Quando le giornate iniziano in un certo modo dovrei capire anche come finiscono. Invece, ho sempre fiducia e faccio malissimo?.

Ieri, prima di andare a lavorare ho litigato con la girl piccola perché insiste e persiste, dopo che si è lavata i denti, nell’asciugarsi la bocca, con il mio accappatoio che si trova ( insieme ai loro) accanto al lavandino. L’asciugamano è appoggiato sul calorifero, ma nonostante il nostro bagno sia un buco, evidentemente, girarsi le costa troppa fatica!

A volte (sempre l’accappatoio) l’ho trovato sporco di trucco, mascara e cose così. Insomma mi sono alterata ed effettivamente ho alzato la voce, perché, lo sapete, la calma non è proprio il mio forte.

A quel punto l’unica cosa che ha saputo dirmi, con quegli occhi lì che ti guardano come se fossi pazza, è stata:”Cosa urli! Ho capito!”.

“Eh no, bella, non hai capito niente se continui a farlo” le ho risposto.

“Non urlare, mamma calmati, cosa scleri!!”.

Sono uscita. O la uccidevo o la uccidevo.

Pausa lavoro (perché a volte, non so per voi, nonostante la fatica, quella è una pausa, il che è tutto detto!).

Il giorno prima mi ero messa d’accordo con la grande che uscite dal lavoro ( non l’hanno ancora licenziata nonostante i pacchetti regalo?) saremmo andate in libreria a fare una fotografia dell’albo appena uscito, ci teneva a vederlo sugli scaffali. Insomma, il suo primo libro da illustratrice.

Così, siccome ho finito prima mi sono messa a scrivere un paio d’ore in un bar. Le ho chiesto di mandarmi un messaggio per farmi sapere l’ora precisa in cui usciva dal negozio, ma nulla.

Verso le sei e mezza mi sono incamminata, iniziava a piovere, mi è arrivato un messaggio:

Ho tel scarico

Si sta per spegnere

Ci vediamo a Deffe

Ora, Deffe sta per piazza De Ferrari e non è proprio piccolissima.

Provo a chiamarla ma il telefono è già morto, la pioggia aumenta. Io, caso strano, non ho l’ombrello.

Iniziò a girare Deffe in lungo e in largo, perché la piazza è grande e “ci vediamo lì” è molto relativo. Mi infradicio in mezzo secondo. La cerco avanti e indietro per un po’ finché le mando un messaggio: sei cretina. Prendo un autobus e vado a casa.

Ovviamente, quando torna gliene viene ancora a lei. “Potevi venire al negozio, ero lì!” mi ha detto serafica, perché io sono magica devo indovinare, intuire, immaginare!

O la uccidevo o la uccidevo. La casa è piccola e nascondersi è impossibile.

Le ho risposto:”Esci dalla cucina per un po”. Lei ha brontolato perché la poverina moriva di fame ma ha capito che non tirava un’aria buona e si è chiusa in camera. Mi sono fatta un bicchiere di rosso, forse due e ho respirato.

In giornate come quelle non vedo l’ora di tirare giù il mio comodo divano letto e dimenticare che a volte essere madri di certi figlie o figli non è il massimo?.

Ad ogni modo quando stavo per spegnere la luce, ho visto la piccola in cucina, si era fatta delle specie di trecce e ci aveva arrotolato intorno( passando da una all’ altra) il laccio del mio accappatoio?.

“Come ti sei combinata?” le ho domandato.

“Mi faccio i boccoli!” mi ha risposto lei come se facessi una domanda stupida.

“Con il laccio del mio accappatoio?”.

“E certo, non abbiamo l’aggeggio elettrico per farlo e mi devo arrangiare!” ha esclamato. Si è presa una decina di biscotti e se ne è andata.

Ho evitato di chiederle perché non ha usato il suo di laccio, intanto in questa casa quel che è loro è loro, quel che mio pure.

È loro il mio tempo, il mio spazio, la mia anima.

Quando si hanno dei figli si passa la vita ( o almeno buona parte) a difendere briciole di noi stesse. Io ci provo ogni giorno ad emanciparle e ad emancipare me da loro. Ci sono giorni in cui ci riesco e giorni in cui soccombo.

Giorni che iniziano male e insistono in quella direzione?.

Ci sono giorni in cui mi chiedo: ma chi sono queste due? Da dove escono? Chi le ha educate? E penso: quando ne uscirò?

E la risposta non è rassicurante!

Nel frattempo faccio la madre: mi altero un giorno sì e l’altro pure, cerco pause da loro e in quelle pause mi ricordo chi sono.

Credo che non ci siano soluzioni di sorta, io non ne ho. Confesso e sconfesso me stessa ogni due minuti. La maternità va partecipata, come la vita, va confinata, quando ci assorbe totalmente.

Se ho una mezza certezza è questa: (Manuale d’istruzione), lo scopo non è essere sempre una buona madre, ma restare donne e salvarsi dai figli, un giorno sì e l’altro pure!

Vi abbraccio Penny

Siccome non si può tanto andare in giro e pubblicizzare, fatelo voi per noi. Grazie ?

https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-pennati/

4 comments on “Abbiamo i figli o le figlie che ci meritiamo? Spero di no?.”

  1. Il problema è quando non ascoltano più…..quando ti rispondono “stai zitta tu”, quando ti dicono ” non mangio quello che hai cucinato”, o quando nonostante faccio 3 lavori x camparli perché il padre non paga gli alimenti, loro ti dicono ” sei una cosa inutile” ???

    • Bisogna mettere dei limiti, questo è certo. Se sei una cosa inutile smetti di fare le cose per loro, ad esempio preparare la cena o lavargli le magliette e le mutande, vedrai che cambieranno atteggiamento. Non permettergli di esagerare. Penny

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