È due giorni che la piccola, che piccola non è più, mi assilla sul fatto che devo andare a ritirare in segreteria il libretto delle assenze, eri mattina appena ho aperto gli occhi me lo ha ripetuto di nuovo.

“Ho capito! Come se non facessi le cose per te e per tua sorella” le ho risposto seccata mentre cercavo di connettere.

Lei si è fermata e mi ha guardato con quegli occhi a gufo che non mi richiamano proprio sentimenti positivi.

Tutte le volte mi stupisco, perché in casa nostra non ci si può confondere, ci sono io, punto. Io che cerco di essere una cazzo di madre decente!

Mi sono diretta subito in bagno, non so voi, ma a una certa età, la vescica, la mattina, sì, insomma, avete capito… Ho aperto la porta, la girl piccola si stava lavando i denti e mi guardava storto, poi ha biascicato con la bocca piena di dentifricio: “Non hai ancora capito, tu devi entrare per ultima!”?

Ho richiuso la porta e ho respirato, nel frattempo ho strigliato all’altra perché aveva lasciato le sue cose in giro, come le ciabatte, le penne, i quaderni, un calzino di tre giorni, la gomma da masticare masticata.

Mi ero svegliata ad appena mezz’ora e mi sembrava già sera?.

Le due hanno fatto colazione e immancabilmente il cartoccio del latte è rimasto sul tavolo! A quel punto sono sbottata.

Cosa altro potrebbe fare una madre se non urlare? No, ditemelo, perché io non lo so!

So che qualcosa deve uscire se non voglio implodere.

Sono ritornata in sala, ho preso i vestiti nell’armadio (che manco mi guardo, perché lo specchio è nel corridoio), poi, infilandomi le scarpe ( in cucina) ho detto alla girl piccola: “Sbrigati che facciamo tardi, stamattina ti accompagno a scuola, così ritiro il libretto prima di andare al lavoro”.

“Non puoi, devi andare più tardi” mi ha risposto lei decisa.

Così, sempre respirando ho ribattuto: “Guarda che ho letto gli orari nella chat (lì ci sono i miei pusher informativi?)”.

“Ti dico che non puoi, la mamma di Carlo è andata ieri, prima delle 8,30 non aprono”.

La mamma di Carlo, spero che non mi legga o non me ne voglia, potrebbe chiamarsi Lucia, Maria, Stefania, comunque, c’è sempre una madre di Carlo, nella vita di quelle come noi, una di quelle madri da cui io devo imparare, più brava di me, più a piombo di me.

Una che nemmeno conosco, ma con cui mi devo confrontare costantemente, con cui devo convivere, una che arriva sempre prima. Insomma, una brava bravissima a cui farei tanto volentieri lo sgambetto.

Alla fine della fiera siamo uscite e siamo andate a scuola, lei, da quando è scesa dalla moto fino alla porta della segreteria, ha continuato a dirmi che non mi avrebbero dato quel cazzo di libretto, perché la madre di Carlo era andata in un altro orario, quello giusto.

E invece.?

Non immaginate il godimento quando sono uscita da quella porta sventolando il libretto delle assenze. Lei era lì, fuori ad aspettarmi, mani sui fianchi.

Una cosa è certa, ci sarà sempre una madre di Carlo con cui combattere e, spesso, è solo dentro di noi. E i nostri figli lo sanno.

Spesso è la nostra peggior nemica, quella che ci fa essere qualcosa di diverso da ciò che siamo, quella, per cui, quando non arriviamo da qualche parte ci fa sentire delle madri incapaci, quella che mette in dubbio le nostre piccole e grandi certezze.

Sono uscita dal liceo, sono salita sulla moto per andare a lavorare. La madre di Carlo è salita dietro di me. Si è tenuta stretta a me.

Io e lei, da qualche tempo, abbiamo imparato a fare pace.

Penny

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