Ieri per me è stata una giornata campale. Ho lavorato tutto il giorno, alle undici giravo con il mio scooter che cade a pezzi, sempre in riserva, per la vie di Genova.

Ho recuperato la girl grande, ha iniziato a lavorare qualche sera in una trattoria del centro storico. Fa sostituzioni. Serve ai tavoli.

Si lamenta, ovviamente. Questa settimana l’hanno chiamata per tre sere. “Sono stanca, come faccio?” e bla, bla, bla.

Ieri sera, però, è arrivata con la sua prima mancia, 1 euro da una vecchietta straniera. È arrivata con il suo grembiule e il suo taccuino.

“Ho i miei tavoli” mi ha detto con una sorta di orgoglio.

A volte spingo, ho spinto perché lavorasse di sera. Mi ha detestato, quando le ho trovato questo lavoretto ha sbattuto porte, mi ha urlato di tutto.

“Ti odio” mi ha detto.

Era preoccupata per la maturità, ma, soprattutto, preoccupata di non superare “la prova”, di non essere capace, di non saper parlare decentemente l’inglese.

Aveva paura.

A volte lo faccio, spingo e non so mai se la scelta sia giusta. A volte sbaglio e glielo dico.

Ma ha degli obiettivi, come quello di fare l’università fuori casa e io voglio o vorrei che determinasse se stessa. Che non si arrendesse.

La prima sera, quella della prova, all’uscita era felice, parlava a raffica ma mi ha detto:”Non so se ce la faccio è faticoso, lo studio e il resto”.

“Esatto, la vita è anche fatica, non ci sono scorciatoie, se le prendi, in qualche modo, prima o poi la paghi”.

Ieri sera, appena arrivati a casa, che era tardi e io non ho più l’età e morivo di sonno, era orgogliosa di quei suoi tavoli, della mancia, del grembiule. Di farcela.

E possono sembrare piccole cose, ma so che non lo sono, almeno per me.

Mi chiede un paio di scarpe da un paio di mesi. “Non posso”, le ripeto di continuo e non posso davvero. Questione di priorità, con due figlie e uno stipendio devi dire di no.

Credo che sarà la prima cosa che si comprerà con la prima paga.

Anche la piccola ieri ha lavorato, babysitter, anche lei si è lamentata, ma ci diamo da fare tutte e tre.

Non mi convinceranno del contrario e non ho più paura di dirlo, passando per la madre stronza, la donna stronza.

Noi tre siamo la famiglia.

La paternità e la maternità non sono un diritto di eredità acquisito per nascita.

Padre e madre bisogna esserlo. Bisogna diventarlo e anche un po’ guadagnarselo.

Sono tua madre, sono tuo padre e mi occupo di te. Altrimenti non abbiamo diritti.

Penny ❤️

2 comments on “Madri e padri bisogna esserlo. Non ci sono diritti acquisiti per nascita.”

  1. Un nell’insegnamento!
    Vorrei anche io riuscire ad essere una madre così per i miei figli: ho paura di non farcela.
    Vedo il grande che grande non è che sta diventando un po’ fracasso, sempre pronto alla sfida.
    La piccola la vedo crescere indomita e ribelle ma perspicace.
    Riusciro’ ad essere una buona madre?! A passare loro qualche insegnamento?
    A dare loro gli strumenti per autodeterminarsi?
    Non lo so…mi sento scoraggiata a volte…
    Stanca ed incapace…
    Provo a parlare ma vedo che il maschietto (9 anni) non mi capisce, non mi segue, sbuffa, non è interessato a nulla di ciò che dico.
    Prima lo portavo alle riunioni con me mi seguiva e pensavo che qualcosa gli sarebbe passato, qualche messaggio: ora ho dubbi.
    L’unica cosa sono i suoi di interessi. Non ci sono altri argomenti.
    Alice (6 anni) è creativa, loquace e a volte mi fermo nel riprenderla , temendo quasi di bloccarla perché vorrei che restasse così, con questo suo carattere forte e affettuoso…
    È come la “famosa dieta”: mi ripropongo ogni lunedì di modificare questa dinamica coi figli cercando di coingolgerli e appricciarli diversamente.
    Ma sono stanca anch’io…e poi mi colpevolezzo perché non sono in grado.
    Vorrei abituarli a raccontare, a parlare di loro stessi, della loro giornata ma sembra che la sera il tempo sfugga, i loro impegni sportivi fagocitanti, poi la stanchezza…
    Mi viene l’ansia solo a scriverle certe cose…
    Vorrei trovare una sponda nel padre in questi miei pensieri ma è sordo a volte superficiale: sono io che sono troppo complicata!
    Vero, lui è molto più pratico di me ma io dico sempre che i bambini imparano anche guardando ciò che fanno gli adulti…
    Vorrei abituarli a confrontarsi, a discutere un po’ delle cose, a dare valore agli affetti…
    Non lo so…ho paura di non essere in grado di educarli nel modo giusto, a volte di essere troppo concentrata sulla “teoria” che sbaglio la “pratica”, di essere troppo concentrata a determinare me stessa che manco il bersaglio con loro…

    • No non so perché ti avevo perso…fai tante cose per i tuoi figli, non ti dannare loro ti guardano, sanno chi sei. Se posso darti un consiglio, visto che le mie sono piú grandi, ciò che conta non sono tanto le parole ma, piuttosto, l’agire. Tu non”fare” cerca di essere e non importa se il tempo fugge, tu sei lì, loro lo sanno e basta. Ti abbraccio. ❤

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