“Cos’è la libertà?” ha chiesto un bambino al suo nonno.

“La libertà è tutto” gli ha risposto lui.

“Tutto, tutto?” gli ha domandato ancora il bambino sgranando gli occhi.

“Sì, senza libertà non siamo niente”.

“Cosa vuol dire niente?” gli ha domandato il bambino.

“In tempo di guerra ci sono stati uomini, donne e bambini, che hanno perso il loro nome e sono diventati solo numeri”.

“Anche tu nonno non avevi più il tuo nome?”.

“No tesoro, per fortuna no”.

Il bambino ci ha pensato un po’ e poi gli ha chiesto: “Tu sei libero nonno?”.

“Sì, ma c’è stato un tempo in cui non lo sono stato, e ci sono persone che non lo sono ancora”.

“Ad esempio?”.

“Ad esempio, chi non può esprimere ciò che pensa o chi vive in un paese in guerra, chi cerca di scappare e non viene accolto, chi ha poco o niente da mangiare”.

“Parli dei bambini poveri, quelli che si vedono in televisione ogni tanto, con la pancia gonfia e che hanno la pelle scura come il mio amico Amir?”.

“Anche, ma non solo. Parlo di Nino, ad esempio”.

“Nino chi?” ha chiesto il bambino corrugando la fronte.

“Ti ricordi che veniva una signora ad aiutarci quando la nonna era malata?”.

Il bambino ha annuito.

“Ecco, lei, spesso, portava con sé suo figlio, non sapeva dove e a chi lasciarlo. Loro due vivono in una sola stanza. La povertà è sia vicino che lontano. E chi è povero, spesso, non è libero.

“Allora, io da grande voglio essere ricco”.

“Non basta accumulare ricchezza, ci sono persone ricche che non sono libere per niente”.

“Davvero? Neanche quelle che hanno una Ferrari o una casa con piscina?”.

“Gli uomini, a volte, vogliono accumulare sempre più soldi, sempre di più e non sono mai felici”.

“Mai, mai? Neanche se il loro se porcellino di ceramica è pieno?”.

“Di solito vogliono di più”.

“A me manca poco per riempirlo tutto, non vedo l’ora!” ha esclamato il bambino sorridendo.

“E quando lo hai riempito tutto, cosa ne farai dei soldi?” ha chiesto il nonno.

“Non lo so, non ci ho ancora pensato” ha risposto il piccolo appoggiandosi un dito sulla bocca, poi ha aggiunto: “Forse mi compro delle figurine, anzi no, un album intero!”.

“E poi?”.

“Poi mi compro uno skateboard rosso, è tanto che ne voglio uno!”.

“Ok e quando i soldi sono finiti cosa farai?”.

“Ne riempio un altro, così mi posso comprare altre cose”.

“Quindi, avrai bisogno di un altro porcellino?”.

“Sì” ha risposto il bambino non riuscendo tanto bene a seguire il filo del discorso del nonno.

“Alla fine, anche tu sarai un po’ schiavo del tuo porcellino, perché non potrai più farne a meno”.

“Forse sì” ha risposto il bambino, ma non ne era proprio sicuro.

“Voglio raccontarti una cosa” ha detto il nonno al bambino prendendolo sulle ginocchia. “Un tempo, quando io e tua nonna eravamo piccoli, le persone avevano perso la libertà. Non potevano essere quello che desideravano, dovevano fare tutto ciò che diceva un uomo e gli uomini che lui comandava”.

“Che brutto, nonno. A me non piace quando i miei amici mi comandano!”.

“Neanche a molte persone che vivevano il quel periodo piaceva, così, alcuni di loro si sono messi insieme, si sono nascosti sulle montagne e hanno cercato di mandare via quell’uomo e gli uomini che seguivano i suoi ordini”.

“E ci sono riusciti?”.

“Alla fine sì, ci sono riusciti. Hanno resistito all’odio. Dopo molta fatica e molta sofferenza”.

“Lo so di chi parli, dei parmigiani, l’ha maestra ce l’ha raccontato”.

Il nonno si è messo a ridere e ha ripetuto “Sì, parlo proprio di loro, dei PARTIGIANI”.

“La maestra ci ha detto che portavano un fazzoletto rosso intorno al collo e tante altre persone li hanno aiutati, nascondendo i bigliettini come quando io e Amir ce li passiamo sotto al banco per aiutarci”.

“Le persone, a un certo punto, hanno capito che solo stando insieme potevano mandare via gli uomini cattivi”.

“Meno male, nonno! Però, questa storia, sai, mi fa un po’ paura” ha detto il bambino appoggiando la testa sul suo petto.

“Lo so, ma è importante raccontarla perché non succeda più”.

Poi, il nonno sospirando ha aggiunto: “Quell’uomo aveva rubato agli altri uomini la cosa più preziosa che possedevano”.

“I soldi nonno?”.

“No, la libertà”.

Il bambino si è stretto ancora di più, il suo golf profumava di tabacco. La pipa era sul tavolino di legno, appoggiata vicino ad un libro su cui, in rosso, c’era scritto RESISTENZA.

“Ricordati che questa è una bella storia” gli ha detto all’improvviso il nonno.

“Anche se c’è stata la guerra?”.

“Sì, ma gli uomini non hanno smesso di cercare la pace”.

“E di essere liberi?”.

“Esatto“ ha detto il nonno spostando il bambino e alzandosi.

“Dove andiamo?” ha chiesto il bambino passandogli il bastone appoggiato alla sedia.

“A farci un pezzo di torta e berci una bella spremuta. Anche questa è libertà”.

Mentre uscivano dalla stanza il bambino si è fermato, ha guardato dritto negli occhi suo nonno e gli ha detto: “Forse oggi rompo il porcellino”.

“Ma non volevi riempirlo tutto?”.

“Sì” ha risposto il bambino “ma preferisco essere libero”.

“E le figurine e lo skateboard rosso?”.

“Chiedo al topolino dei denti o a Babbo Natale” gli ha risposto mostrando la finestrella che aveva in mezzo alla bocca.

Il nonno si è messo a ridere. “Ti meriti un pezzo di torta gigante”.

Il bambino ha preso il nonno per mano e gli ha chiesto: “Poi me la racconti un’altra volta questa storia della libertà?”.

“Ogni volta che vorrai, finché avrò voce”.

“Meno male che ci hanno liberato, nonno”.

“Sì, tesoro, meno male”.

Cinzia Pennati

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