Io speriamo che me la cavo. Lo penso sempre.

Speriamo di riuscire ad arrivare tranquilla a fine mese. Di essere una buona madre. Una brava maestra. Non mi preoccupo di essere una buona compagna. Lì sto abbastanza tranquilla.

Nell’amore ho imparato che non c’è bravura, c’è amore.

Al mio compagno non chiedo di essere bravo, principe, padre, di coprirmi d’oro e d’argento, di dimostrarmi che m’ama, neppure di essere bisogno e, spero, che lo stesso valga per me.

Per questo nel mio testo, Caro Babbo Natale…https://sosdonne.com/2017/12/12/caro-babbo-natale/ parlo di braccialetti di Pandora o altri ornamenti, perché non possiamo negare che, spesso, gli oggetti compensano le nostre storie e le nostre vite.

Ovviamente, non voglio dire che per tutti sia così, ma che succede.

Succede che la dichiarazione in grande stile di amore eterno copra qualcosa che manca, che gli anelli coprano, che gli oggetti di cui ci riempiamo la vita, coprano.

E non lo dico perché io sia sempre stata capace di essenzialità, ma perché ci sono passata. Un tempo mi immaginavo che certi oggetti potessero dirmi chi ero.

Oggi, una borsa da 900 euro non me la farei mai regalare, perché so che io sono io e, poi, 900 euro per me sono tantissimi. Tutto qui.

Sono una da speriamo che me la cavo, perdo i fili e poi non li ritrovo più, questo è certo
Che poi, come si fa a cavarsela? Non lo so, a volte, io sprofondo nel pozzo.

Ieri mia figlia mi ha detto: “Non sto bene, non so come spiegartelo.
Dovrei essere felice e non lo sono”.

“Succede” le ho risposto “ci sono giornate in cui semplicemente siamo tristi e ce la caviamo meno degli altri giorni, non ti spaventare”.

Credo si sia tranquillizzata, ma non ne sono certa e, comunque, non è affar mio, passatemi il termine, credo che da un certo punto in poi la felicità dei figli dipenda dai figli.

Sto cercando di smettere di sentirmi onnipotente e come madre di pensare di avere la bacchetta magica.

Lascio a lei la sua vita mentre provo a cavarmela con la mia. È un sollievo per tutti.

Ai bambini dico che la paura serve a prendere le precauzioni giuste, pensate a chi dice di essere il più forte, a chi dice che non teme nessuno, solitamente combina danni irreparabili.

Io ho paura, perché sono una da speriamo che me la cavo. Della morte ad esempio, ma non solo, anche di essere giudicata o di fare le scelte sbagliate.

Ho paura, strizza a intermittenza, anche quando sono sicura. Non dico mai: farò un figurone, dico: io speriamo che me la cavo.

Forse per questo li capisco i bambini che sono da: io speriamo che me la cavo.

Per me sarà così per sempre, eppure, questa sicurezza di non essere brava bravissima mi ha avvicinato all’ esistenza. Questo lo so.

Un giorno, il padre di un ragazzo autistico parlando di suo figlio mi ha detto:” Sai, con lui abbiamo dovuto sovvertire le priorità, salire su un altro piano, abbandonare quello della normalità, altrimenti ci saremmo persi, invece, la vita vista dalla sua prospettiva ha assunto la dimensione giusta”.

Quelli da io speriamo che me la cavo devono cercare di guardare le cose scendendo o salendo un piano, mettendosi di traverso o a testa in giù.

Possono scegliere se desiderare sempre qualcosa che non hanno, inseguire i bravi bravissimi o guardare se stessi e le proprie esistenze da un’altra angolazione. Quella della benevolenza, innanzitutto.

A me, appartenere al mondo di quelli che sperano di cavarsela, in fondo, mi ha salvato. Gli attacchi di panico, il dolore, ciò che mi manca, la separazione, mi hanno aiutato a guardare me stessa e gli altri da una diversa prospettiva.

Non mi chiedo più cosa succederà, se sarò abbastanza brava e non me lo chiedo più nemmeno per le mie figlie.

Quando perdo i fili e il contatto davvero con ciò che mi serve, mi faccio l’unica domanda necessaria: sto bene? Le mie figlie stanno bene?

E tutto, come per magia, torna al posto giusto. Non scompaiono le paure e io rimango una da: io speriamo che me la cavo.

Che, in fondo, mi piace tantissimo essere un casino incasinato se questo mi permette di stare a contatto con me stessa, gli altri e l’esistenza.

Cercate di stare bene. Tutto qui.

Penny

5 comments on “Io speriamo che me la cavo.”

  1. Ciao. Ti seguo da tempo, e finisco in genere con l’approvare quello che scrivi.
    Ebbene oggi ho pensato che mi piacerebbe incontrarti, in uno dei vecchi caffè Austro-Ungarici che ci sono qua a Trieste (ne sono rimasti die) oppure in un caffè alla Grand Place di Bruxelles dove abito.
    P forse nella città dove abiti, che no so. Sederci là a bere un caffè appunto, parlando del tempo sole o pioggia, sapendo che non ci serve tanto parlare, perché siamo già amiche. Tvb, come scrivono i ragazzini

      • Buon caffè e buon anno nuovo.
        Ho passato il tuo articolo sul Natale da disinnescare sia a mio marito sia a mia figlia. Si sono rasserenati tutti e due ?

  2. Ciao Penny, ti seguo ormai da tre anni. Invio a te la letterina di Natale. Vorrei ringraziarti immensamente e vorrei che non smettessi mai di scrivere per me. Sai interpretare il mio sentire più profondo. È grazie a te che trovo la forza di reagire, di proseguire, di scommettere e continuare a provare meraviglia per la vita. È con te che so stare ” più centrata con me stessa”. Riesci a descrivere in modo delicato e puntuale, come mi sento ora…., una “madre imperfetta”!
    Ed anch’io credo, come dici tu, che da un certo punto in poi la felicità dei figli dipenda dai figli.
    Buon Natale cara Penny!

    • Grazie Lucy mi sono commossa, sai, a volte, quando penso ai post vi immagino, immagino le donne e anche gli uomini come me. Avrei voluto tanto, nei momenti di difficoltà, che qualcuno mi dicesse: non ti preoccupare, passerà, starai bene. Così lo scrivo, lo ripeto, cerco risposte e mi faccio domande. A volte sono confusa, a volte triste, ma ora so riconoscere i momenti di felicità e me li tengo stretti. Grazie ancora ❤️

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