Bruciate pure da morte. Non basta ucciderci, bisogna annientarci, renderci invisibili, farci scomparire. Non dobbiamo parlare né da vive né da morte. Non dobbiamo esistere né deve farlo la nostra memoria.

Per ogni uomo che ci annienta dovrebbe essercene un altro che ci sostiene nella lotta contro la violenza e s’indigna. Per ogni uomo che ci annienta ci sarà una donna che non tace. Una donna che si mette in bella vista e procede a passo spedito. Va avanti.

La nostra, quella femminile, non è una battaglia di parte, è una difesa dei diritti umani, per questo tutti, anche gli uomini, dovrebbero stare con noi. Se si accerterà l’origine dolosa chissà quali voci maschili di sdegno si alzeranno per questo gesto. La verità è che non ci aspettiamo niente su di noi se non brutture.

Tutti gli uomini non sono uguali, si grida a gran voce, ma, a volte mi viene da pensare dove sono gli altri? Dove si trovano le loro azioni, gli atti, le parole di sdegno, di denuncia? Perché non ci camminano accanto? Perché gli articoli sulla violenza sono commentati, postati, girati, prevalentemente da donne?

Perché brucia una parete simbolo di una lotta giusta e si sentono voci tiepide e sussurrate.

Il cameratismo maschile è qualcosa che inquina la nostra società, così, non si parla di fragilità, di incapacità a reggere le frustrazioni. Non si parla di niente rispetto al maschile, solo di potere, di conquiste, di incarichi, di capacità.

Il resto brucia insieme a delle bambole che un tempo erano bambine, poi ragazze, poi donne.

Avete ragione, gli uomini non sono tutti uguali e, allora, perché quella parete è bruciata? Perché quelle donne sono morte? Perché le pene dei carnefici che siano stupri o altro, sono irrisorie? Perché ci viene tolta la libertà della scelta? Perché?

Dove sono gli uomini, quelli che non sono tutti uguali?

Penny

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