Se c’è una cosa che non sopporto più è quando le altre ti danno lezioni di maternità.

Lo fanno già gli uomini, profeti di grido che non hanno la vagina e non sono madri ma sanno come devi comportarti.

Quando lo fanno le altre donne mi viene un nervoso che nemmeno immaginate.

Non sopporto quando racconti la fragilità o il desiderio di prenderti degli spazi, quando impari a concederti il desiderio di desiderare e arriva la madre di turno a dirti che no, stai sbagliando.

La verità è che io non ci penso nemmeno a dare lezioni di maternità, non mi permetterei, faccio così fatica a gestire la mia che nulla è mai certo.

Ho imparato una cosa, però, è lo spazio dell’errore che mi concedo a farmi procedere in modo più o meno equilibrato.

Di certo quando le madri dei miei alunni o le mie amiche mi parlano, esprimono dubbi, perplessità, fanno casini ( perché succede a tutte), non mi permetto di giudicarle, semplicemente le coprendo.

So come ci si sente e so che le regole valgono oggi, magari valgono per me, e domani ci saranno altre regole più giuste per quel momento.

Ognuno di noi ha il suo modo di percorrere questa strada e se si appiccica quella delle altre si fanno dei grandi casini.

E poi c’è questo discorso del tempo, quando parlo della qualità e non della quantità qualcuno mi riporta sull’esserci. Sempre e comunque.

Questa è una balla del patriarcato per farci stare sulla cura. Sempre e comunque.

Io sono spesso fuori casa. In questi giorni, ad esempio, rotolo tra la scuola, le elezioni, la spesa, vari incontri. Non ci sono a pranzo, a volte nemmeno a cena eppure rivendico il mio diritto ad essere una madre presente.

So di esserlo e non deve essere il tic-tac de tempo a dirmi che sono una buona madre, perché io ci sono con il mio impegno come donna.

Quando sono fuori casa, proprio in quel momento sto insegnando delle cose alle mie figlie. Insegno che il mio lavoro è importante, insegno che l’autonomia è importante, che desiderare è importante.

Io ci sono, cristo santo, non sono madre solo se gli preparo le lasagne e gli lavo le mutande.

Ci sono anche nello spazio che creo per la loro autonomia e dentro alla mia mancanza. Se un padre lavora o si impegna, a lui nessuno recrimina una cattiva paternità.

Lui, quello con i pantaloni, porta i soldi a casa.

Io, quella con gonna e pantaloni, porto i soldi a casa! E pure la voglia di impegnarmi e pure la voglia di seguire i miei interessi.

È così difficile da capire?

È così difficile dirci che possiamo essere madri e donne al contempo e che le due cose devono crescere di pari passo per convogliare in una buona maternità?

La maternità non è servitù, almeno quella che intendo io, la maternità, per me, ripeto per me, è lo spazio che mi permetto come persona che agisce sulla propria esistenza.

Questo è esserci.

Quindi non permetto a nessuno e non dovete permettere a nessuno di dirvi come e quanto stare dentro alla maternità e che voi andiate in palestra per prenderci cura del vostro corpo ( senza ossessioni ?) o a una conferenza o al lavoro, in quel momento lì, state insegnando delle cose importanti.

Ovvero siamo donne prima di essere madri.

Quella è maternità. Quello è esserci.

Penny

2 comments on “La maternità non è solo preparare le lasagne e lavare le mutande. È anche lavorare, impegnarsi e desiderare.”

  1. A me è successo, che una donna mi facesse la lezione su come si fa la buona madre e ls buona moglie, non ha provato neanche un po a mettersi al mio posto e a comprendere le mie rivendicazioni….mia suocera….. ancora giovane peraltro…. è stato una delusione grande per me soprattutto quando ha giustificato l’operato del figlio alquanto discutibile, dicendo che me l’ero cercata.E mi fermo qui.Grazie Penny.

    • Bisogna imparare a contornarsi di chi ci fa stare bene e allontanare chi ci fa del male. Capisco e comprendo ma noi siamo ciò che conta! Ti abbraccio

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