Lei non stava bene. Io ero fuori per lavoro e non sarei tornata se non a tarda sera. Appena ho tirato su il telefono mi ha detto: “Oggi è proprio una giornata nera, non riesco a studiare, non so cosa mi sta succedendo, sono così triste”.

Aveva la voce rotta dal pianto, la conosco e so che stava crollando. Sta frequentando l’ultimo anno delle superiori, davanti una maturità classica, dietro di sé anni non proprio semplici.

Mi sono ricordata di quando avevo la sua età, tutti mi raccontavano che quello è il periodo più bello della vita, io, invece, mi sentivo uno schifo. Più parlavano dell’amore, della giovinezza, del futuro che mi aspettava che io non riuscivo a percepire più pensavo ad essere l’unica ad avere dei problemi.

Così, le ho parlato di questo periodo in cui non c’è niente di certo, in cui non si sa con precisione chi si è e cosa si vuole diventare, le ho parlato dell’incertezza e di quanto, ad esempio il lavoro aiuti noi donne a definirci. Della terra di mezzo in cui si trovava. Le ho parlato di come mi sono sentita io alla sua età, degli alti e dei bassi che fanno parte dell’esistenza e se se li concede, passeranno.

Credo che si sia sentita capita, normalizzare la sofferenza l’ha aiutata dentro alla sua giornata no, perché a un certo punto ho sentito che il respiro ritornava normale e la voce non le si incrinava più.

Quando abbiamo chiuso la conversazione ho pensato a quando la mia vita è davvero cambiata. A cosa mi ha permesso di sentirmi bene.

Devo essere sincera, le mie figlie sono la mia gioia, ma non è attraverso di loro che io ho trovato la mia realizzazione. E nemmeno quando ho incontrato l’amore.

Il momento esatto in cui ho iniziato a pensare a me come a qualcosa di stabile e solido è stato nel momento di instabilità più grande, quando ho iniziato a tutelare chi ero. Non è successo a vent’anni e nemmeno a trenta, in quel periodo inseguivo la felicità narrata dal sociale scegliendo ciò che si deve fare, è successo dopo, molto tempo dopo.

Tutte le volte che parlo alle mie figlie con sincerità (non sempre ci sono riuscita) mi sembra che le porte del loro cuore si aprano.

Penso si sentano capite e sentirsi comprese a volte basta per stare bene.

Penny

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