Oggi avevo voglia di raccontarti una storia bella. A forza di brutture il cuore si fa pesante.

L’altra sera, aspettando il telegiornale, ho girato su Rai 3, era tardi.
C’era questa storia. Lui si chiama Giuseppe e lei Chiara.
Chiara ha 72 anni e Giuseppe 80.

Lei ha i capelli corti biondi un bel sorriso, lui è minuto e piuttosto riservato.


Lei, alle spalle, ha una vita terribile.
Cinque figlie. Percossa dal marito da sempre.

Durante la terza gravidanza, proprio per la situazione di violenza che stava vivendo, ha provato a praticare un aborto clandestino.

Il medico le aveva detto che era andato tutto bene, ma lei stava male, non si sentiva più le gambe e, alla fine, quella figlia è nata fortemente disabile.


Chiara è andata avanti, nonostante le botte continue. Dice che le sue figlie le recriminano di non essere stata affettuosa, le dicono che non le ha mai accarezzate, ma lei racconta di una vita che era difficile. Cercava solo di sopravvivere e non era proprio una sua priorità accarezzare.


A 45 anni, se non sbaglio, è riuscita a separarsi, ho ottenuto una casa popolare dove è rimasta a viverci con la figlia disabile.

Lei  è morta qualche anno fa e Chiara è crollata.

Qualcuno le ha suggerito di iscriversi ad un centro che si occupava di attività ricreative per anziani ed è proprio lì che ha ricominciato a vivere.


Non avevo mai cantato e ballato in vita mia, ho iniziato a farlo allora, ha detto.


Giuseppe ha avuto un matrimonio felice e dei figli. Ha fatto mille mestieri, i più umili, ha raccontato lui stesso, che lo tenevano lontano da casa, senza giorni di riposo, finché, finalmente, lo hanno assunto in modo stabile.

Giuseppe tiene un diario da sempre, scrive ogni giorno. Qualche anno fa è rimasto vedovo e anche lui si è rivolto allo stesso centro anziani. Forse quando lo ha fatto aveva paura, comunque, è lì che ha incontrato Chiara.


Uno degli operatori, quando è arrivato Giuseppe, siccome lui era timido, ha chiesto a Chiara di invitarlo a ballare, e lei lo ha fatto.

Hanno ballato, poi lui l’accompagnava a casa la sera e lei era contenta.


Non si sono mai detti niente, ha raccontato Chiara, ma ha aggiunto che che i colpi di fulmine esistono, anche a settant’anni.


La loro storia d’amore è stata accettata con entusiasmo dei figli di Chiara, meno da quelli di Giuseppe.
Loro però hanno continuato a frequentarsi, forse hanno pensato a ciò che era bene per loro.

Mentre parlano lei gli fa qualche carezza e lui diventa quasi rosso.

Lei dice che le sue figlie lo chiamano paparino, perché è quella figura amorevole di padre che non hanno mai avuto.


Ognuno vive a casa propria, ma si amano a quanto pare.

Giuseppe con semplicità, pur essendo un uomo d’altri tempi, ha detto: abbiamo creato una nuova famiglia.

Andateglielo un po’ a dire a quelli che concepiscono solo le famiglie tradizionali e che quel bene, secondo i loro criteri, non sarebbe legittimo!


Si guardavano e ridevano. A me sono sembrati davvero felici.

Ricordo l’età, perché vorrei che fosse quello a rimanerci impresso: lei più di 70 e lui 80.


Chiara, alla fine, voltandosi verso di Giuseppe ha detto: “Spero che continui, ancora per molto tempo”.


Ecco, ho pensato al tempo, alla percezione che ne abbiamo, alle possibilità, a questa società che da una certa età in poi ci dà per spacciati, non solo rispetto all’attività lavorativa, ma anche rispetto all’amore.


È vero, vicini alla vecchiaia, bisogna attrezzarsi, ma dobbiamo anche non avere paura.

Bisogna pensare che la nostra vita non ha scadenza, se non quella irrimediabile dettata dalla morte.

Bisogna pensare che c’è sempre tempo e che l’esistenza può sorprenderci ma nello stesso tempo non dobbiamo darci per sconfitti.

Bisogna pensare che l’amore non abbia età e nemmeno regole rigide. Che se amiamo non togliamo nulla a nessuno, penso ai figli di Giuseppe.

Non ci dobbiamo vergognare di fare tentativi, centri anziani, o gruppi di incontro se è quello che desideriamo, se la solitudine ci attanaglia, se la vita ci ha messo a dura prova, se pensiamo che ci faccia stare bene conoscere nuove persone.

Non dobbiamo pensare, soprattutto, che ci sia un tempo per
mettersi in gioco e ce ne sia un altro in cui dobbiamo aspettare in anticipo la fine.

Dobbiamo solo continuare a vivere. Farlo con ostinazione finché il tempo ce lo consente. E non fermarci prima, rassegnarci, perché qualcuno ha deciso che per noi è l’ora della panchina.

Accettare il tempo che passa non vuol dire rinunciare a vivere, vuol dire attrezzarsi per farlo nel migliore dei modi.

Non rinunciate alle vita prima del tempo. Osate. Tentate. Sperimentate.

Volontariato. Incontri. Viaggi.

Certo i modi e i tempi saranno diversi, ma non impossibili.

Il tempi che resta non è un tempo residuo, ha lo stesso peso del tempo che è stato.

Il tempo che resta è vita.

Promettete di pensarci.

Penny ♥️

1 comment on “L’amore non ha età. Nemmeno la vita finché c’è.”

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