La incontro mentre torno casa, è mezzanotte, fermo la moto.

Lei sta rientrando con delle sue amiche. Le raggiungo, le saluto e poi mi rivolgo alla mia diciottenne: “Ti dispiace se dormo dal mio compagno?”.
“No” mi dice.

La guardo bene. Conosco i suoi occhi.
“Cos’hai?” le chiedo.
“Niente” mi risponde “vai tranquilla”.

Le amiche alzano le spalle, io risalgo sulla moto, dove c’è il mio compagno che mi aspetta, e torniamo a casa.

Sotto al portone gli dico: ” La girl aveva qualcosa, meglio se sto a casa”.

“Immaginavo” mi risponde e sorride.

La nostra storia è questa, lo sa, lo sappiamo. Non ci sono altre strade essendo l’unico genitore presente e spero non si offenda il mio ex marito ma che sia colpa sua, colpa mia, colpa delle ragazze o della separazione o di nessuno, questa è la realtà. Un dato di fatto che ha, ovviamente, condizionato la mia esistenza. Punto.

Salgo a casa e dopo un po’ lei arriva.
“Perché sei rimasta?” mi chiede pur seccata.
“Perché ti conosco e c’è qualcosa che non va”.
“Dovevi andare, io non ho niente e poi, non è che ti devo dire tutto. Volevo stare da sola”.
“No, non mi devi dire tutto. Su questo siamo d’accordo”.

Sono stata un po’ lì sull’uscio della porta della sua camera ma lei mi ha cacciato infastidita. “Intanto non ti dico nulla, hai sprecato il tuo tempo”.

“Probabile” le rispondo ironica.

Sono andata in salotto e mi sono cambiata. Non avevo ancora tirato giù il divano letto e lei arriva.

“È che io, a volte, non mi sento a mio agio. Con gli altri intendo”.

Ci sediamo nella cuccia, io e lei, quella cassapanca che ho dalla finestra.

Lei racconta, parla del suo senso di aneguatezza, io l’ascolto.

Le spiego che le sensazioni negative fanno parte dell’esistenza e che non si deve preoccupare. Che un posto nel mondo lei ce l’ha già e deve solo cercare di riconoscerselo. Se lo farà lei, lo faranno anche gli altri. E il pensiero di questi altri, a cui lei dà così importanza, è davvero relativo nella nostra esistenza.

Le persone tendono ad omologarsi per la paura di non essere accettate, quando i canoni di bellezza o piacevolezza, vanno in un’unica direzione è solo perché si ha bisogno di un di un riconoscimento sociale. Ma lei è più forte di quel riconoscimento sociale. Un posto lo ha già, è il suo, di nessun altro.

Ho provato a spiegarle che lei non deve sforzarsi di essere qualcosa che non è, che incontrerà persone che la guarderanno in superficie e rimarranno alla superficie, altre che sapranno andare oltre. È a quelle a cui deve aspirare.

Le ho spiegato che non deve giudicare gli altri ragazzi o ragazze, perché questo presuppone che lei non sia capace di essere clemente con se stessa.

A un certo punto, mentre parlavo, ho capito che il nostro momento di confessioni era finito, ha tirato giù il divano letto e mi ha detto:
“Va bene ma’! Ora vorrei guardarmi un film. Ho bisogno di rilassarmi. Puoi andare di là per favore?”.
Gli occhi erano di nuovo i suoi.

Così mi sono tolta dai piedi, perché lo sapete la nostra sala è la mia camera da letto e io crepavo dal sonno.

In camicia da notte, ho aperto la mia finestrella ho attraversato il tetto e sono entrata in camera del mio compagno che aveva lasciato le persiane socchiuse, visto il caldo estremo di questi giorni.

Appena sono entrata quatta quatta mi ha chiesto:” Ma che ore sono?”.
“L’una e cinquanta” gli ho risposto.
“Siete due matte!” ha esclamato mezzo assonnato.

Sì, siamo due matte ho pensato io mentre cercavo di incastrarmi al suo corpo.

D’altronde questo prevede la maternità: andare a braccio. Essere indovine.

Capire quando ti cacciano perché ti vogliono cacciare oppure lo fanno perché desiderano che resti. Non capirci un cazzo, insomma, e sperare di imbroccarla giusta, almeno qualche volta.

Intanto lo sapete, comunque vada, sarà colpa nostra.

Penny ❤️

PS: Quindi, come dicono le mie figlie, scialla?.

2 comments on “Maternità. Comunque vada, sarà colpa nostra.”

  1. Ciao Penny, questo è uno dei più bei post che hai scritto. È così caldo e rassicurante che mi ci sono seduta, accomodata come un gatto nella sua cesta. È come sentirsi capita e rassicurata per cui, serena. Grazie!

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