Oggi la mia girl piccola parte per il campo scout, l’altra è partita ieri per il suo viaggio di maturità.

Io sono libera, sette giorni in cui non dovrò pensare a cosa cucinare, a mettere in ordine, fare lavatrici, stendere e cose così. SETTE GIORNI!

Questo, però, è il primo anno da quando sono nate in cui non faremo una vacanza tutte e tre insieme. La grande è grande, la piccola se ne starà in campagna con mia mamma e mia sorella per un mese, luogo che adora.

L’anno scorso ho deciso per lei. “No tu vieni con me”, quest’anno, ho pensato che mi interessa solo che sia felice, anche se questo vuol dire rinunciare ad uno spazio con lei.

Le cose cambiano e non lo dico con tristezza, dico che cambiano e ne prendo atto. Quello che è stato non tornerà, forse, fra qualche anno, forse troveremo il modo di farlo accadere ancora, ma non così, con la macchina strapiena, i corpi sudati per il lungo viaggio fino alla Calabria, io davanti, loro dietro accatastate una sull’altra, bocca spalancata, sogni di sabbia e mare.

È difficile essere madri, ce lo siamo sempre dette, difficile, perché, si devono tenere in equilibrio un sacco di sentimenti e quell’equilibrio spesso si tenta su un’asse instabile, almeno per me, la mia, il più delle volte, ondeggia.

Non so mai se ho fatto la scelta giusta, lasciare andare, tenere, costringere la più piccola a venire con me…in fondo ha sedici anni, ci ho pensato tanto, ho discusso con me ore e ore, la paura? Sempre quella del giudizio, di non essere una madre buona e nel momento in cui me ne sono liberata ho scelto.

Sono sempre più convinta che non esistano regole di maternità pre-definita, è un gioco intimo, in cui la partita è solo con se stesse.

L’altra paura? Sono femmine e non posso non pensare a quello che succede nel mondo, quindi, alla grande ho fatto un sacco di raccomandazioni. Non allontanarti da sola, andate in due al bagno, non bere da bottiglie aperte, non fare quello che non vuoi ecc…

“Sì, mamma” mi ha detto lei alzando gli occhi al cielo, però, io dovevo farlo. Lascio andare ma il pensiero ogni tanto andrà lì, in quello che può succedere.

Avrei dovuto dirle, forse, di non azzardare minigonne o vestiti troppo scollati? A parte che non è il tipo, ma non l’ho fatto, non voglio che impari da subito a modificare se stessa.

Tra poco sarò libera, con una parte del cuore leggera e l’altra, piccola, in cui infilerò tutte le preoccupazioni, le schiaccerò in un angolo e le lascerò decantare.

Non sarò mai più libera del tutto, questo lo so, quando si fanno dei figli, anche se non vuoi, il pensiero torna là, a loro. A quello che stanno facendo.

La speranza è che stiano bene, tutto qui.

La stessa libertà che vale per loro, non varrà mai più per noi, non totalmente almeno. Dal momento in cui li abbiamo presi in braccio, li abbiamo conosciuti, sono venuti al mondo, lo sappiamo, un filo sottile ci legherà alle loro esistenze.

È così. Il difficile è venire a patti con la preoccupazione.

Credo che la maternità possa esistere solo dentro al concetto di libertà, se ci rendiamo indispensabili abbiamo fallito il nostro compito.

Io non lo voglio fallire e dentro a questa consapevolezza provo a stare bene,

Penny

2 comments on “Quando i figli partono e noi restiamo. Tra preoccupazioni e libertà.”

  1. E vai! Ho tre figli, una ragazza di 35 (ragazza? Madre di due bimbe splendide!) e due gemelli di 33
    Ricordo bene la loro adolescenza, il desiderio di lasciarli liberi e la paura di quello che gli sarebbe accaduto…
    Fiducia. In loro e in quello che abbiamo seminato.
    Ce la fai, SEI una buona madre ?

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