Le mie figlie non sono con me. Una è a casa di amici, l’altra in campagna con mia mamma.
Questa, l’ho già detto, è la prima volta che non vengono qui in vacanza.
Ci sono altri quattro adolescenti, però, e ogni volta che sento chiamare mamma, mi giro.
È una sensazione buffa, perché ci vuole un po’ per ricordarmi che le mie figlie non ci sono.
Non ho pensieri, non devo preoccuparmi ed occuparmi. Una mi chiama per le lamentazioni, l’altra non mi chiama proprio.
Loro sono le prime persone con cui ho fatto esperienza di un amore senza sensi di colpa, ho imparato che il volersi bene e la colpa non vanno di pari passo.
Sono felice, non solo se tu sei felice (perché dovremmo esserlo a prescindere), sono felice quando tu sei felice.
Ti voglio bene anche quando non mi piacciono le cose che fai e non ti faccio sentire in colpa se non rispondi alle mie aspettative.
Un giorno ho assistito ad una scena. È nato un bambino, molto desiderato, cercato per tanto tempo. Ero a casa di questi amici e la nonna del piccolo ha detto parlando di sua figlia:” Sono contenta perché per lo meno ha una soddisfazione”.
L’ho trovata una frase molto infelice, forse non era davvero quello che pensava, forse si è espressa male ma diciamoci la verità: quante volte i figli coprono buchi? A volte di coppie scoppiate, a volte di esistenze insoddisfacenti.
I figli non sono soddisfazioni, non lo possono essere. A volte sono l’opposto di quello che immaginavamo e il bene non può essere messo in discussione.
Le mie figlie non mi cercano, a volte, non sono nei loro pensieri, non mi chiamano, non si ricordano la festa della mamma e cose così.
Eppure, nel momento in cui sono uscita da una relazione di dipendenza affettiva, una relazione in cui ero amata solo se dentro al cerchio dell’altro, mi sono ripromessa che non avrei riempito il nostro rapporto di sensi di colpa per tenerle a me.
Con loro ho imparato a lasciar andare, ho imparato che l’amore non si trattiene e se non si trattiene, solitamente resta.
Mi basta saperle felici. Certo, faccio la madre, quindi mi lamento che non si fanno sentire ma il mio brontolio dura esattamente un secondo.
Per il resto mi accerto che stiano bene, che facciano delle belle esperienze. Cerco di capire dal tono della voce se tutto procede per il verso giusto.
Proprio ieri ho parlato della libertà, vale anche per l’amore filiale e non. Quando questo amore ci riempie di sensi di colpa o lo riempiamo di sensi di colpa, non hai fatto, non sei, potevi…e giù musi, non è amore. Si chiama dipendenza, bisogno e, spesso, prevaricazione.
Spesso, è figlio della cultura sessista e patriarcale.
Le mie figlie lo sanno, semplicemente le amo anche se escono dalla mia circoscrizione? e si allontanano. Questo vale anche per il mio compagno ed è lo stesso tipo di amore che cerco per me.
Quando le sento felici non provo nessun senso di perdita o di abbandono e non le voglio riportare a me, come se fossi il centro del loro mondo, con ricatti e sensi di colpa ( perché succede nelle migliori famiglie ).
Mi basta sapere, appunto, che stiano bene e non mi viene in mente nemmeno per un secondo di intaccare quella felicità semplicemente perché io non ci sono.
La speranza è che, a differenza di quello che è successo a me, sappiano contornarsi di relazioni sane e buone.
In cui non è la colpa a tenerti all’interno del rapporto amoroso ma il bene.
La speranza è che vivano e sperimentino una relazione libera per poterla riproporre a loro volta nei confronti delle persone che amano.
I sensi di colpa muovono le nostre vite, le nostre scelte, i nostri passi. A volte siamo incastrate dentro relazioni di dipendenza e non sappiamo come uscirne, perché non abbiamo conosciuto nient’altro.
Fare esperienza d’amore, mi dispiace ripetermi, è fare esperienze di libertà fisiche ed emotive.
Dentro all’amore dobbiamo solo stare bene e far stare bene, se non succede, se l’amore ingabbia e costringe, non funziona mai.
Neanche con i nostri figli.
Lasciateli andare.
Penny