Questa storia potrebbe iniziare così: non sono la madre che avrei voluto essere. Questo è certo. Iniziare, appunto. Avrei voluto regalare alle mie figlie una famiglia intera, ad esempio.

A volte avrei voluto essere capace di dedizione cieca, ma da quando ho aperto gli occhi e inforcato gli occhiali fucsia tutto è cambiato.

È cambiato il modo in cui guardavo me stessa e il mondo che mi circondava, ma anche il modo in cui guardavo le mie figlie. Credo di averle viste davvero in quel momento. Nell’esatto momento in cui ho iniziato a decostruire il presente e pensare a un nuovo futuro.

Sono stata tante cose prima di essere davvero donna, sono stata diversi ruoli e aspettative. Sono stata molto triste.

Per essere donna ho dovuto rinunciare alla dedizione e a quell’immagine approvata e approvante di me per farmi carico della mia e della loro felicità.

Ho dovuto smetter di mentire a me stessa e di raccontare al mondo vicino e lontano che stavo bene, che ero serena, che mi sarei sacrificata.

È stato uno strappo doloroso, non solo per me ma anche per chi mi stava accanto, semplicemente, non mi riconoscevano più. E avevano ragione. Per questo, a volte, bisogna essere pazienti e donare tempo. Ritengo che sia l’unica concessione possibile all’incredulità.

Le mie figlie sono state le mie costanti, loro non hanno mai smesso di riconoscermi nemmeno quando facevo fatica a farlo io.

Ci sono state sere in cui solo solo dopo essermi coricata accanto a loro per addormentarle capivo di aver fatto la scelta giusta.

Nonostante il mondo mi giudicasse per questo non rispondere più ai canoni richiesti, loro mi vedevano sempre. Io c’ero e in qualche modo sostenevano quella mia ricerca della felicità.

Lo fanno ancora, quando mi sento schiacciata sotto il peso della responsabilità. Lo fanno ogni volta che le guardo affrontare discussioni con gli amici, farsi domande sul loro essere femmine a questo mondo, sulla determinazione verso il loro percorso di autonomia economica ed emotiva.

A conti fatti, dolore compreso, questo conta, noi siamo diventate una famiglia.

Tutte le volte che le guardo mi ricordo che forse ho deluso il mio ex marito, la sua famiglia, la società che mi ha educata a restare al mio posso, che mi ha educata a tenere un basso profilo, ma non ho deluso me stessa e le mie figlie.

Sono diventata donna e loro davvero figlie, non sostitute d’amore, non compensazioni. Io donna, loro figlie.

Credo ne sia valsa la pena.

Penny

Se volete cercarmi questi sono i link del mio romanzo e del mio albo illustrato. In uscita a giugno un libro di letteratura per l’infanzia.

http://old.giunti.it/libri/narrativa/il-matrimonio-di-mia-sorella/

https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-pennati/

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