Quando parli di figli e metti in pubblico le tue difficoltà, esprimi il tuo disagio a trovare quella ricetta pronta oppure rivendichi il diritto a desiderare un lavoro stabile, oppure rivendichi il diritto ad avere dei sogni, arriva sempre qualcuno che ti dice:

perché hai fatto dei figli se puoi non te ne vuoi occupare?

O peggio, magari aggiunge, se hai delle difficoltà vuol dire che non li hai educati bene.

Allora mi fermo, respiro e rispondo. Guardo se di fronte ho un uomo oppure una donna e devo dire che spesso, in questo caso, il genere non conta.

Le narrazioni intorno alla maternità le pensano sia gli uomini che certe donne. Alcune fanno di tutto per mostrarsi perfette. Madri a piombo, donne a piombo, tengono i figli su un piede solo e, spesso, lo fanno per quella storia unica che abbiamo alle spalle.

Una storia che parla di senso di colpa e conciliazione. Vale anche in questo caso, se non sappiamo stare a casa, seguire i figli con la didattica a distanza, magari provare a tenerci un lavoro e con il dito mignolo girare il sugo, è solo colpa nostra.

Potevamo non farli i figli oppure cercarci un marito che collaborasse, se non lo abbiamo trovato, pure quella è colpa nostra, non siamo abbastanza emancipate, troppo succubi.

Che colpa ne ha la ministra ( in questo caso), che colpa ne ha la cultura sessista e patriarcale che condiziona ogni aspetto delle nostra esistenza ( basta guardarsi intorno per capire lo spazio di movimento che abbiamo nella nostra società), che colpa ne hanno i padri che vorrebbero stare tanto con i loro figli e non possono perché devono lavorare? P

ermettetemi il lusso della provocazione almeno nella scrittura.

Perché noi, alla fine, questo senso di colpa ce lo sentiamo davvero spurgare dalla pelle e facciamo di tutto per eliminarlo.

Madri che mettono in mostra se stesse e i propri figli per dimostrare che ce la fanno a conciliare. Le capisco, perché, sono stata anch’io così.

Ho avuto bisogno di sentirmi una buona madre per esistere come donna o meglio come persona agli occhi degli altri.

Perché ho fatto dei figli? Non ho mai preso in considerazione di non farli, nessuno mi ha mai parlato o detto che una donna poteva anche non partorire con dolore.

Li ho fatti e li amo e me ne prendo cura al meglio che posso. Ma questo non vuol dire che non lotto ogni giorno contro una cultura che ha uno spazio preciso e definito da secoli per me e che, persino in questo momento, mi rimette al mio posto.

Se alzo la testa, se rivendico un qualche bisogno divento improvvisamente una cattiva madre. Se un uomo qualsiasi parla di lavoro e dignità, grida al mondo che vuole tornare a lavorare, a lui nessuno dice che è un cattivo padre. A lui nessuno dice: cosa li hai messi al mondo a fare dei figli?

Credo nei miei sogni, anche se qualcuno ogni giorno mi spinge in una stanza senza vista.

E mi concedo il diritto di essere una cattiva madre secondo gli usi e i costumi scelti dalla nostra società. Alle mie figlie concedo me stessa, la lotta continua per migliorare il mio lavoro e rivendico il diritto alla non conciliazione.

Ricordo a me stessa che non è compito mio conciliare famiglia e lavoro e che non sono nata martire, ma donna, anzi, persona.

Mi aspetto che sia il mio governo a farlo, a fornire strumenti e servizi, a non rendermi schiava economicamente ed emotivamente.

Quante donne sono morte in questi giorni mentre qualcuno di noi porta avanti la nostra storia unica? Quante sono state accoltellate, strangolate, uccise a mani nude? Non si riesce nemmeno a tenerne conto. Tre, due, quattro?

Quindi, invece, di mettermi in vetrina facendo vedere che tipo splendido di madre sono, continuo a spingere i miei sogni, continuo a lottare per le altre e a raccontare pure la verità. A volte sono un disastro. Ma chi non lo è?

I figli non sono solo delle madri. I figli sono degli uomini e delle donne che li hanno generati e che li amano. Ma sono anche i figli della società, perché ne rappresentano il futuro, quindi, sì, il governo se ne deve occupare e preoccupare.

Dopo l’economia, certo, non quella femminile, dopo la sicurezza, che non ci siano più contagi, certo. Dopo.

Ma prima o poi lo deve fare, deve parlare per loro e a loro.

Nel frattempo, io provo ad essere una donna, anzi no, una persona e, siccome, pago le tasse, tutte, vorrei che ci fossero dei servizi, così, una mattina mi posso svegliare e sentirmi libera come un uomo di non conciliare un bel niente perché c’è qualcuno che lo fa per me e con me.

Sì, allontano la colpa e provo ogni santo giorno a scrivere una storia nuova che parli non di uomini e donne ma di persone con uguali diritti.

Penny

4 comments on “I figli non sono solo delle madri. Anche della società, ne rappresentano il futuro. Il governo se ne deve occupare e preoccupare.”

  1. Non sei sola! È esattamente così… I figli non sono “proprietà” di nessuno, nemmeno di chi gli ha generati. Sono Persone che in quanto ancora in divenire hanno bisogno di molto amore e molta cura… Ma in una società che si possa definire umana ad avere cura dei cuccioli dell’ umanità non dovrebbero essere esclusivamente i genitori.. bensì tutta la struttura sociale. Direi che è evidente a chiunque che non è questo il nostro caso, non è questo il nostro mondo. Sulle accuse moraliste senza alcun senso logico ma con il solo obiettivo di fare innervosire l”interlocutore (se hai fatto figli te ne devi occupare… Che poi sono quasi certa sono gli stessi che Pretendono i 4 e i 5 in pagella…) Stendo un velo pietoso….fallo anche tu cara Penny!

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