Ieri sono andata a scuola insieme alle mie colleghe a distribuire compiti come fossero medicine urgenti da prescrivere.

Abbiamo parlato con molti genitori, chiesto dei nostri bambini che ci mancano tantissimo, abbiamo cercato di capire quali fossero le esigenze, cosa potevamo sostenere le famiglie e i nostri alunni.

Ho visto volti di madri affaticate da bambini che non ne volevano sapere di fare compiti in solitaria senza maestre e compagni che scandiscono conoscenze e cuore, affaticate dalla fatica di tenere insieme briciole di lavoro e famiglia.

Le ho viste pronte a rassicurare, a esserci, a sostituirsi, con lo sforzo disumano di tenere insieme tutti i pezzi.

Le ho viste tese non solo verso i loro figli ma anche verso i figli degli altri.

C’erano madri che raccoglievano compiti per tutti, che pensavano ad organizzare piccoli gruppi per tenere dentro quei bambini che per problemi famigliari economici o sociali si sarebbero persi per strada.

Ho visto maestre che sono un po’ madri preoccuparsi per i bambini con disabilità, proporsi per fare lezioni a casa.

Ho visto madri muoversi superando tutte le differenze sociali e culturali, estrazioni e lingua.

Tutte determinate a restare sulla stessa barca senza tagliare fuori nessuno.

Telefonate in diretta:” Li prendo io per te?”

Per un attimo non c’erano classi sociali, compiti e denaro divisivi.

C’era la relazione, quella che importa, che tiene, che salda, che produce conoscenza.

Cosa saranno i nostri figli senza alcuni mesi di scuola? Cosa perderanno di così importante all’interno della loro vita?

A me viene da pensare, proprio guardando quelle madri, che questa terribile situazione non sarà vana se trasformata in occasione per riprenderci il senso di ciò che siamo e di quello che è la scuola.

Perché una scuola di soli compiti crolla, una scuola di relazioni ( che sviluppano apprendimento) resta.

“Gli mancate e mancano i compagni” mi hanno detto le madri.

Le stese che ho viste vicine tese una verso le altre. E verso di noi.

Poco importavano i compiti o la didattica digitale quello che interessava a tutte era non sentirsi sole, non lasciare i bambini soli, quello che interessava tutti era salvare quel “noi” che la scuola dovrebbe proteggere e tutelare sempre.

Ecco, in questi giorni che si parla di didattica a distanza, i nostri genitori ci hanno chiesto vicinanza, ci hanno chiesto con forza di dar seguito a quella relazione che abbiamo creato con i loro figli e con loro, ci hanno chiesto di far sentire che ci siamo.

Noi ci stiamo attrezzando, stiamo cercando di capire in un era da registro elettronico e didattica frontale come possiamo esserci.

E ci saremo, una cosa è certa, perché questo tempo ci ha dato una grande lezione che dovrebbe essere chiara anche ai piani alti.

La scuola non è il suo Ministero che non investe, ma taglia, non è la didattica a distanza.

La scuola siamo noi, genitori, insegnanti e alunni, le relazioni che creiamo e mettiamo in atto, le differenze sociali che cerchiamo in tutti i modi di appianare.

La scuola sono queste madri che in questi tempi di paura, solitudine, restrizioni, commuovono.

E con forza straordinaria si occupano dei figli di tutti e si fanno comunità educante.

Grazie davvero.

Penny

Rispondi