Se l’altro ha osato sfidarti ed è nero. Per lui è finita.

I quattro sono figli di una cultura maschilista. In cui l’uomo bianco, potente, eterosessuale vince su tutto.

Figli di una cultura che esplode agli angoli delle nostre strade. Dentro alle nostre città.

Ed è questa la mentalità che dovremmo cambiare, pensare in un modo nuovo. Educare in un modo nuovo. Pretendere uomini nuovi.

Oggi è WILLY con i suoi vent’anni e il suo sorriso, domani sarà un altro o un’altra che non obbedisce, non risponde a quei canoni e soprattutto osa ribellarsi.

Un gay, un lesbica, una donna, chiunque esca da quel cerchio maledetto di ossessione maschilista.

Il potere di questi quattro ragazzi non è nient’altro che quello che insegniamo tra le righe, nei nostri giorni, nelle aule del Parlamento e in quelle di giustizia.

Non è altro che un’idea nata all’alba dei tempi, di cui non riusciamo a liberarci, in cui l’uomo, quello vero, è cacciatore. È lui che determina tutto ed è unico predatore.

Facciamo bene ad indignarci ma la morte di WILLY era già scritta, domani sarà uno stupro, un femminicidio, il massacro di un omosessuale.

È una questione di diritti, i diritti che vengono negati di cura, di cittadinanza, diritti di esprimersi per ciò che si è, e poter, ad esempio, adottare dei figli anche per le coppie omosessuali.

È anche quel filo sottile della responsabilità politica, non abbastanza coraggiosa, ad esempio, per lo ius soli, che ha mosso quelle gambe e quelle braccia dietro ad un’idea predatoria dell’uomo e ha provocato la morte di quel giovane ragazzo.

Finché quei diritti verranno negati, ci sarà sempre un uomo dietro l’angolo che penserà solo al colore della pelle o all’inclinazione sessuale o al fatto che sei donna e devi tacere.

Indigniamoci ma era una pagina già scritta e continuerà a succedere se non iniziamo a cambiare le cose sul piano dei diritti e dell’istruzione, come possibilità di parlare ai bambini e alle bambine e poi ai nostri ragazzi e alle ragazze di umanità e relazioni.

La morte di WILLY è la morte di un nostro figlio, ha scritto qualcuno, ma i nostri figli non hanno gli stessi diritti. Forse dovremmo ricordarcelo e ricordarlo a chi ci rappresenta.

Penny

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