ognuno avrà i suoi motivi per decidere di esserci o non esserci ma non mi stancherò mai di ripetere che non è la separazione a fare soffrire i figli, loro hanno bisogno di avere intorno una madre e un padre che stiano bene piuttosto che infelici insieme, ma è il modo in cui la si affronta e la si gestisce a farli soffrire.

Quindi, il ricatto: ma non pensi ai bambini, alla loro sofferenza? prevede una risposta: certo che ci penso, il desiderio è di non farli crescere in un luogo di disamore.

Sempre in quella giornata di fine campo sono andata a prendere un caffè e al bancone c’erano due e tre mamme con rispettivi mariti (che parlavano tra di loro di calcio) e hanno iniziato un po’ a pontificare sui matrimoni che resistono, fiere di esserci dentro; da lì, sono passate alle donne separate che si consolano presto iscrivendosi a corsi di ogni tipo. “È facile riempire i vuoti con corsi e corsetti, ma poi cosa rimane? Sei sola” dice una. Le altre, ovviamente, annuiscono.

Il giudizio era tangibile e passava attraverso un’assoluzione personale. Almeno questa è stata la mia percezione.

È vero, siamo sole. Ma, a volte, lo si è anche dentro ad un matrimonio.

Spesso, si provano corsi e corsi, si fanno tentativi ed errori per riprendersi in mano la propria vita, non sempre funziona, a volte, si fanno pure delle cazzate, ma quella conversazione è frutto di una cultura, la stessa che ci frena nel momento in cui dobbiamo prendere decisioni importanti nella nostra vita, come quella di separarci.

Il giudizio delle altre, in quanto donne, spesso, ci disorienta, il più delle volte ci fa star male e ci porta a dubitare di noi stesse e delle nostre scelte.

Avrei voluto dire cose, ma non l’ho fatto; con il tempo ho imparato a proteggermi, ho imparato a non fare di tutta l’erba un fascio, gli altri di cui mi interessa, a cui posso rispondere, gli altri in generale a cui non devo nulla.

Le persone sono a disagio quando non possono definirti dentro a uno schema, così ti ci infilano, un po’ per salvarsi.

Forse lo facevo anch’io. Forse mi rassicurava. Sta di fatto, che adesso, dopo quello che mi è successo ci penso molto prima di giudicare.

Di certo convivo con la solitudine, come quella di ieri con la mia girl.

Poi, quando torno a casa e faccio ottocento lavatrici e stendo e stiro (pochissimo), quando do i soldi per la pizza e i soldi per questo o per quello, quando accompagno la grande alla partenza per il suo di campo, quando preparo pranzi, ascolto problemi, è proprio in quel momento che la rabbia mi assale. In quel momento esatto. Mi chiedo: perché sono sola?

E questo sentimento di rabbia è solo mio. Pulirsene non è affatto facile. Potete dirmi quello che volete, ma è un gran casino.

Poi, ripenso alle lavatrici che facevo anche prima, alla solitudine che sentivo prima dentro al matrimonio. È la stessa.

La trama della storia è evidente, almeno ai miei occhi. C’è continuità.

È questo che provo a spiegare alle mie figlie parlando di padri e di madri. Parlo di uomini e donne.

Non dipende dai figli il comportamento del proprio padre o della propria madre dopo la separazione, né dalla separazione, (anche se per assolverci, spesso, diciamo che è così), dipende dalle persone che siamo e che eravamo anche prima.

I nostri figli lo devono sapere, devono sapere che non è colpa loro, altrimenti cercheranno di comportarsi in in certo modo per essere più amati. Ma l’amore non è una conquista. Mai.

Comunque, per fortuna, arriva la sera, anche in giornate come queste in cui salgo sulla ruota e devo fare parecchi giri su me stessa prima di riuscire a scendere.

Una girl è partita, l’altra appena tornata dalla sua pizzata.

“Notte” mi dice sulla soglia.
Non dormirà con me.

Niente divano letto a metà e corpo ancorato al mio. So bene il motivo. Ha i ricordi del campo da rivisitare, canzoni, giochi, fuochi, tende sopraelevate, amori e amicizie di cui sognare.

Io non c’entro niente. O forse sì, ma non m’importa.
Lascio che sogni, io ho i miei a cui pensare, niente più rabbia.

Chiudo gli occhi. Lei è andata via.

Domani è un altro giorno. Basta resistere, appunto.

Si cresce. Si aggiunge un tassello. Si diventa donne più consapevoli pure dentro alla rabbia.

Penny ❤️

14 comments on “Quando la rabbia ti fa brutta. Prove di resistenza.”

  1. Un abbraccio a te e alle tue due splendide ragazze.
    Fa rabbia sapere che ci sono uomini cosi ottusi, ma sicuramente sono loro a perderci di più…
    un bacio grande a tutte e tre

  2. Come spesso accade mi ci rivedo molto nelle tue parole e nei tuoi vissuti <3
    A volte l'altro potrebbe avere bisogno di screditare "il diverso" per darsi forza e coraggio in una situazione in cui lui stesso fatica a darsi un senso. A volte.

  3. Sono d’accordo con te: la solitudine non dipende dalla separazione, c’era anche prima, solo che almeno fino ad un certo punto non l’abbiamo vista. Meglio la solitudine da soli. La rabbia sarebbe meglio non ci fosse ma su certe cose proprio non si può sorvolare…….stiamo parlando di figli, santo cielo!

    • La rabbia…per me è come un elastico, a volte riesco a renderla così tanto da non vedere il capo e sto bene, quando mollo, però…un lavoro continuo per non farsi divorare.? Penny

  4. Come mi ritrovo nei tuoi racconti! Sola prima, sola dopo, sola durante. Penso alla fatica che faccio a crescere i figli da sola, ma poi guardo indietro e penso che i figli li ho sempre cresciuti sola. Sola….in fondo molto più sola di adesso. La mia rabbia è che ha cancellato i figli dalla sua vita…come se non esistessero più. Ma per lui sono davvero mai esistiti?

    • Secondo me esistono persone per cui l’amore è in funzione di sé stessi. Se mi ami ci sono, altrimenti non esisti. Credo funzioni così.
      Compresa in pieno. Bacino ♥️

      • Sarebbe più opportuno dire “se fai come dico io allora ci sono!”
        Puro narcisista lui.

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