Rispondo qui in merito al mio ultimo post sulla Didattica a distanza ( per chi non lo avesse letto, ecco il link https://sosdonne.com/2020/11/30/la-didattica-a-distanza-non-e-innovazione-e-un-sistema-dinsegnamento-arcaico-che-crea-dipendenza-nei-nostri-figli-e-nelle-nostre-figlie/).

Scusatemi, ma ci sono troppi commenti e non riesco a farlo individualmente.

Il problema del rientro in presenza nell’articolo non è neanche preso in considerazione, sarà il governo a decidere cosa è bene e quando potremmo farlo, tenendo conto dei dati che ha a disposizione.

La mia era una riflessione sul sistema di insegnamento pre-covid e sulle conseguenze della DaD.

Siamo tutti d’accordo che è stata indispensabile e necessaria e lo è ancora, vista la pandemia, ma non nascondiamo il dito dietro al fatto che, solo, laddove il sistema scuola si basava sulla relazione: territorio-docenti-famiglie, la DaD ha tenuto botta (passatemi il termine) .

Al contrario, laddove, il sistema scuola, apprendimento e insegnamento, era di tipo frontale e verticistico, è stato un vero e proprio fallimento.

Quindi, a chi scrive che la capacità sta nell’adattamento, mi sento di rispondere che nell’adattamento si salva la specie più forte e protetta.

E, siccome, io sono un’insegnante di una scuola pubblica, il mio dovere è quello di proteggere e difendere il diritto allo studio di tutti non accontentandomi di perdere dei pezzi umani per strada.

La capacità, caso mai, sta nel porsi domande e nel miglioramento. Potevamo fare diverso? Certo, se l’istruzione non fosse sempre e da sempre la ruota di scorta degli interessi del nostro Parse.

Quindi, ripeto, qui non si mette in discussione la riapertura della scuola ( anche se un l’ampliamento dei trasporti sarebbe auspicabile e, forse, aiuterebbe), non sono un medico e non ho la presunzione di decidere niente, si riflette su un sistema educativo e pedagogico, se è ancora lecito farlo.

Non possiamo tornare indietro, purtroppo non si può, non esistono risorse retroattive, ma, possiamo migliorare e riflettere su quello che funziona e quello che non funziona.

La DaD fatta in questo modo, ore e ore di lezione senza possibilità di interventi o interazioni, spesso, è una risposta di un sistema preesistete inadeguato di insegnamento.

Non sono nemmeno totalmente d’accordo con l’ultimo articolo di Recalcati. I ragazzi non impareranno a migliorarsi, solo perché stanno affrontando quello che la vita mette in campo, ma solo ad adattarsi.

E, l’adattamento, spesso, punta in basso, ad un livellamento, un’accettazione delle brutture, non al cambiamento.

Possiamo continuare a chiederci come possiamo essere educatori, insegnanti, genitori migliori oppure no?

Non trovo utile paragonare la DaD al tempo di guerra, dove si difendevano ideali e la vita delle persone. Certo, i nostri figli non moriranno sotto la DaD, ma vogliamo trarne qualche insegnamento per il futuro, oppure ci accontentiamo che le scelte dei governi sulla scuola continuino ad andare in un’ottica di risparmio?

Vorrei insegnare alle mie figlie e ai mei alunni a non stare nella superficie delle cose, a trarre il meglio dalle esperienze e quindi anche a farsi domande sulle mancanze. Su ciò che deve essere cambiato. Vorrei, aiutarli, a sviluppare uno spirito critico, attento alle cose del mondo.

Non è produrre cultura? O li vogliamo sdraiati per sempre che ci viene comodo non avere futuri cittadini pensanti?

Spero di essermi spiegata.

Grazie

Penny

I primi di ottobre è uscito questo mio albo. Un modo diverso di pensare la genitorialitá. Un’eredità per i figli.

https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-pennati/

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