A quanto pare ho dei problemi con il calcolo. Diagnosi: discalculia.

Il tempo impiegato per le prove troppo lungo. Destra e sinistra, per quello si confondono.

Difficoltà negli automatismi, per questo non riesco ad approcciarmi bene all’inglese.

“Lavora sull’orale” mi ha detto la Dottoressa e mi sentivo una bambina compresa.

Però, la prova di logica è andata bene e quando ha parlato di QI hanno iniziato a tremarmi le gambe.
“QI 128” mi ha detto.
“Pensavo di essere scema” le ho risposto incredula.

Lei si è messa a ridere, credeva scherzassi ma non è così, quel pensiero è il frutto di batoste nell’età evolutiva.
Evolutiva, appunto. Di crescita e possibiltà. In cui la meritocrazia vince su tutto.

O sei bravo o sei bravo.

Ho pensato a come è stato difficile lasciare che qualcuno misurasse la mia capacità di apprendere in età adulta, dove sei già fatta, sei quello che sei.

A come è stato difficile ascoltare che sono mancante, ma, allo stesso tempo, è stato bello avere la conferma di ciò che sentivo. Io lo sapevo. Sapevo di avere delle cadute che dovevano solo essere comprese.

E so che per essere un buon insegnante bisogna comprendere i limiti dei propri ragazzi, magari lavorarci su, ma poi puntare sulle risorse, che ci sono.

Le abbiamo tutti. E se non ci sforziamo di trovarle sprecheremo energie. È la parte fertile che dobbiamo coltivare, sarà quella la nostra spinta.

Ho pensato ai sogni, a come mi sono censurata, ho seguito l’idea che gli altri si erano fatti di me per così tanto tempo che mi sono persa per strada delle occasioni.

Non mi sono creduta.

Oggi ho sentito una frase, non ricordo dove, ma diceva più o meno così:” Se ti impediscono di fare una cosa, tu trova un’altra strada, una qualunque, per farla“.

Sì, insomma, se sentiamo che quella cosa è giusta, non dobbiamo esitare solo perché qualcuno ci dice o ci ha sempre detto che non ne siamo capaci.

É difficile rimettersi in gioco quando si è grandi, si ragiona in termini di tempo che manca, non di tempo che ancora abbiamo.

Così ci teniamo un lavoro che non ci piace, un legame che non ci soddisfa, una città in cui non stiamo bene.

Non prendiamo la patente, non guidiamo la moto, non balliamo, non facciamo cose per noi, desiderate, giuste, perchè qualcuno ci ha detto che non valiamo, non possiamo.

E quelle parole sono diventate il ricordo di noi.

È il tempo di costruire un memoria nuova, mi sono detta uscendo dalla dottoressa con la mia diagnosi in mano.

È tempo di schiacciare sotto i piedi quell’idea che mi ero fatta di me ed è diventata zona di conforto.

Per qualcuno magari è il tempo di iscriversi all’Università, di seguire quel corso di acquarello, di buttare giù quel libro di poesie o di ricette, di contornarmi di persone che mi fanno stare bene, di allontanare quelle che mi feriscono. È tempo di fare un corso di teatro, di andare all’estero, di osare, tentare, azzardare.

È il tempo dei sogni che abbiamo boicottato.

Non servono grandi scelte, a volte, bastano piccoli passi.

La misura della riuscita non dipenderà dal tempo che rimane, ma da quanto crediamo a noi stessi.

E se sentiamo di fare, di provare, di osare, anche se ci fosse una sola microscopica possibilità di riuscita, non sarà la sua realizzazione a farci felici ma la sospensione che ci regala il salto verso il desiderio.

Saranno tutti i momenti che abbiamo costruito e agito per arrivare fin lì.

E il coraggio di credere in noi che resterà per sempre.

Cambiste

Penny

2 comments on “Impariamo da piccoli a boicottare i nostri sogni.”

  1. Penny, ti ho conosciuta oggi. E mi riconosco in quello che scrivi. Grazie. Voglio approfondire la tua conoscenza. Carla.

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