La cosa più difficile per una madre è quella di lasciare andare. Per anni mi sono preoccupata di indirizzare attività sportive o altro. Il corso d’inglese alle medie, quell’esperienza all’estero, lo strumento, il canto, la ceramica.

La paura era quella di non riuscire a scegliere il meglio per loro.

Adesso c’è la scelta dell’università e, a volte, mi sembra che dal primo corso di danza dell’asilo le cose non siano cambiate per niente.

Ero stupida e quella stupidità, ogni tanto ritorna. O meglio la devo tenere a freno.

L’anno scorso nessuna delle mie due figlie ha fatto un’attività sportiva, non c’erano i soldi e non ho spinto, non che adesso siamo diventate ricche, ma muoversi aiuta, fa bene, e il loro corpo sta mutando, così, rientro nel vortice. “Dovete fare qualcosa!”.

Loro mi tagliano.

La frase frequente della diciottenne è che lei è grande e deve decidere da sola, senza che io ci metta becco.

Poi, lo sappiamo come vanno queste cose con i figli, se ha bisogno, sono io che trotto, a quanto pare è maggiorenne a fasi alterne, ovvero, quando le fa comodo?.

Però, vi giuro che ci provo, mi sforzo di lasciare andare.

Il mio lavoro mi ha reso di certo più consapevole.

Ho visto bambini, per cui il nuoto o la danza o il pianoforte erano la missione, non un vero interesse, sembrava dovessero diventare piccoli prodigi, poi, a un certo punto, hanno deciso che non ne volevano più sapere e in mezzo minuto la storia si è chiusa.

Sento bambini stanchi ancora prima di iniziare la scuola.

L’altro giorno una piccola mi ha detto:

“Vorrei fare calcio ma la mamma non vuole”.

“Insisti, se ti piace, insisti” le ho suggerito.

Loro lo sanno già che dovranno fare qualcosa, il tempo del: ti vengo a prendere e non facciamo niente, non è contemplato.

Impediamo ai bambini di annoiarsi, quando invece dovrebbero trovarsi in situazioni noiose per elaborare stratagemmi per divertirsi, di pensiero, d’immaginazione.

Ma io le capisco le madri, sono uguale a loro, il futuro mi terrorizza e, allora, anticipo, propongo, insisto, era la danza a tre anni, lo swing a diciotto, gli amici…come farà se non sa conosce bene l’inglese?

Lasciaci stare, mi dicono le mie due figlie e in cuor mio so che hanno ragione, tanta ragione.

Lotto con la mia paura, ogni tanto la sconfiggo, perché se mi guardo indietro, alla fine, non sono le attività che gli ho proposto nel tempo, a farle diventare quello che sono oggi, lo so bene. E se guardate i vostri figli, lo sapete anche voi, ne sono certa.

Non tutto dipende da noi, il leitmotiv ritorna. Se eseguiamo il manuale d’istruzione loro saranno pronti.

Quello che possiamo dare in termini materiali è importante, ma non è tutto.

C’è una parte indomabile, che grazie a Dio, dipende da loro, da ciò che sono, una parte che non è definibile, perché appartiene alla loro anima.

La verità è che dovremmo lasciare andare anche tre anni, il che non vuol dire abdicare al ruolo di madri, ma sapere che ci vuole ben altro per aiutarli a diventare delle persone solide.

Insomma, lasciare il passo perché sappiano trovare il loro. Ci sarà sempre un jolly, un imprevisto, qualcosa dei nostri figli che ci è sconosciuto.

Questa è la parte più difficile. Il compito più arduo: farsi da parte presto perché i nostri figli trovino un posto nel mondo.

Un passo indietro, spegnendo il leitmotiv dell’ansia da prestazione, che è solo nostra e loro ce la faranno.

Penny

P s: Quando divento un casino e mi perdo, scrivo e mi chiedo se avete le mie stesse preoccupazioni. E, allora, vi immagino pronte a riflettere sugli errori, battagliere contro questa società ansiogena e di controllo, capaci di un passo indietro. Provo così a non sentirmi sola e ci riesco, grazie a voi.

4 comments on “I figli. Lasciare il passo presto perché trovino il loro posto nel mondo.”

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