Mi porto dietro da sempre un fastidio all’altezza dello stomaco. Ogni tanto si acutizza, a volte si attutisce, ma non ricordo di aver passato un periodo della mia esistenza senza averlo provato.

Ci ho messo tempo per capire che in parte dipendeva da me e in parte dalla storia che mi porto dietro, anzi, che ci portiamo dietro.

Ho cambiato la mia esistenza grazie a quel fastidio, ad esempio, mi sono separata, ad un certo punto ho capito che avevo perseguito la felicità di tutti, tranne che la mia, ma questo ve l’ho già detto.

Sono più felice, certo, ma dal momento che ho aperto gli occhi, ho capito anche che quel fastidio è un monito a cambiare le cose, a lasciare alle mie figlie, per quanto possibile, un mondo più giusto.

Si accusano le donne, spesso, di essere arrabbiate, di essere esagerarate, di vedere nemici ovunque. Quando parliamo o scriviamo, a volte, gli altri non capiscono che noi non siamo arrabbiate dentro alla nostra esistenza, ridiamo, amiamo, siamo felici, ma siamo arrabbiate per quel motivo specifico, per quel fastidio allo stomaco che è monito di ingiustzie e che ( per fortuna) riusciamo ancora sentire.

Quel monito smuove e non va soffocato ( è ciò che si prova a fare da secoli), devo dire la verità, quando sono attaccata e criticata, a volte, ho la tentazione di pubblicare solo foto delle mie figlie, magari del mio compagno, della mia cana e chiuderla lì. Sono sicura che farei felice molti.

Invece non ci riesco, non riesco a non raccontare una parte importante della mia vita che riguarda anche il futuro delle mie figlie e l’amore che provo per loro.

Sarebbe più semplice la mia esistenza, lo sarebbe eccome, non sarei criticabile, nessuno mi direbbe come mi devo comportare, non mi direbbe cosa devo dire, farei il mio, mi occuperei del mio privato ( in fondo è ciò che la società chiede alle donne) e la storia si potrebbe chiedere qui.

Ma non ci riesco, perché ogni giorno entro in classe e insegno ai miei bambini e alle mie bambine a non chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie.

Ho speranza in un futuro in cui possa esistere una riforma delle politiche di welfare: investire sui nidi e sui servizi, rimodulazione dei congedi, condivisione delle responsabilità di cura, incentivi per l’occupazione femminile.

Vorrei ricordare che il 65% delle madri di figli piccoli tra i 25 e i 40 anni non cerca lavoro per motivi legati alla cura, nei padri il dato è 6,5, un rapporto di 1 a 10.

Per conciliare il lavoro e la cura le donne cercano impieghi vicino a casa, con orari flessibili e si condannano a lavori precari e sottopagati.

Allora, sarebbe il momento di chiedere che una buona parte del Recovery Fund fosse investito nei servizi di cura, nei servizi alla persona ( persone di cui sono le donne ad occuparsi). Solo in questo modo si ridurrebbero le disuguaglianze, attraverso un miglioramento non solo delle donne, ma a specchio, per le famiglie.

La verità è che noi siamo sempre una questione secondaria e noi manchiamo persino nelle linee guide sull’impiego dei fondi europei.

Eppure, dal punto di vista economico, converrebbe dare lavoro alle donne e aiutarle nella conciliazione ma questo intaccherebbe i privilegi maschili. Non dovremmo provare rabbia?

Quindi il fastidio allo stomaco rimane ed è collegato alla non rappresentanza delle donne nei luoghi di potere.

Dobbiamo tornare al centro della vita politica del nostro Paese, oggi, più che mai è necessario essere presenti e spingere leggi che portino ad una maggiore equità e ad essere rappresentative e non sempre rappresentate dagli uomini che, per quanto siano femministi, non vivono le nostre giornate, i nostri problemi, la nostra continua ricerca di conciliazione.

Linda Luisa Sabbadini ( direttrice centrale dell’Istat, pioniera in Europa per la statistica sugli studi di genere) scrive: “L’investimento pubblico deve diventare un’avanguardia, trasformando gran parte del lavoro di cura svolto dalle donne in occupazione qualificata e ben retribuita”.

Quindi, per arrivare al dunque, è necessario curare il fastidio allo stomaco che ci accompagna, non far finta che non esista.

Non delegare agli uomini il potere e la nostra centralità nella scena politica dove si decidono le scelte economiche e sociali del nostro futuro.

Non deleghiamo, torniamo a partecipare alla vita pubblica, rioccupiamo quello spazio. Ho toccato con mano, attraverso una legge “finta” sulla doppia preferenza di genere come i privilegi siano spazio preistorico maschile.

Se non lavoriamo sulla nostra esistenza, se non partecipiamo, quel fastidio allo stomaco non se ne andrà, possiamo far finta che lo spazio privato ci basti, ma un giorno, magari attraverso le nostre figlie e i nostri figli, verrà a bussare alla nostra porta e ci chiederà il conto.

Quindi sì, sono arrabbiata, con me stessa, soprattutto, per non fare abbastanza e non mi interessa se mi danno dell’isterica o mi dicono che mi bruci la sconfitta o usino qualsiasi pretesto per sconfessare il problema della differenza del genere. Ho imparato ad avere le spalle larghe.

E finché potrò, come lo facevo prima delle elezioni, darò voce alle donne.

Non ci sto più ad infilare la polvere e me stessa sotto ai tappeti.

Penny

1 comment on “Privilegi preistorici impediscono l’occupazione femminile, l’emancipazione, investimenti pubblici nei servizi di cura. Incidono sul nostro destino.”

  1. Sempre sconcertante leggere il punto di vista di una femminista sui cosiddetti privilegi preistorici che impediscono l’emancipazione e l’emancipazione femminile.

    Non perché, in effetti, le donne non siano svantaggiate quando si parla di lavoro e di salario rispetto agli uomini; i dati parlano chiaro ed è impossibile smentirli.
    Non perché non sarebbe giusto impiegare delle risorse per facilitare la vita alle mamme e ai papà (perché se le prime sono a casa a “sacrificarsi” accudendo i figli, i secondi non sono in spiaggia a giocare a bocce!!!)
    Quello che sconcerta è l’assoluta mancanza di consapevolezza del perché ciò avviene, al di là di oggettivi impedimenti pratici, e che va individuato anche nel modo di essere, relazionarsi e ragionare di una donna.

    Cominciamo col dire che una donna lotta con tutta se stessa per catturare un uomo e metterci al mondo dei figli. E’ il sogno che nasce da bimbe quando si gioca con le bambole e si sogna il vestito da sposa, il principe azzurro e dei figli perfetti che si cambiano il pannolino da soli. Quando lo fa, si guarda bene dal far presente al futuro padre che mentre non sarà mai pronta a rinunciare alle sue prerogative di genitore con la G maiuscola (perché la mamma è la mamma e solo lei sa dare vero amore alla propria prole) non sarà disposta ad accettare di rinunciare alla carriera, di occuparsi della casa e delle relative faccende perché il fecondatore prescelto si darebbe alla fuga e addio sogni infantili. Meglio mentire, nascondere quello che si ha in mente per il futuro e presentare il conto a nascite avvenute, casa coniugale assegnata e mantenimento assicurato!

    Eppure, la soluzione sarebbe facile: abbandonare il mito della famiglia perfetta e, coerentemente con le proprie aspettative ed ambizioni da superdonna moderna, non mettere al mondo figli di modo tale che si possa dare il meglio di sé al perseguimento di una carriera, di un reddito alto e della realizzazione dell’Io che può benissimo avvenire anche senza procreare e poi incolpare il compagno e la società per le conseguenze, note fin dal principio, delle proprie scelte prese in libertà.
    In altre parole, non vuoi sacrificare la tua vita facendo la mamma? Trovati un compagno che da mamma voglia fare lui e sii chiara fin dal principio oppure non fare figli, che nessuno te lo ha imposto, e dedicati alla carriera!!!
    Troppo semplice per le complesse, incoerenti ed egoistiche esigenze femminili.

    Dopo di ché, piuttosto che accusare subdolamente gli uomini di essere privilegiati e persone il cui scopo, quando si alzano la mattina, sia quello di impedire che la collega donna guadagni quanto lui (tesi assolutamente ridicola) addossandogli le colpe di ogni propria frustrazione e fallimento lavorativo, cercate di farvi un esame di coscienza.

    Andate a guardare i rapporti fra donne ancor prima che quelli fra donne e uomini.

    Fin dai primi anni di vita, da bambine, si notano quegli atteggiamenti subdoli e quasi demoniaci con cui le bambine si fanno concorrenza nell’ingraziarsi l’amica del cuore, il compagno carino, il papà o la mamma. Imparano fin da piccole l’arte della malizia e della manipolazione che si affinano crescendo per poi trovare il suo apice in età matura. Interessante partecipare ad una chat scolastica o sportiva per notare la cattiveria con cui le donne cercano di far prevalere le proprie tesi su quella delle altre donne; un fiume di parole pervase da ferocia, malignità e perfidia che lasciano interdetti e spaventati i papà (e quelle poche mamme sane di mente) che, quando non escono dalla chat terrorizzati, o stanno zitti o cercano di fare da mediatori fra quelle belve feroci e sanguinarie!!!

    Divertente sarebbe anche nominare la lotta per la supremazia in casa a colpi di malvagità fra suocere e nuore: perfidia, manipolazione, malignità, sotterfugi e chi più ne ha più ne metta. Suocere e nuore sono donne se a qualcuno fosse sfuggito.

    Molto poco divertente è invece assistere agli scontri senza senso fra colleghe che si alleano in piccoli gruppi di megere contro altre megere. Alleanze basate sull’unico fine comune di fare del male piuttosto che su ciò che le unisce; tant’è che durano il tempo di un paio di caffè per poi naufragare in ulteriore contrasti interfemminili che portano ad altre alleanze magari proprio con quelle che fino al giorno prima erano le nemiche. Lo scopo è vincere, ad ogni costo, contro il nemico immaginario; perché i mediocri hanno sempre bisogno di un nemico per dare senso alla propria esistenza; che poi ciò non porti nessun giovamento alla produttività aziendale ma anzi ne causi il depauperamento non importa alle femministe, fanno finta di non sapere e danno tutta la colpa agli uomini brutti e cattivi!!!

    Ma l’apoteosi si raggiunge nel rapporti gerarchici che vedono una donna risiedere ad un livello più alto delle altre: prevaricazioni, meschinità, prepotenze giornaliere che creano un clima d’odio nell’intero ufficio di una intensità tale che solo raramente può essere riscontrato nei rapporti fra uomo e uomo o fra donna e uomo. Lei da lassù disprezza loro li giù; e loro li giù odiano lei lassù!!! Sono donne e non sono gli uomini a crare quella situazione.

    E, quindi, un imprenditore (o una imprenditrice), quando deve assumere un dipendente, quale sarà orientato a prediligere fra un uomo e una donna a parità di educazione accademica ed esperienza?

    E se deve tirare fuori qualche soldo in più per fare in modo che un dipendente che gli crea profitto non vada via, sta a guardare se quel dipendente ha dei genitali maschili o femminili secondo te? La tesi quale sarebbe? Che nonostante la signora X mi renda 1000 preferisco dare più soldi al signor Y che mi rende 600 perché ha il pistolino?

    Conosco delle donne in gamba al lavoro, poche rispetto alla massa di streghe improduttive che compongono l’universo femminile in azienda. Guadagnano tanto, tanto quanto e di più dei pari grado maschi, molto di più delle colleghe femmine. Si chiama MERITO e non ha nulla a che vedere con la morfologia maschile e femminile. Hanno dei ruoli di comando e guadagnano perché sono brave e se lo meritano e non perché hanno la patatina più bella delle altre (ovviamente, le uniche ad insinuare che se ricoprono quei ruoli è perché la patatina l’hanno saputa usare bene, sono proprio le colleghe donne, quelle incapaci e invidiose!!!)

    Ancora, vogliamo parlare di come la mamma educa il proprio figlio maschio incitandolo alla violenza fisica nei confronti di altri maschietti (perchè “ti devi saper difendere”) o, quantomeno verbale, anche nei confronti della femminuccia che ha spezzato il cuore al proprio pargoletto adorato? Vogliamo parlare di come la cara mamma difenda sempre e comunque il comportamento del proprio cucciolo indifeso (che poverino è perfetto e non ha difetti di sorta e non deve essere umiliato in classe con una ramanzina che certamente gli causerà dei danni psicologici irreparabili) nei confronti della maestra che si azzarda a riprenderlo perché disturba la lezione, senza neanche prendere in considerazione per un microsecondo l’idea che magari il proprio figlio effettivamente disturbi le lezioni e sia giusto riprenderlo? Noooo: “quella maestra (altra donna) ce l’ha con mio figlio!!!!!” dice la mammina. La stessa donna che poi si toglie la giacca della mamma, indossa quella della lavoratrice penalizzata in quanto femmina, e, arrivata in ufficio, si lamenta che gli uomini che la circondano siano stati educati……..esattamente nello stesso modo in cui lei sta educando il suo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

    Cara Penny…..di donne arrabbiate pervase da livore misandrico che vogliono dare voce alle donne ce ne sono come granelli di sabbia in spiaggia sulla riviera romagnola ormai; quello che ancora manca è qualche donna con cervello e autorevolezza che faccia notare che buona parte della proprie condizioni di inferiorità nei confronto del genere maschile è dovuta ad atteggiamenti, comportamenti e ragionamenti di altre donne ancora prima che per presunti complotti maschili volti ad impedirne l’emancipazione; questo lo poteva dire mia nonna nata nel 1912 o mia madre nata nel 1946! Oggi suona ridicolo!!!

    Io partirei raccontando loro che quando una persona vale non c’è genere che tenga…..racconta loro chi era Oriana Fallaci ad esempio….magari se leggessero la sua biografia e qualche suo libro invece sfogliare Chi dal parrucchiere, riuscirebbero a eccellere nella vita senza dare troppe colpe a noi maschietti!!!

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