La cosa che dovrebbe starci a cuore nell’esistenza dei nostri figli è l’amore per l’esistenza stessa.

A volte ci appaiono svogliati, chiusi nel loro mondo e schivi, immobili come gechi sui muri, nessuno però ci può dire che quel tempo in cui si abbandonano all’inettitudine non abbia un valore.

Nessuno può dirci che sia un tempo di riflessione in cui i pensieri prendono forma.

Nessuno ci può dire che quel tempo di ozio, per noi così inutile e inaccessibile, domani non darà i suoi frutti.

Non abbiamo molta scelta nel risvegliare in loro un qualche interesse nei confronti del mondo, della conoscenza, della bellezza, se non attraverso degli atti concreti.

L’unico modo per farlo è quello di mantenere fertile in noi l’amore per la vita, per un interesse, per una passione.

Noi siamo un solo microscopico punto di partenza. Siamo la stanza accanto, il buco della serratura da cui loro possono osservare.

Se abbiamo coltivato delle passioni  e le abbiamo amate nella nostra esistenza, se gli siamo stati fedeli, se ci siamo occupati della nostra realizzazione, allora, impareranno essi stessi a cercare quella realizzazione dentro di loro.

Ne avranno bisogno come acqua nel deserto e faranno tentativi ed errori e non smetteranno di interessarsi al mondo e alle cose.

Se, invece, ci siamo addormentati, abbiamo tradito noi stessi, il rischio è che i nostri figli diventeranno il nostro risarcimento.

Pretenderemo da loro la realizzazione della nostra esistenza. Chiederemo loro cieca appartenenza sapendo in fondo al nostro cuore che siamo noi che apparteniamo a loro per sempre e non viceversa.

Non possiamo ipotecare il futuro dei nostri figli, solo offrire strumenti di cui forse si serviranno ma non è detto.

Non possiamo inculcargli una vocazione, un interesse, né indirizzarli.

Possiamo stargli accanto essendo disposti ad accettare qualsiasi destino.

Forse non diventeranno artisti, forse non avranno successo, forse non saranno geniali, forse saranno uomini o donne semplici.

Il loro dovere è di andare avanti, non di essere i primi, il nostro di accompagnarli senza ingerenza. 

Dobbiamo essere importanti per loro, di un’ importanza giusta, così giusta da fargli sentire, a un certo punto, la voglia di allontanarsi da noi.

Non è compito nostro sostituirci, giustificarli e appianare la strada.

La scuola, poi, è la prima traversata in solitaria, in cui dovrebbero giocare la loro partita e se subiscono un’ ingiustizia imparare a gestirla.

Non ci sono strade certe con i figli, neanche quelle già battute da altri.

Ci sono giorni in cui stare in attesa e nel frattempo fare l’unica cosa che dovrebbe starci a cuore, amare la nostra l’esistenza, quella di uomini e donne. E prendercene cura.

Senza dubbio alcuno.

Penny

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